Se la danza parla delle tragedie dell’oggi
Madina di Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti torna in scena da mercoledì 28 per sei serate
quasi esaurite con Roberto Bolle e Antonella Albano in palcoscenico e Michele Gamba sul podio.
Una lucida denuncia dei meccanismi della violenza durante l’occupazione russa della Cecenia.
Compositore e direttore ne parleranno sabato 2 marzo in un incontro presso la Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio
Torna alla Scala da mercoledì 28 febbraio Madina, il titolo di Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti che dopo la sospensione della prima nel 2020 era stato presentato, nel teatro ancora a ranghi ridotti a causa della pandemia, nell’ottobre 2021 e trova finalmente la sala completa. Sarà l’occasione per tutto il pubblico delle sei serate (quasi esaurite) per confrontarsi con questa pagina di teatro, musica e danza creata a partire dal romanzo La ragazza che non voleva morire di Emmanuelle de Villepin, autrice del libretto, che costituisce un esperimento straordinario se non unico: usare il linguaggio coreografico per affrontare con appassionata lucidità i nodi più dolorosi e controversi dello scenario internazionale, dall’occupazione al terrorismo e ai diritti delle donne. A pochi anni di distanza dalla sua concezione Madina risulta ancora più attuale in un panorama in cui la brutalità della guerra e dell’estremismo invade il nostro quotidiano, tanto da spingere gli autori a ripristinare i riferimenti diretti alla cronaca espunti dalla prima versione: la vicenda inizia nella Grozny occupata dai russi e si conclude a Parigi.
Il compositore Fabio Vacchi e il direttore d’orchestra Michele Gamba parleranno della capacità di musica e danza di testimoniare il presente affrontandone la complessità in un incontro con Milena Santerini della Comunità di Sant’Egidio, docente dell’Università Cattolica di Milano e vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano.
L’incontro, moderato dalla giornalista Chiara Pelizzoni, si svolgerà sabato 2 marzo presso la Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio, in via degli Olivetani, 3 (ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili).
Dramma dell’occupazione, diritto all’autodeterminazione della donna, estremismo religioso ma anche sopravvivenza degli affetti e della volontà di vivere si intrecciano in questa storia che ricalca fatti realmente avvenuti: nel corso della guerra in Cecenia la giovane orfana Madina viene stuprata dai soldati russi; la sua amica, Zarema, dopo aver subito la stessa sorte viene assassinata. La violenza, vissuta dalla famiglia e dalla stessa vittima come un disonore, è l’inizio del tragico processo con cui lo zio Kamzan, attraverso una brutale segregazione e l’uso di stupefacenti, annulla la volontà di Madina fino a spingerla ad accettare di immolarsi come kamikaze in un attentato suicida a Parigi. In questo scenario di fanatismo e degrado il padre di Kamzan, l’ottantenne Sultan, è l’unica voce di umanità che chiede inutilmente al figlio di risparmiare la vita della giovane e al suo rifiuto lo maledice. Pronta a farsi esplodere in un caffè di Parigi, Madina all’ultimo istante getta la cintura esplosiva rifiutando di uccidere e morire ma finisce ugualmente sotto processo per la morte dell’artificiere incaricato di disinnescare l’ordigno. Il giornalista Louis de Monfalcon, dapprima scettico sulla possibilità di trattare la vicenda, cambia atteggiamento dopo aver conosciuto Olga, la zia russa di Madina. Insieme si impegnano per salvarla ma la ragazza sarà comunque condannata a vent’anni di carcere.