DOMENICA 10 MARZO 2024 – ORE 11, RIDOTTO DEI PALCHI DEL TEATRO ALLA SCALA

MUSICA DA CAMERA 2023/24

CON PROFESSORI DELL’ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA

ALEXIA TIBERGHIEN, EVGENIA STANEVA, violini

FRANCESCO LATTUADA, CARLO MARIA BARATO, viole

SIMONE GROPPO, violoncello

WOLFGANG AMADEUS MOZART

QUINTETTO IN DO MAGG. K. 515 PER ARCHI

JOHANNES BRAHMS

QUINTETTO N. 2 IN SOL MAGG. OP. 111 PER ARCHI

Prezzo: euro 20

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Amabili e profonde conversazioni in musica

Goethe paragonava il Quartetto d’archi a una conversazione tra quattro persone ragionevoli. Con una “persona” in più il dialogo si fa ancora più fitto, profondo e musicalmente complesso. Considerato che giàil Quartetto d’archi è un genere sofisticato, non è forse un caso che sia Mozart sia Brahms si dedicarono al Quintetto d’archi negli anni della maturità artistica (se si esclude per Mozart il giovanile K. 174, vicino però al genere del Divertimento). Come quinto strumento i Quintetti di Mozart, così come quelli di Brahms cent’anni dopo, prevedono una seconda viola.

Nel catalogo delle sue opere il Salisburghese datò il Quintetto in do maggiore al 19 aprile 1787. Pochi giorni dopo completò un secondo Quintetto, il K. 516 in sol minore, oltre alla trascrizione della Serenata per strumenti a fiato K. 388 in do minore, che divenne il Quintetto K. 516b. Mozart pubblicò un annuncio di vendita per sottoscrizione dei tre Quintetti sulla Wiener Zeitung il 2, 5, 9 aprile 1788. Ma con scarso riscontro, tanto che il 25 giugno sullo stesso giornale si lesse: «Poiché il numero dei signori sottoscrittori è ancora molto piccolo, mi vedo costretto a rinviare la pubblicazione dei miei 3 quintetti fino al 1° gennaio 1789». Alla fine il Quintetto in do magg. fu pubblicato da Artaria, e Mozart ci guadagnò meno di quanto aveva previsto inizialmente. A cosa fu dovuto lo scarso successo?

Di sicuro non si tratta di musica facile, né per gli esecutori né per gli ascoltatori: negli ultimi anni di vita Mozart, a onta delle crescenti difficoltà economiche, sembrava avere una scarsa predisposizione ad adeguarsi alle esigenze commerciali; al contrario, spesso gli venne rinfacciato di scrivere musica troppo difficile. Il K. 515 è il suo brano cameristico più lungo e ha un’impronta di novità sin dal tema iniziale, di cinque battute (non le solite quattro): un arpeggio ascendente di tre battute del violoncello, cui seguono due battute del violino primo, con un’inflessione discendente.

Dopo aver ripetuto per tre volte questa formula, ancor più inaspettato è l’attacco ex abrupto del tema in do minore, con i ruoli rovesciati tra violoncello e violino primo. Mozart sembra voler sperimentare tutte le possibili combinazioni tra i cinque strumenti: in tutto il Quintetto la scrittura è molto densa e contrappuntistica, con frequenti cromatismi e modulazioni inaspettate ai toni lontani. Analoga complessità, anche nelle strutture ritmiche, caratterizza i tempi centrali. Nel manoscritto mozartiano l’Andante precede il Minuetto, nell’edizione a stampa è il contrario. Il Finale è in Rondò-sonata, ma non troppo giocoso quanto altri brani con la medesima forma.

Il Quintetto in sol maggiore di Brahms nacque nel 1890 su richiesta del grande violinista Joseph Joachim, desideroso di avere un secondo brano col medesimo organico da affiancare al Quintetto n. 1 op. 88 (1882). Brahms gliene inviò una copia manoscritta, con una postilla scherzosa che attesta la sua ammirazione per i Quintetti di Mozart: «mi auguro che il lavoro ti piaccia almeno un po’, ma non peritarti di dirmi il contrario. In tal caso, mi consolerò con il primo e, per entrambi, con quelli di Mozart!». Joachimrispose manifestando l’entusiasmo suo, degli altri esecutori e degli ascoltatori; sottolineò inoltre l’alto numero di prove che era stato necessario per domare le grandi difficoltà ritmiche del pezzo.

La prima esecuzione in realtà era avvenuta a Vienna l’11 novembre a opera di un’altra compagine straordinaria, quella di Arnold Rosé, primo violino della Filarmonica di Vienna. L’op. 111 colpì da subito per la disparità degli elementi musicali presenti: secondo Max Kalbeck la composizione «è caratteristica dell’autore, ma ancor più caratteristica della sua città di residenza, in cui il senso tedesco dell’umorismo e la malinconia slava, la vivacità italiana e l’alterigia ungherese hanno trovato un equilibrio». L’inizio non è meno memorabile del Quintetto mozartiano: nel metro ampio di 9/8 il primo tema del violoncello, in forte, s’innalza dal grave al registro di tenore, e sembra voler conquistare il mondo, ovvero cercare di emergere sulla figura di accompagnamento degli altri quattro strumenti, pure in forte; ne deriva una massa di suono di una pienezza veramente sinfonica.

Del tutto contrastante il secondo tema, un valzer amabile e leggiadro, cantato dalle due viole. L’Adagio è un’elegia in forma di tema e variazioni, con riferimenti a sonorità slave e magiare, nel ritmo, nell’impiego della seconda eccedente, nelle evocazioni del cymbalom. Il terzo tempo è un “intermezzo”, come lo definì Joachim, una danza malinconica, ancora con tratti ungheresi e slavi. Dopo il tono serioso e inquieto dei tempi centrali, Brahms conclude col suo ultimo “rondò alla zingarese”, che allude alla csárdás e chiude, senza rinunciare a una notevole elaborazione contrappuntistica, con una vorticosa friska. Come nei Quintetti di Mozart, profondità e amabilità sono unite in una sintesi mirabile.

Saverio Lamacchia

Alexia Tiberghien

Diplomatasi a Parigi nel 1997 sotto la guida di Guy Comentale, si perfeziona in seguito con Jacques  Ghestem, Aurelio Perez e Valery Gradow. La passione per la musica da camera la porta a perfezionare la formazione del trio con pianoforte con Hortense Cartier-Bresson, del quartetto con il Quartetto Ysaye e del quintetto con pianoforte con J. Saint-Yves.

Si è esibita più volte come solista con l’Orchestra Impromptu, suonando i concerti di Sibelius e Saint-Saëns. Vincitrice del concorso internazionale, dal 2004 suona con l’Orchestra del Teatro alla Scala nella fila dei secondi violini.

Laureata in Storia dell’Arte alla Sorbona di Parigi, suona un violino Claude Pierray del 1711.

Saverio Lamacchia

Inizia giovanissima gli studi di violino alla Scuola musicale “Dobrin Petkov” di Plovdiv (Bulgaria), nella classe di Darina Dancova, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode sotto la guida di M. Frischenschlager alla Hochschule für Musik und darstellende Kunst di Vienna. Venuta in Italia si diploma con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore al Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena. Nel 2007 ottiene il diploma di laurea al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Si è quindi ulteriormente perfezionata alla Scuola Musicale Superiore “Tibor Varga” a Sion (Svizzera) con Tibor Varga e Francesco De Angelis. Nel 1998 suona come Violino di spalla nell’Orchestra dell’Accademia della Scala sotto la guida di Riccardo Muti. Dal 2003 inizia a collaborare regolarmente con l’Orchestra del Teatro alla Scala dove entra stabilmente, vincendo il relativo concorso, nel 2007. Fa inoltre parte della Filarmonica della Scala e dell’ensemble I Virtuosi del Teatro alla Scala. Come solista ha suonato con la Filarmonica di Plovdiv, Filarmonica di Pazardgik, Orchestra da camera giovanile “Plovdiv”, Sinfonieta Sofia, Camerata Orphica. Svolge inoltre attività concertistica in varie formazioni cameristiche.

Carlo Barato

Inizia gli studi musicali a otto anni sotto la guida del maestro Francesco Lorito, continuando gli studi presso il Conservatorio di Padova con il maestro F. Scalabrin e successivamente presso l’Accademia Walter Stauffer di Cremona con il maestro Bruno Giuranna. Ha frequentato i corsi biennali al Conservatorio di Genova tenuti dal maestro Giuseppe Gaccetta, diplomandosi in violino al Conservatorio di Milano col maestro Christian Anzinger e successivamente, sempre al Conservatorio di Milano, in viola sotto la guida del maestro Emanuele Beschi, ottenendo il massimo dei voti e la lode. Vince il primo premio alla Rassegna Nazionale per Violisti “Città di Vittorio Veneto” negli anni 1987 e 1992, e collabora con l’Orchestra da Camera Italiana con il maestro Salvatore Accardo, direttore e solista. Nel 1992 vince il posto di Prima viola presso il Teatro Comunale di Treviso, nel 1995 vince il concorso per il posto di Viola di fila presso il Teatro Carlo Felice di Genova e nel 1996, per lo stesso ruolo, presso il Teatro Filarmonico e all’Arena di Verona. Suona nella Filarmonica della Scala e nell’Orchestra del Teatro alla Scala dal 1993 al 1997 e nell’Orchestra dell’Arena di Verona dal 1997 al 1999. Nel 1999 vince un posto di Viola di fila presso il Teatro alla Scala e nello stesso anno vince il concorso di Prima Viola presso il Teatro Regio di Torino. Dal febbraio del 2000 è componente stabile dell’Orchestra e della Filarmonica della Scala. Ha all’attivo incisioni di duetti e quartetti di Alessandro Rolla, che hanno riscosso consensi della critica nelle riviste musicali specializzate nazionali e internazionali.

Francesco Lattuada

Diplomatosi presso il Conservatorio di Milano in violino e viola, si è successivamente perfezionato con Danilo Rossi, Jody Levitz, Jürgen Kussmaul e Wladimir Mendelssohn, e presso l’Accademia Chigiana di Siena con Jurij Bašmet, conseguendo il Diploma d’Onore. Ha ottenuto il primo premio al concorso per giovani strumentisti indetto dalla Filarmonica della Scala nel 1996 e dall’anno successivo ha iniziato a suonare nell’Orchestra del Teatro alla Scala.

Nel 2001 ha eseguito il Sesto Concerto Brandeburghese di Bach con l’Orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sotto la guida di Riccardo Chailly e svolge da oltre vent’anni una eclettica attività cameristica e discografica in varie formazioni e contesti musicali, spaziando dai gruppi specializzati in repertorio su strumenti d’epoca, sino a progetti di musica sperimentale, elettronica, pop e rock.

Ha ricoperto il ruolo di Prima viola presso alcune delle più importanti istituzioni italiane tra le quali i Pomeriggi Musicali, il Teatro la Fenice di Venezia, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Teatro San Carlo di Napoli, la Filarmonica della Scala, i Cameristi della Scala, il Giardino Armonico, l’Accademia Bizantina, Europa Galante.

Simone Groppo

Ha studiato a Milano alla Civica Scuola di Musica con Ennio Miori e si è perfezionato con Franco Rossi, Antonio Janigro, Mario Brunello e, per il repertorio barocco, con Roberto Gini. Dal 1992 fa parte dell’Orchestra del Teatro alla Scala. Nel 2003 ha fondato con i colleghi l’ensemble dei Violoncellisti della Scala commissionando nuove composizioni dedicate al gruppo. Dal 7 dicembre 2004 fino a oggi ha accumulato una preziosa esperienza per il Teatro alla Scala nel ruolo di violoncello al Continuo nelle opere settecentesche. Nel 2019 ha partecipato all’inaugurazione del nuovo teatro d’opera di Shangai come continuista e Primo violoncello dell’Orchestra scaligera su strumenti storici. Durante la pandemia ha eseguito, in streaming dalla Scala, il Preludio in re minore di Bach per il “Concerto della memoria 2021”; ha inoltre aperto le celebrazioni per l’anno di Dante, con un concerto per violoncello solo, nel Duomo di Milano. Suona un prezioso violoncello Giovanni Grancino del 1685.