Dan Ettinger e il violinista Linus Roth protagonisti del nuovo appuntamento della Stagione di Concerti
La Stagione di Concerti 2022/23 del Teatro di San Carlo giunge al penultimo appuntamento sabato 4 novembre alle 19 con il direttore musicale Dan Ettinger allaguida dell’Orchestra e del violinista tedesco Linus Roth. In programma il Concerto in sol minore per violino e orchestra, op. 67di Mieczysław Weinberg e la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven.
Dan Ettinger e il violinista Linus Roth (nelle foto)
Dan Ettinger e il violinista Linus Roth protagonisti del nuovo appuntamento della Stagione di Concerti
Sabato 4 novembre ore 19
Programma
Mieczysław Weinberg
Concerto in sol minore per violino e orchestra, op. 67
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 55 “Eroica”
Orchestra del Teatro di San Carlo
Classe 1977, Dan Ettinger, da quando ha vinto l’Echo Klassik Award per il suo album di debutto nel 2006, Linus Roth si è affermato come uno dei violinisti più interessanti della sua generazione e come divulgatore di opere e compositori ingiustamente dimenticati. Il suo impegno nei confronti del compositore polacco MieczysławWeinberg è testimoniato anche dall’incisione del Concerto per violino e orchestra op.67 con la Deutsches Symphonie di Berlino. Nel corso sella sua carriera Roth si è esibito con la Radio Symphony Orchestra della SWR e Berlino, l’orchestra Bruckner di Linz, la Royal Liverpool Philharmonic, la Berner Sinfonieorchester e la Munich Chamber Orchestra.
Mieczysław Weinberg compose il Concerto in sol minore per violino e orchestra op. 67, su richiesta di Leonid Kogan, che lo eseguì per la prima volta il 12 febbraio 1961 a Mosca, con l’Orchestra Filarmonica di Mosca diretta da Gennadij Rozhdestvenskij. L’aspetto più evidente della composizione è l’eccezionale rilievo conferito al violino solista, che suona ininterrottamente dalla prima all’ultima battuta. Si tratta di un autore ingiustamente poco valutato, soprattutto in Italia (questa è la prima esecuzione a Napoli del suo Concerto per violino) per la cui riscoperta il violinista Roth è fortemente impegnato.
Nella seconda parte del concerto, l’Orchestra del Teatro di San Carlo eseguirà la Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven, composizione cruciale, nella storia del genere e nella parabola creativa beethoveniana. L’opera doveva inizialmente essere dedicata a Napoleone Bonaparte, icona di una umanità rinnovata dagli ideali rivoluzionari di libertà e uguaglianza. L’autoincoronazione di Napoleone a imperatore portò invece il compositore a cambiare prospettiva e titolare “Sinfonia eroica”. La prima esecuzione assoluta ebbe luogo al Theater an der Wien il 7 aprile 1805.
Guida all’ascolto del Concerto per violino di Mieczysław Weinberg a cura di Giuseppina Crescenzo
Quando ci si addentra nel panorama della musica classica russa, e in particolare sovietica, emergono i nomi di vari compositori tuttora poco noti, soprattutto per il pubblico italiano. Recentemente, diversi critici, musicologi e artisti hanno iniziato a discutere di una figura che è stata etichettata come “il terzo grande compositore sovietico” (dopo Dmitrij Šostakóvič e Sergej Sergeevič Prokof’ev). Stiamo parlando del compositore Mieczysław Weinberg (il cui nome si pronuncia ‘Mee-yeh-chiss-wav’ e il cognome ‘Vine-berg’). Weinberg, vissuto dal 1919 al 1996, ha prodotto un vasto repertorio musicale. Se uno si dovesse chiedere il motivo per cui non ha mai sentito parlare di Weinberg prima d’ora, esistono diverse ragioni che spiegano perché la sua musica non abbia raggiunto una notorietà duratura nel corso della sua vita, e alcune di queste ragioni verranno esplorate di seguito.
Weinberg nacque in Polonia nel 1919 da genitori ebrei. Con l’avvento della seconda guerra mondiale, la Germania nazista invase la Polonia. Rendendosi conto che la vita di un giovane ebreo sarebbe stata a rischio, il diciannovenne Weinberg fuggì verso est e, dopo settimane di viaggio estenuante, raggiunse l’Unione Sovietica, dove fu accettato come cittadino con il nome ufficiale cambiato in “Moisey”. Studiò composizione al Conservatorio di Minsk ma dovette fuggire dall’avanzata nazista in Unione Sovietica nel 1941. Weinberg si rifugiò allora a Tashkent, dove le sue composizioni cominciarono a suscitare notevole interesse. Per il resto della sua vita, Weinberg visse a Mosca, con la sua musica celebrata da artisti del calibro di David Oistrakh, Mstislav Rostropovich, Kiril Kondrashin, oltre al Borodin Quartet. Tuttavia, non sfuggì ai dolori della vita sotto il regime sovietico. Il clima politico antisemita del dopoguerra portò all’assassinio del suocero di Weinberg per ordine di Stalin nel 1948. Nel culmine di questo fervore politico, Weinberg stesso fu imprigionato per diversi mesi nel 1953, venendo rilasciato solo dopo la morte di Stalin. Quest’esperienza lo segnò profondamente, spingendolo a dedicare il resto della sua vita alla composizione musicale, principalmente in memoria delle vittime della guerra.
Weinberg si rivelò un compositore estremamente prolifico, con sinfonie, opere, quartetti d’archi, musiche per film e per il circo. La sua musica sta vivendo una rinascita in Russia e in Occidente, dopo un periodo di oblio. Le ragioni di ciò sono molteplici. In parte, la sua relativa oscurità è attribuibile al suo forte senso di modestia, che lo portava a fare poco per promuovere la propria musica o assicurarne l’esecuzione. Weinberg fu anche vittima delle correnti contrarie nella scena musicale sovietica. Con l’emergere di una nuova generazione di compositori, la musica di Weinberg veniva eseguita sempre meno. Tuttavia, oggi la sua musica sta finalmente ottenendo il riconoscimento che merita.
Linus Roth, violinista tedesco di fama internazionale e solista di questa serata ha il nobile merito di aver riscoperto le composizioni di Weinberg. Ciò avvenne più o meno per caso. Entusiasta dopo aver scoperto un suo Trio con pianoforte, ha continuato la sua ricerca e ha riscoperto, oltre alle Sonate per violino di Weinberg, appunto il Concerto per violino, completamente assente dalle sale concertistiche occidentali. Roth si è impegnato molto per portare in vita le opere di Weinberg e ha fondato la Weinberg Society – il cui presidente onorario è la vedova di Šostakóvič, Irina – con lo scopo di far conoscere meglio l’ampia opera del compositore polacco-russo nelle sale da concerto e attraverso le incisioni.
Linus Roth considera il Concerto in sol minore per violino e orchestra, op. 67 uno dei migliori concerti per violino del ventesimo secolo e afferma che “c’è qualcosa nella sua musica che in qualche modo ti dà sempre fastidio”.
Il Concerto per violino, che Weinberg compose nel 1959, fu presentato in prima a Mosca il 12 febbraio 1961, interpretato da Leonid Kogan e dall’Orchestra Filarmonica di Mosca, diretti da Gennady Rozhdestvensky; fu poi pubblicato da Sikorski ad Amburgo e dedicato allo stesso Leonid Kogan. La prima tedesca è stata eseguita da Linus Roth e la Badische Staatskapelle, diretta da Mei-Ann Chen al Badisches Staatstheater Karlsruhe il 2 novembre 2014. La prima americana è stata eseguita da Gidon Kremer e dalla Naples Philarmonic diretta da Andrey Boreyko alla Hayes Hall di Naples (Florida) il 9 gennaio 2015. Anche la prima a Napoli, al Teatro di San Carlo, è eseguita oggi 4 novembre 2023, da Linus Roth (al suo debutto nel Massimo napoletano) con l’Orchestra del Teatro di San Carlo diretta da Dan Ettinger. Nel 2014 Linus Roth, insieme all’Orchestra Sinfonica Tedesca di Berlino diretta da Mihkel Kütson, ha anche inciso il Concerto insieme al Concerto per violino di Benjamin Britten. Un recensore di “Gramophone” attribuisce all’interpretazione di Roth “più finezza e gamma di colori” rispetto alla prima incisione, quella di Kogan del 1961, sempre con l’Orchestra Filarmonica di Mosca, ora diretta da Kirill Kondrashin.
Il concerto al Teatro di San Carlo si presenta quindi come un’occasione straordinaria per conoscere un brano e un compositore ancora del tutto sconosciuti nell’Italia meridionale riproposti dal più grande esperto violinista di Weinberg. Ed è proprio a tal proposito che Linus Roth, parlando della partitura sostiene che “è tutto tranne che semplice. Bisogna confrontarsi con essa, sopportare gli interrogativi che pone. Temi potenti e grezzi si alternano a melodie tipiche delle ballate e a passaggi inaspettatamente introspettivi. Quasi sembra che Weinberg abbia messo in musica la sua biografia”. Da ebreo, dopo l’invasione tedesca della Polonia, fuggì da Varsavia a est, prima a Minsk, poi a Tashkent. La sua famiglia cadde vittima del regime nazista. Šostakóvič riconobbe il suo grande talento, lo invitò a trasferirsi con la moglie a Mosca e divenne suo caro amico e mèntore.
Ma Weinberg era polacco in Russia, russo in Polonia e comunque troppo ebreo per essere un compositore sovietico. La musica di Weinberg subisce inevitabilmente influenze della musica ebraica; elementi lamentosi-lirici ma anche momenti effervescenti sono tipici della sua musica. Il suo coraggio di vivere, ma anche il suo conflitto e la sua solitudine possono essere ascoltati nel suo Concerto per violino, strutturato in quattro movimenti: Allegro molto, Allegretto, Adagio, Allegro risoluto. Il movimento di apertura è stato definito “inesorabile”, ed è seguito da altri due movimenti “esplorativi”, che utilizzano le stesse idee con un tono più calmo. Il finale ritorna ad uno “slancio trascinante” ma termina in un pianissimo. La poetica di Weinberg, il suo spirito vitale, ma anche la sua lacerazione e solitudine, sono udibili in questo concerto. Il primo movimento Allegro molto si apre con un’esplosione sonora sostenuta dalle percussioni e un ritmo incalzante degli archi, sul quale il violino solista scolpisce le sue note da solista. Linus Roth afferma che “il tema del concerto è come un drive: qualcuno che ti trascina, che corre a destra e a sinistra senza guardare. Con il procedere i suoni diventano sempre meno ritmici e più lirici, tipico di Weinberg. Un nuovo motivo quindi sopraggiunge a toni discendenti rendendo subito la composizione più lirica quasi come un lamento”. Questo è tipico della musica ebraica: suoni che prendono la forma di lamenti e lacrime (lo stesso procedimento segna il nuovo tema della seconda frase musicale). È naturale ritrovare nella sua musica riferimenti alle origini ebraiche di Weinberg ed è per questo che dobbiamo entrare ora più in profondità in questa parte della sua biografia per seguire le sue scelte musicali. Era fuggito dai nazisti a soli vent’anni, nel 1939, subito dopo essersi diplomato al Conservatorio di Varsavia e la sua famiglia, rimasta in patria, fu sterminata nei campi di concentramento, per cui Weinberg rimase solo al mondo. Il padre Shmuel, un violinista autodidatta, era giunto a Varsavia per lavorare nel Teatro ebraico yiddish, e il giovane Weinberg, durante gli anni difficili della Grande Depressione, lo aiutava a preparare gli spettacoli come arrangiatore e direttore. Rifugiatosi a Minsk, in Bielorussia, Weinberg continuò i suoi studi di composizione al Conservatorio con Vasilij Zolotarev, uno dei numerosi allievi di Rimskij-Korsakov. Durante la fuga, la guardia di frontiera russa che esaminava i documenti di Weinberg tradusse il suo nome polacco Mieczyslaw nella forma ebraica Moisej, un cambiamento di nome che lo tormenterà per tutta la vita. Tuttavia, la fuga verso Est non era ancora finita, poiché l’invasione tedesca del 1941 costrinse Weinberg a rifugiarsi a Tashkent, la capitale della Repubblica Uzbeka. Lì, incontrò la sua prima moglie, Natalia Vovsi, figlia del famoso attore Solomon Mikhoels, direttore del Teatro ebraico statale di Mosca e presidente del Comitato antifascista ebraico, un’organizzazione voluta da Stalin all’indomani dell’invasione nazista per sostenere l’Unione Sovietica, soprattutto a livello internazionale, nella Grande Guerra Patriottica. Nel frattempo, Weinberg entrò in contatto con Šostakóvič, che aveva elogiato molto la sua Prima sinfonia e lo aveva accolto a Mosca. Weinberg, pur non avendo mai ricevuto lezioni dirette da Šostakóvič, dichiarò di sentirsi “sua carne e sangue”; affermò di essere un suo studente: “Anche se non ho mai preso lezioni da lui, mi considero suo allievo, suo sangue e carne”. Tuttavia, hanno sempre avuto un rapporto paritario discutendo intensamente sulle loro composizioni. Le reciproche influenze non possono essere ignorate. Šostakóvič fu molto impressionato dal Concerto per violino di Weinberg, definendolo un “lavoro favoloso”.
Tornando al Concerto, il tema della disperazione espresso dal violino culmina in tutti i registri sonori fino ad esplodere nel Tutti dell’orchestra che porta al culmine dell’espressività la prima frase musicale. La sua musica echeggia come qualcosa che disturba, che non “ti lascia mai tranquilli”, associata a grida di dolore e di lamento, “es ist nicht unglaublich angenehmer”, aggiunge Roth. Molto tipico in Weinberg. Il secondo movimento, Allegretto, contrariamente al primo, non è più un andare avanti energicamente, bensì “un Walzer, che gira intorno sempre allo stesso tema che si ripete; ma non si tratta di un walzer allegro bensì di una danza come in un cimitero. Il suono del violino si veste di una voce morbosa. Il violino ora suona con la sordina come a rafforzare maggiormente l’effetto depressivo di lamento, nonostante si tratti di un ballo, di un walzer. Nella seconda metà del secondo movimento si toglie la sordina, i suoni del solo diventano più acuti ed è, secondo Roth “come un ritorno dal cimitero verso la vita” mentre l’orchestra ritorna a suonare il walzer e il tutto si conclude con i pizzicati di contrabbasso. All’improvviso arrivano alcune note dal corno, come un allarme nascosto ma il violino è lasciato nuovamente solo come in un povero monologo, segue una breve cadenza al riguardo, le note diventano più acute come a cercare una strada per concludere ma a questo punto, senza interruzione, comincia subito il terzo movimento che, secondo Roth, rappresenta il cuore di tutto il Concerto. Il terzo movimento, Adagio, è molto lirico per il violino. La melodia è molto bella, introversa. “E’ un movimento che, anche quando lo interpreto – aggiunge ancora Roth -, sembra fermare il tempo: solo Weinberg può farlo. E questa è la differenza, a mio giudizio, tra un grande compositore e un compositore soltanto molto bravo”. Il terzo movimento è una specie di ballata. Racconta molte cose ma si ha la sensazione che il solista stia parlando della sua vita. L’orchestra suona una nota lunga su un pp; il violino suona una nota acuta, una melodia semplice. Si ripete per tre volte in tre tonalità diverse ma sembra un lamento giunto da molto lontano, dalla solitudine di una persona che, probabilmente, è lo stesso sentimento provato da Weinberg. “E il terzo movimento si chiude con una nota acutissima e pp del violino solo che è quasi un punto interrogativo o una domanda per Weinberg: come si va avanti, come finisce? Questa nota sola tenuta è in qualche modo anche espressione di una certa solitudine nella mia vita”. Allegro risoluto. Il quarto movimento rilascia nuovamente una energia impressionante, ritorna l’andamento della danza e non è solo risoluto ma “anche rustico” (secondo la definizione che troviamo già nei concerti di Vivaldi “alla rustica”). Sembra ambientato in un paese e quindi il “solista deve suonare un po’ grezzo, non perfetto nella tecnica ma semplice”; non deve avere un suono limpido e chiaro; non deve suonare come una qualsiasi musica classica da concerto.
Weinberg conosceva i più importanti violinisti del tempo, erano amici e lui componeva per loro. Conosceva bene le capacità organologiche del violino e sapeva cosa si può creare per lo strumento: “non è tecnicamente facile da suonare ma fattibile”. Il movimento si evolve con una grande sorpresa: una nuova melodia entra contrastando il tema originario e l’intero movimento:
ci vuole un direttore molto bravo perché il solista suona una melodia su un ritmo sincopato degli archi”. Il brano, secondo Roth, è “stupendo ma non è un brano virtuosistico dove alla fine il pubblico si alza entusiasta per applaudire”. Weinberg ha composto sempre in un modo introverso e in modo da lasciare un punto interrogativo in ogni composizione. “Questo è il motivo per cui tanti solisti non l’hanno eseguito volentieri”. E il finale non è per nulla scontato: ritorna il primo tema del primo movimento prima in maggiore e poi nella tonalità minore e poi sempre più dissonante nel violino solista “tanto da innervosire. La cosa più difficile di Weinberg è che dopo un passaggio energetico del tema del primo movimento e poi la ripresa nel IV movimento emette un suono pianissimo, leggero, dolce in un acutissimo. Per un violinista è difficile trovare il compromesso tra la calma per mettere il suono bene e la forza mentale per esprimere il pensiero. Questa è là difficoltà di suonare Weinberg!”. E all’improvviso, dopo un suono così difficile, giunge la fine: quel momento di sospensione tra l’ultima nota e il primo applauso del pubblico è il momento magico, la cifra della musica di Weinberg.