Sabato 7 ottobre, Giovanni Sollima, in concerto con l’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo di Palermo.
Eseguirà brani da Aquilarco, Canti rocciosi, il Concerto n. 3 di Boccherini e lo Stabat Mater per controtenore, theremin, coro e orchestra, su versi dello scrittore Filippo Arriva.
Violoncellista e compositore animato da un interesse instancabile per la ricerca e la sperimentazione, Giovanni Sollima è il compositore italiano vivente più eseguito nel mondo. Salirà sul podio dell’Orchestra del Teatro Massimo sabato 7 ottobre alle 20:30 per dirigere un concerto che accosta le sue opere a compositori del passato, e raccontare con Stabat Mater il tema sacro del dolore. Accostamenti insoliti che vedono protagonisti con Sollima il controtenore Filippo Mineccia, Lina Gervasi al theremin, strumento elettronico raramente in uso nelle sale da concerto e Filippo Arriva, autore dei versi dello Stabat Mater riscritti in siciliano arcaico. Coro e Orchestra del Teatro Massimo. Maestro del Coro Salvatore Punturo.
Il concerto prende le mosse da Canti rocciosi, composizione del 2001, che già dal titolo allude a Dante e alle sue rime petrose, ma dove si inseriscono anche testi di Dino Buzzati ed Ernest Hemingway, che raccontano la guerra e il faccia a faccia con la morte. Un canto di aspirazione alla pace, accompagnato dalla domanda finale, “perché non smettono di combattere?”.
Si prosegue, con un passaggio nel Settecento con il Concerto n. 3 in Sol maggiore per violoncello e archi del compositore e violoncellista Luigi Boccherini e poi con Ornithomanteia (divinazione con gli uccelli) di Giovanni Sollima, tratto da Aquilarcoil disco nato e fortemente voluto da Philip Glass, che lo ha pubblicato nel 1998 per la sua etichetta. Ornithomanteia vede un fitto dialogo tra la darbuka, lo strumento a percussione diffuso in Africa e Asia, che apre la pagina, e gli archi, capitanati dal violoncello solista; tra Oriente e Occidente.
La seconda parte del concerto è interamente dedicata a Stabat Mater, la composizione, su commissione del Teatro Massimo Bellini di Catania, eseguita per la prima volta nel 2021. L’ispirazione nasce dal testo medievale di Jacopone da Todi, messo in musica da innumerevoli compositori, ma nella libera rivisitazione in siciliano arcaico di Filippo Arriva, poliedrico giornalista, scrittore, sceneggiatore, autore teatrale e televisivo. L’organico parte dall’orchestra d’archi, come nella più famosa versione dello Stabat Mater, quella di Giovan Battista Pergolesi, ma poi aggiunge il Coro, due trombe, l’arpa, il pianoforte, timpani e percussioni, che spaziano dalla darbuka al glockenspiel.
Ma sono i due solisti, il controtenore Filippo Mineccia, reduce del recente successo di “Orfeo ed Euridice” al Teatro Massimoe il theremin di Lina Gervasi, a connotare musicalmente lo “Stabat Mater” di Giovanni Sollima. La voce, non è quella femminile, solitamente associata al testo ma quella del controtenore, una voce “non naturale” che grazie alla tecnica si avvicina alla voce dei castrati del Sei e Settecento, paragonata alla voce degli angeli. Ed è significativa la presenza del theremin, primo strumento elettronico della storia della musica che non preveda il contatto fisico dell’esecutore con lo strumento, definito poeticamente da Harold C. Schonberg «una misteriosa voce vibrante. O forse un violoncello perso in una densa nebbia che piange perché non sa come tornare a casa». Il concerto si chiude con i versi crudi e dolcissimi di Filippo Arriva, “Figghiu me picciriddu”, nei quali la Madonna, che non vuol credere che il figlio sia morto, canta una straziante ninna nanna in 6/8 sul ritmo di siciliana, per accompagnarlo nel sonno. Biglietti: da 30 a 10 euro.