Markus Stenz ancora protagonista in Fenice dirige Ives, Bellini e estratti dal Parsifal di Wagner

Ancora Markus Stenz protagonista al Teatro La Fenice, nell’ambito della Stagione Sinfonica 2023-204. Dopo il doppio concerto dello scorso fine settimana e il grande successo della tourneè ad Amburgo, il maestro tedesco sarà di nuovo alla testa di Orchestra e Coro del Teatro La Fenice sabato 6 luglio 2024 ore 20.00 (turno S) e domenica 7 luglio 2024 ore 17.00 (turno U) per dirigere un programma articolato in tre parti, che si aprirà con The Unanswered Question di Charles Ives, proseguirà con la Sinfonia dalla Norma di Vincenzo Bellini e si concluderà con alcuni estratti dal Parsifal di Richard Wagner.

Interpreti solisti dei brani wagneriani saranno il basso-baritono Alex Esposito nel ruolo di Amfortas, il basso Adolfo Corrado in quello di Titurel, il basso Tareq Nazmi in quello di Gurnemanz; il tenore Leonardo Cortellazzi sarà Parsifal; una voce dall’alto il mezzosoprano Valeria Girardello.

Maestro del Coro Alfonso Caiani.

Il tentativo di trasformare in suoni, in codice acustico, in espressione musicale delle raffinate quistiones filosofiche trova rilievo in diverse opere ma, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, The Unanswered Question (1906) di Charles Ives (1874-1954) è probabilmente la più nota tra quelle più fortemente emblematiche.  Raramente un autore ha raggiunto livelli così pregnanti di interrelazione tra mondo interiore speculativo e creazione artistica. Centrata sulla domanda metafisica per eccellenza e, dunque, sull’impossibilità di una risposta esaustiva, la composizione è retta da una precisa simbologia che possiamo identificare nei ‘comportamenti’ musicali dei gruppi di strumenti. L’opera ha in sé, oltre a ciò, una grande forza innovativa proprio perché la concezione ivesiana di trasporre in musica concetti astratti, domande metafisiche, psichiche evocazioni porta il compositore ad avere, nei confronti del linguaggio musicale, un atteggiamento di grande libertà, svincolandolo in modo sostanziale dagli aspetti più normativi del codice grammaticale.

            Dopo un lungo periodo di ‘fraintendimento’, Norma di Vincenzo Bellini (1801-1835), rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel 1831, tornò a nuova vita proprio grazie all’irrompere sulle scene, alla metà del Novecento, di Maria Callas che interpretò questo ruolo anche al Teatro La Fenice nel 1950. L’opera ha una sinfonia eroica che guarda alla tragica severità del classicismo di Gluck. Si tratta di un unico movimento (Allegro maestoso e deciso) legato al clima del dramma che introduce e anticipa inoltre alcuni motivi musicali che ritroveremo nell’opera.

            Ispirato liberamente a Parzival, un poema epico del XIII secolo di Wolfram von Eschenbach, il Parsifal di Richard Wagner (1813-1883) fu rappresentato per la prima volta al Festspielhaus di Bayreuth il 26 luglio 1882, pochi mesi prima della morte dell’autore. L’estremo sforzo creativo del sommo maestro segna la trasformazione del Wort-Ton-Drama (Dramma di parola e musica) in Bühnenweihfestspiel (Azione scenica sacrale). Un avvicinamento alla religione – non tanto all’ortodossia cristiana, quanto a un sincretismo, in cui il cristianesimo convive con il buddismo e l’induismo – che provocò la ben nota avversione da parte di Nietzsche. Di questo capolavoro, il programma propone alcune pagine particolarmente significative. A partire dall’interludio sinfonico Verwandlungsmusik, (Musica della trasformazione), caratterizzata dall’avvicendarsi di numerosi leitmotiv – tra cui il ricorrente Motivo delle Campane e lo straziante Motivo della Sofferenza –, in un graduale crescendo a misura che Parsifal e Gunemanz si avvicinano al castello. Seguirà «Nun achte wohl und laß mich seh’n», la suggestiva enunciazione del Motivo del Gral, seguito dai timpani con la loro incisiva versione ancora del Motivo delle Campane. Il solenne corteo dei Cavalieri del Gral precede il rito dello svelamento del Gral. Amfortas viene portato su una lettiga, mentre la voce di suo padre Titurel, proveniente dalla tomba in cui vive rinchiuso, lo invita a compiere il sacro rito:

Il concerto di sabato 6 luglio 2024 sarà preceduto da un incontro a ingresso libero con il musicologo Mauro Masiero, che dalle 19.20 alle ore 19.40 illustrerà il programma musicale nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice.

I biglietti per il concerto (da € 15,00 a € 90,00) sono acquistabili nella biglietteria del Teatro La Fenice e nei punti vendita Eventi Venezia Unica, tramite biglietteria telefonica (+39 041 2722699) e biglietteria online su www.teatrolafenice.it.

Main partner della Stagione è Intesa Sanpaolo.

Markus Stenz

Ha ricoperto incarichi di grande rilievo, tra cui quelli di direttore principale della Netherlands Radio Philharmonic Orchestra, direttore ospite principale della Baltimore Symphony Orchestrae più recentemente direttore in residence della Seoul Philharmonic Orchestra. È stato direttore musicale generale della città di Colonia e Gürzenich-Kapellmeister per undici anni, dirigendo Don Giovanni, il Ring, Lohengrin, Tannhäuser e Die Meistersinger von Nürnberg, così come Jenůfa e Káťa Kabanová di Janáček e Love and Other Demons di Eötvös. Ha debuttato nell’opera nel 1988 al Teatro La Fenicee, dopo il successo di varie settimane di concerti con quell’Orchestra, lascorsa stagione ha diretto a Venezia Der fliegende Holländer di Wagner etornerà nelle prossime due stagioni per Ariadne auf Naxos e Lohengrin. Nel2018 ha diretto Die Gezeichneten di Schreker alla Bayerische Staatsoper diMonaco e quell’anno ha visto anche la luce l’attesa prima mondiale di Fin de partie di Kurtág alla Scala, dove, nella stessa stagione, ha diretto Elektra di Strauss. Quell’evento è stato seguito da performance dell’opera di Kurtágalla Dutch National Opera e la sua première francese all’Opéra Nationalde Paris. Nella stagione 2023-2024 ritorna alla Dutch National Opera adirigere Rise and Fall of the City of Maagonny, viaggia a Hangzhou, inCina, per Die Walküre e dirige una speciale performance di Fin de partie nella città natale di Kurtág, Budapest, prima di andare in tour ad Amburgoe Colonia. In Germania dirige inoltre concerti con mdr-SinfonieorchesterLeipzig, Stuttgarter Philharmoniker e Staatskapelle Halle. Questa stagionevede anche il ritorno all’Orchestre National de Lyon e, sulla scia di ungrande successo nel 2022 con la City of Birmingham Symphony Orchestra (CBSO), con la Sinfonia n. 2 di Mahler, vi ritorna per la Sinfonia n. 7 di Bruckner. In Italia dirige sia l’Orchestra della Toscana che l’Orchestra Haydn di Bolzano, e in seguito ritorna alla New Jersey Symphony e fa il suo debutto con la Naples Philharmonic.

Carnevale in Fenice con La bohème di Giacomo Puccini

Nel pieno del periodo di carnevale, la Fenice riporta in scena uno dei suoi spettacoli più amati dal pubblico, La bohème di Giacomo Puccini. Il capolavoro pucciniano tornerà in scena nel Teatro di Campo San Fantin per celebrare i cento anni dalla morte del compositore toscano, nel fortunato allestimento firmato da Francesco Micheli per la regia, Edoardo Sanchi per le scene, Silvia Aymonino per i costumi e Fabio Barettin per il disegno luci.

Stefano Ranzani dirigerà l’Orchestra e al Coro del Teatro La Fenice – quest’ultimo preparato da Alfonso Caiani – e guiderà anche le voci bianche dei Piccoli Cantori Veneziani, istruite dal maestro Diana D’Alessio. Alla prima di venerdì 2 febbraio 2024 ore 19.00 – che sarà tra l’altro trasmessa in diretta su Rai Radio3 – seguiranno quattro recite: il 4, 6, 8 e 10 febbraio 2024.

Dopo l’affermazione ottenuta con Manon Lescaut (1893), il trentacinquenne Giacomo Puccini prese in considerazione come soggetto per la sua opera successiva le Scènes de la vie de bohème di Henri Murger, un romanzo d’appendice pubblicato a puntate più di quarant’anni prima nella rivista parigina «Le corsaire Satan», trasformato poi dallo stesso Murger e da Théodore Barrière in una pièce in cinque atti, rappresentata con successo nel 1849. La stesura del nuovo libretto per Puccini fu affidata dall’editore Giulio Ricordi ai letterati Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, un binomio artistico destinato ad affiancare il compositore lucchese per più di un decennio, fino a Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904).

Rappresentata al Teatro Regio di Torino sotto la direzione del ventinovenne Arturo Toscanini l’1 febbraio 1896, La bohème fu accolta con perplessità dalla critica, ma incontrò nelle riprese un sempre crescente successo di pubblico, tanto da divenire una delle opere più popolari di tutti i tempi. Il libretto, un affresco in cui si alternano momenti di vivacità, di intimità, di rimpianto per il tempo trascorso, di tristezza dolorosa, prevede sei personaggi principali: un quartetto di giovani amici (il poeta Rodolfo, il pittore Marcello, il musicista Schaunard, il filosofo Colline) e due fanciulle (Mimì e Musetta), tutti ricchi di simpatia e di entusiasmo quanto poveri di quattrini. Il dramma si conclude con la morte per tisi di Mimì tra le braccia dell’amato Rodolfo dopo una separazione ricomposta in extremis; ma più che di una trama vera e propria si può parlare di un susseguirsi di situazioni liriche accomunate da un tema unitario, la celebrazione della giovinezza.

Di assoluto richiamo il cast di questa ripresa della Bohème, che comprende Celso Albelo (Rodolfo), Alessio Arduini (Marcello), Armando Gabba (Schaunard), Adolfo Corrado (Colline), Matteo Ferrara (Benoît, Alcindoro), Claudia Pavone (Mimì) e Mariam Battistelli (Musetta). Inoltre gli artisti del Coro Dionigi D’Ostuni e Massimo Squizzato si alterneranno nel ruolo di Parpignol, Alessandro Vannucci e Salvatore Benedetto in quello del venditore ambulante, Salvatore Giacalone e Giampaolo Baldin in quello del sergente dei doganieri, infine Emanuele Pedrini ed Enzo Borghetti in quello del doganiere.

L’opera sarà proposta con i sopratitoli in italiano e in inglese.

Cinque le recite in programma, con i seguenti turni di abbonamento: venerdì 2 febbraio 2024 ore 19.00 (turno A); domenica 4 febbraio ore 15.30 (turno B); martedì 6 febbraio ore 19.00 (turno D); giovedì 8 febbraio ore 19.0 (turno E); sabato 10 febbraio ore 15.30 (turno C).

Con il Concerto di Natale al via la Stagione di Concerti 2023/2024 del Teatro San Carlo

Dan Ettinger sul podio alla guida di Orchestra e Coro e dai solisti : Nadine Sierra, Ana Maria Labin, Attilio Glaser, Adolfo Corrado

È il Concerto di Natale l’appuntamento di apertura della Stagione Sinfonica 2023/2024 del Teatro di San Carlo.

L’inaugurazione è in calendario domani mercoledì 20 dicembre 2023 a partire dalle ore 19 con Dan Ettinger sul podio alla guida di Orchestra e Coro e degli interpretivocali Nadine Sierra (Soprano), Ana Maria Labin (Soprano), Attilio Glaser (Tenore), Adolfo Corrado (Basso).

In locandina la Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore, D 485 di Franz Schubert e la Grande Messa in do minore, K 427 di Wolfgang Amadeus Mozart.


Terminata nel 1816, quando il compositore aveva solo 19 anni, la Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore, D 485 di Franz Schubert fa riferimento esplicito a modelli mozartiani. La presenza del genio immortale di Mozart sembra infatti dominare questa Sinfonia che si presenta come un vero e proprio omaggio al compositore di Salisburgo.

La Grande Messa in do minore, K 427 di Wolfgang Amadeus Mozart composta fra Salisburgo e Vienna nel 1783 per invocare la guarigione della moglie Konstanze a pochi mesi dal matrimonio è l’ultima pagina sacra mozartiana prima del Requiem. A interpretarla, accanto all’Orchestra e al Coro del Teatro di San Carlo un quartetto di voci di prestigio quali i soprani Nadine Sierra e Ana Maria Labin, il tenore Attilio Glaser e il basso Adolfo Corrado.

A cura di Marco Bizzarini

Schubert e Mozart: evocazioni musicali di «una vita più luminosa»

Dura la vita dell’insegnante, troppo spesso alle prese con ragazzini indisciplinati e con genitori arroganti. Potrebbe quasi sembrare una tranche de vie dei nostri giorni, ma a lamentarsi dei tanti soprusi subìti durante l’attività di maestro di scuola era, nella civilissima Vienna di due secoli or sono, Ignaz Schubert, fratello maggiore del più celebre Franz. Il quale, anch’egli destinato dal padre ad affrontare la «rudezza di una gioventù selvaggia» (per sua fortuna non ancora armata di cellulari e computer), si sottrasse all’ingrato compito gettandosi a capofitto nella musica. Così, nel 1816, a diciannove anni compiuti, il prodigioso compositore viennese metterà su carta pentagrammata quasi duecento lavori, tra Lieder, danze, sonate, sinfonie: una creatività sbalorditiva. Mirabile testimonianza di questa facilità di scrittura è la Sinfonia n. 5 in Si bemolle maggiore, ancor oggi una delle composizioni schubertiane più celebri. Ma che cosa poteva spingere un diciannovenne d’inizio Ottocento a scrivere una partitura orchestrale? Oltre al gusto della sfida con se stessi entrava in gioco la prospettiva concreta di veder eseguito il proprio lavoro. A Vienna non c’erano solo i grandi concerti pubblici – o ‘accademie’, come allora si diceva – in cui si tenevano a battesimo, fra l’altro, le Sinfonie di Beethoven.

La vita musicale cittadina si arricchiva anche di numerose iniziative ‘semi-private’, come gli incontri promossi dal violinista Otto Hatwig, nel cui salotto vennero eseguite, secondo il musicologo Otto Biba, tutte le prime sei Sinfonie di Schubert. Conosciamo l’organico della compagine diretta da Hatwig: sette violini primi, sei secondi, tre viole (una delle quali suonata dallo stesso Schubert), tre violoncelli, due contrabbassi e una coppia per ciascuno strumento a fiato (corni e legni). Era un organico da camera, privo di trombe e timpani, numericamente ridotto rispetto ai circa sessanta esecutori che potevano essere impegnati nei concerti pubblici coevi. Gratificato dall’idea di un’esecuzione, con la Quinta Sinfonia Schubert diede il meglio di sé nella composizione di quattro movimenti certamente riconducibili alla gran tradizione di Mozart e Haydn, ma anche ricchi di stilemi personali. «O Mozart, Mozart immortale, quante, oh quante infinite confortanti percezioni di una vita più luminosa e migliore tu hai portato alle nostre anime!». Così annotava il giovane Schubert nel proprio diario. Un concetto, quest’ultimo, elegantemente trasfigurato in musica nei motivi principali della Quinta Sinfonia, a cominciare dall’indimenticabile tema d’apertura del primo movimento, così sereno, così fluido, così magistrale nel suo dialogo serrato in eco tra violini e violoncelli. Con diabolica perspicacia il musicologo Donald Tovey scoprì che l’idea principale dell’Andante con moto richiama da vicino l’ultimo movimento della mozartiana Sonata per violino e pianoforte K 377, mentre chiunque potrebbe notare la somiglianza dell’incipit del Menuetto in Sol minore con quello della Sinfonia K 550 nella medesima tonalità (anch’essa priva di clarinetti, trombe e timpani). Questi sono indubitabili omaggi al grande predecessore salisburghese, ma l’abilità nelle modulazioni, la fantasia melodica, gli imponenti culmini sonori, i passaggi repentini a tonalità minori che già anticipano le ombre della Sinfonia n. 8, sono tutti elementi stilistici propri di Schubert.

L’incompiuta Messa in Do minore K 427 di Mozart racchiude in sé una moltitudine di segreti che, probabilmente, non saranno mai svelati. Di sicuro non si trattò di un lavoro su commissione, e già questo fatto è inconsueto per la musica sacra dell’epoca. Congedatosi dal servizio presso l’arcivescovo salisburghese Geronimo Colloredo, nel 1781 il giovane compositore tentava l’azzardo della libera professione nel «miglior posto possibile» per un musicista: Vienna. Quell’inebriante sensazione di libertà, unita all’inizio della vita matrimoniale con Constanze Weber, sposata nell’agosto 1782, fu all’origine dell’idea di una Messa completamente diversa rispetto alle precedenti composizioni religiose del periodo di Salisburgo. Mozart stesso, nella lettera al padre Leopold del 4 gennaio 1783, rivela alcuni dettagli sull’ambizioso progetto: «la partitura di metà di una Messa (…) può servire come prova della realtà della mia promessa». Quale promessa? Forse un voto del musicista: scrivere una Messa dopo la guarigione di Constanze e poi recarsi in visita dal genitore a Salisburgo in compagnia della sposa. All’epoca della missiva, la composizione era giunta a metà, comprendendo ipoteticamente solo Kyrie e Gloria. Ma Mozart non portò mai a termine il lavoro: tra le parti a noi pervenute figurano solo le prime due sezioni del Credo e il Sanctus; nessuna traccia dell’Agnus Dei. Nell’attuale stato lacunoso, l’esecuzione dell’opera può durare circa un’ora; è chiaro che nella sua interezza la composizione avrebbe assunto proporzioni monumentali, paragonabili alla Messa in si minore di Bach o alla Missa solemnis di Beethoven. Una monumentalità, del resto, confermata dall’inedita ampiezza dell’organico orchestrale (comprendente flauto, coppie di oboi, fagotti, corni, trombe, tre tromboni, timpani, archi, organo) e dalle forze vocali (cinque solisti di canto con due soprani, impiego del doppio coro a otto voci nel Qui tollis).

Il tutto all’insegna di un sorprendente compasso stilistico, in grado di passare con disinvoltura da pagine di stile neo-bachiano e neo-händeliano alle delizie dello stile concertante moderno (Et incarnatus, con fiati obbligati), dalla severità del Kyrie alla luce abbagliante del celestiale Christe. Il diario di Nannerl, sorella del compositore, ci informa che la Messa incompleta venne eseguita, almeno parzialmente, il 26 ottobre 1783, durante una funzione liturgica nella chiesa abbaziale di San Pietro a Salisburgo, alla presenza di tutti i musicisti di corte. Una consolidata tradizione ottocentesca, a partire almeno dalla biografia di Georg Nikolaus Nissen, sostiene che Constanze avesse cantato le parti solistiche del primo soprano. Questa affermazione, ancor oggi, viene spesso riportata in modo acritico. Che Mozart, durante la composizione della Messa, pensasse alla moglie, pare confermato sia dalla stretta parentela melodica del Christe con il Solfeggio K  393 a lei destinato, sia dall’Et incarnatus, il cui ritmo di siciliana evoca la tenerezza di un presepe. D’altra parte, che in una chiesa cattolica del Settecento sia stato permesso a una donna di cantare durante una funzione liturgica assieme ai musici della cappella appare quanto meno dubbio. Un secolo più tardi Giuseppe Verdi, in previsione dell’esecuzione in chiesa del Requiem collettivo in memoria di Rossini, pensava di chiedere un’autorizzazione speciale al Papa per poter far cantare, eccezionalmente, le donne. La partecipazione di Constanze all’esecuzione salisburghese assume dunque contorni da leggenda (più verosimile, magari, che abbia partecipato alle prove della Messa nella storica Kapellhaus), ma questo è soltanto uno dei tanti misteri irrisolti legati alla sublime Messa in Do minore.

Teatro di San Carlo |
mercoledì 20 dicembre 2023, ore 19:00

DAN ETTINGER
CONCERTO DI NATALE

Direttore | Dan Ettinger
Soprano I | Nadine Sierra

Soprano II | Ana Maria Labin

Tenore | Attilio Glaser

Basso | Adolfo Corrado 

♭ debutto al Teatro di San Carlo

Programma

Franz Schubert, Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore, D 485

Wolfgang A. Mozart, Grande Messa in do minore per soli, coro e orchestra, K 427

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo