La Scala celebra con Chailly il centenario pucciniano

Il 29 novembre, a 100 anni esatti dalla scomparsa del compositore,

il Direttore Musicale dirige un’antologia di pagine giovanili e capolavori.

Solisti Anna Netrebko, Mariangela Sicilia e Jonas Kaufmann.

Venerdì 29 novembre, a 100 anni esatti dalla scomparsa di Giacomo Puccini (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924), il Teatro alla Scala ricorda il grande compositore con un concerto diretto da Riccardo Chailly, solisti Anna Netrebko, Mariangela Sicilia e Jonas Kaufmann. Il programma ripercorre i passi giovanili dal Preludio Sinfonico composto nel 1882 per l’esame finale di composizione al Conservatorio di Milano all’intermezzo di Madama Butterfly, che ebbe la sua contrastatissima prima assoluta alla Scala nel 1904. All’interno di questo arco temporale si collocano il Requiem per voci, viola e organo (alla Scala Simonide Braconi e Lorenzo Bonoldi) che fu composto nel 1901 per il quarto anniversario della morte di Verdi e Crisantemi, elegia per quartetto d’archi (qui in versione orchestrale) scritta nel 1890 in morte di Amedeo d’Aosta, ed estratti dalle prime prove teatrali. Da Edgar, andato in scena alla Scala nel 1889 e sottoposto poi a una complessa serie di revisioni, si ascoltano il Preludio all’Atto III e il Requiem Aeternam per soprano (Mariangela Sicilia), coro e coro di voci bianche. Di alcuni anni precedente è Le Villi, debutto operistico di Puccini che vide la luce al Teatro Dal Verme nel 1884, dal quale si esegue l’Intermezzo sinfonico La tregenda. Conclude il programma l’atto IV del primo grande successo d’autore: Manon Lescaut, andata in scena nel 1893 al Teatro Regio di Torino.

Gli interpreti

Il concerto, cui partecipano il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi e il Coro di Voci Bianche dell’Accademia diretto da Bruno Casoni, vede la partecipazione di tre interpreti pucciniani di riferimento. Anna Netrebko, impegnata in questi giorni nelle prove della Forza del destino che il prossimo 7 dicembre inaugurerà la Stagione, è stata impegnata recentemente nella Bohème a Montecarlo e alla Scala è stata Floria Tosca nell’edizione diretta da Chailly il 7 dicembre 2019; Jonas Kaufmann ha da poco pubblicato l’album di duetti “Puccini Love Affairs” (Sony) e nel 2015 è stato protagonista alla Scala di un omaggio al compositore con la Filarmonica diretta da Jochen Rieder, su cui è stato girato un documentario con la regia di Brian Large; infine Mariangela Sicilia (attesa alla Scala anche il 21 dicembre nella Petite messe solennelle natalizia diretta da Daniele Gatti) è un’autentica scoperta di quest’anno pucciniano. Nello scorso aprile è stata applauditissima come Magda nella Rondine diretta alla Scala da Chailly, ma in questi mesi ha cantato anche Mimì nella Bohème al Maggio Fiorentino e al Festival di Macerata e Liù in Turandot all’Arena di Verona.

Puccini, La Scala, Chailly

Puccini è per Riccardo Chailly uno degli autori di riferimento, una passione artistica che percorre mezzo secolo di carriera. Dalla Turandot di San Francisco del 1977 in cui il Maestro ventiquattrenne dirigeva Montserrat Caballé e Luciano Pavarotti, Puccini è stato oggetto di esecuzioni e registrazioni continue, inclusi i pezzi più rari eseguiti tra l’altro nella serie di concerti realizzati con la Filarmonica tra il 2004 e il 2008 tra Lucca, Torre del Lago e la Scala, dove Chailly porta per la prima volta il finale di Turandot composto da Luciano Berio. In disco sono da ricordare Manon Lescaut con Te Kanawa, Carreras e i complessi di Bologna nel 1998; La bohème con Gheorghiu, Alagna e la Scala nel 1999; le Discoveries con l’allora Orchestra Verdi nel 2004 e il CD di musica orchestrale realizzato con RSO Berlin nel 2006. Il video registra Tosca con Malfitano, Margison, Terfel e il Concertgebouw nel 2007, La bohème di Valencia del 2012 e due versioni del Trittico: prima nel 2000 con il Concertgebouw e quindi quella scaligera del 2009. 

Al Piermarini Chailly esordisce come direttore pucciniano nel 1996 con Madama Butterfly con la regia di Keita Asari; nel 2008 segue il Trittico con la regia di Luca Ronconi. Da Direttore Musicale progetta un ciclo di opere da eseguirsi alla luce delle ricerche musicologiche più aggiornate, liberando Puccini dai puccinismi e da una tradizione esecutiva deteriore e documentando le peripezie del processo creativo d’autore. Dopo la Turandot con il finale Berio e la regia di Lehnhoff eseguita per l’apertura di Expo nel 2015, nel 2016 va in scena La fanciulla del West con la regia di Robert Carsen e l’orchestrazione originale di Puccini senza le varianti inserite da Toscanini per il Metropolitan. Il 7 dicembre 2016 Chailly inaugura la Stagione facendo conoscere alla Scala con la regia di Alvis Hermanis la prima versione di Madama Butterfly il cui debutto era stato accolto da una gazzarra che sarebbe rimasta tra i grandi dolori della vita del compositore. Anche di Manon Lescaut nel marzo 2019 viene presentata la prima versione torinese, con una versione del finale del primo atto di particolare complessità e audacia sperimentale. Infine, il 7 dicembre 2019 Tosca torna alla Scala con la regia di Davide Livermore nella prima versione eseguita a Roma nel 1900, che differisce da quella corrente per una serie di dettagli, tra i quali spiccano le note conclusive dell’opera. La rondine dell’aprile 2024 è l’occasione per mettere alla prova del palcoscenico nella regia di Irina Brook l’edizione critica di Ditlev Rindom, fresca di stampa (Ricordi 2023). Lo spettatore ha trovato talvolta versioni convincenti, spesso modificate da Puccini in un secondo momento sotto la spinta di fattori esterni, talvolta al contrario primi tentativi poi saggiamente corretti. In ogni caso, ricorda il musicologo Robert Parker autore di molte delle edizioni critiche, “ascoltare [questi momenti] come erano stati inizialmente concepiti, e come – in un universo diverso – sarebbero potuti rimanere, ci incoraggia a ripensare al modo in cui l’opera pucciniana è venuta alla luce; a ripensare al modo in cui noi la conosciamo e la amiamo”.

Prezzi: da 180 a 30 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Venerdì 29 novembre 2024 ~ ore 20

Nel centenario della scomparsa di Giacomo Puccini

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Riccardo Chailly, direttore

Anna Netrebko, soprano

Mariangela Sicilia, soprano

Jonas Kaufmann, tenore

GIACOMO PUCCINI

Preludio Sinfonico

Requiem

per coro a tre voci miste, viola e organo

Simonide Braconi, viola

Lorenzo Bonoldi, organo

Crisantemi

versione per orchestra d’archi

da Madama Butterfly

Atto III, Intermezzo

da Edgar

Atto III, Preludio

da Edgar

Requiem aeternam

per soprano, coro, orchestra e coro di voci bianche

da Le villi

“La tregenda”, intermezzo sinfonico, parte seconda

da Manon Lescaut

Intermezzo

Atto IV

Alberto Malazzi, maestro del Coro

Bruno Casoni, maestro del Coro di Voci bianche

Riccardo Chailly inaugura la Stagione d’Opera 2024/2025 con “La forza del destino” di Giuseppe Verdi

La regia è di Leo Muscato, le scene di Federica Parolini e i costumi di Silvia Aymonino.

Protagonisti Anna Netrebko, Jonas Kaufmann, Ludovic Tézier e Vasilisa Berzhanskaya.

Diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3 il 7 dicembre dalle 17:45.

Il 4 dicembre anteprima per gli Under30.

La forza del destino di Giuseppe Verdi inaugura sabato 7 dicembre alle ore 18 la Stagione 2024/2025 del Teatro alla Scala. L’opera è diretta dal Direttore Musicale Riccardo Chailly e interpretata da Anna Netrebko (Donna Leonora; la parte sarà sostenuta il 28 dicembre e il 2 gennaio da Elena Stikhina), Jonas Kaufmann (Don Alvaro; Luciano Ganci sosterrà la parte il 22 e 28 dicembre e il 2 gennaio), Ludovic Tézier (Don Carlo di Vargas; la parte sarà sostenuta da Amartuvshin Enkhbat il 2 gennaio), Vasilisa Berzhanskaya (Preziosilla), Alexander Vinogradov (Padre Guardiano; la parte sarà sostenuta da Simon Lim il 28 dicembre e 2 gennaio), Marco Filippo Romano (Fra Melitone), Fabrizio Beggi (il Marchese di Calatrava), Carlo Bosi (Mastro Trabuco). Marcela Rahal è Curra, Huanhong Li è un Alcalde e Xhieldo Hyseni un Chirurgo.

L’opera sarà eseguita integralmente nella versione del 1869 ripensata da Verdi per la Scala, secondo l’edizione critica curata per Ricordi da Philip Gossett e William Holmes nel 2005.

La regia è firmata da Leo Muscato, con scene di Federica Parolini, costumi di Silvia Aymonino e luci di Alessandro Verazzi.

Come ogni anno lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3. La Prima sarà preceduta mercoledì 4 dicembre dall’Anteprima per gli Under30 e seguita da 7 repliche il 10, 13, 16, 19, 22, 28 dicembre e 2 gennaio. Restano alcuni posti solo sulla rappresentazione del 2 gennaio.

La forza del destino è il nono titolo verdiano di Riccardo Chailly alla Scala e la sua decima inaugurazione di stagione. Dopo le giovanili Giovanna d’Arco nel 2015, Attila nel 2018 e Macbeth nel 2021, l’anno scorso il Maestro aveva scelto per il 7 dicembre un grande titolo spesso proposto in apertura di stagione: Don Carlo. Al contrario La forza del destino è un capolavoro relativamente poco presente in cartellone: se le ultime esecuzioni risalgono al 1999 con Riccardo Muti (versione scaligera del 1869) e al 2001 con Valery Gergiev e i complessi del Mariinskij (versione di San Pietroburgo del 1862), l’unico allestimento in apertura di stagione è addirittura del 1965, con Gavazzeni sul podio e la regia di Margherita Wallmann. La Forza, prosecuzione di un percorso verdiano, si lega anche al recente Boris Godunov, un’opera fortemente influenzata proprio dal capolavoro pietroburghese di Verdi.  

La forza del destino

La prima versione della Forza del destino va in scena a San Pietroburgo il 10 novembre 1862, dopo una gestazione già complicata. La prima è programmata per il 1861 ma di fronte all’indisposizione della protagonista, Emilia La Grua, Verdi torna a Sant’Agata e rivede profondamente la partitura: gli interventi continueranno fino all’ultimo, persino durante le prove. Per il palcoscenico del Teatro Imperiale il compositore ha immaginato un lavoro dalla drammaturgia nuova e distante dai precedenti: un vasto affresco volontariamente ignaro di unità aristoteliche di tempo, luogo e azione in cui i personaggi agiscono su uno sfondo variopinto che mescola nobili e popolani, sacerdoti e militari, momenti mistici e trivialità da locanda o da accampamento. Qualche anno prima Verdi aveva scritto: “Quando verrà il poeta che darà all’Italia un melodramma vasto, potente, libero d’ogni convenzione, vario che unisca tutti gli elementi e soprattutto nuovo!!” La fonte principale per il librettista Francesco Maria Piave è il dramma Don Álvaro o la Fuerza del sino di Ángel de Saavedra, ma il carattere composito dell’opera è già insito nella pluralità delle fonti letterarie: nell’Atto terzo trova posto una scena del Wallensteins Lager di Schiller, che Verdi aveva già in mente nel 1849 per il progetto mai realizzato dell’Assedio di Firenze, con “soldati, vivandiere, zingari, astrologhi, persino un frate che predica alla maniera più comica e deliziosa del mondo”.  L’estetica di Verdi qui attinge alla fantasia dell’Ariosto contro il Tasso, alla libertà di Shakespeare, Schiller e Hugo contro le imposizioni del classicismo. Come già in Macbeth e Rigoletto (a partire – lo ricordiamo bene grazie al 7 dicembre 2015 – da Giovanna d’Arco). Ma ora i personaggi si moltiplicano, gli spazi si allargano e aumenta il contrasto tra il sublime e il triviale. Dalla fusione dei generi si passa all’esaltazione del loro contrasto. In mezzo ci sono Meyerbeer e il Grand-Opéra ma anche l’Opéra comique. Ne è testimone il famigerato “rataplan” i cui precedenti più illustri si trovano nella Fille du régiment e negli Huguenots. Pagina spesso esecrata, ma Verdi scrisse di Preziosilla e Melitone: “Quelle parti sono importantissime, e sotto un certo rapporto le prime dell’opera. La forza del destino è la prima opera che Verdi scrive dopo l’Unità d’Italia, ed è a tutti gli effetti un lavoro post-risorgimentale: il popolo che canta con una sola voce nei grandi cori di Nabucco o Macbeth ha perso la sua coesione e si presenta come una plebe cinica, affamata e dispersa. Proprio questo realismo impietoso e questo contrasto tra episodi giustapposti costituiranno, come spiega Julian Budden, la principale influenza di Verdi sullo sviluppo dell’opera in Russia, con il superamento dell’eredità di Glinka e la difficile affermazione di Musorgskij e del suo Boris Godunov nel 1874. L’operazione compiuta da Verdi con la Forza e ripresa da Musorgskij è soprattutto la fusione tra il linguaggio del melodramma e la forma principe della letteratura ottocentesca: il romanzo.

Dopo San Pietroburgo i ripensamenti continuano, a partire dalla prima ripresa a Madrid nel 1863. Nel 1869 la nuova versione approntata per la Scala introduce, oltre alla fiammeggiante Sinfonia, un finale completamente nuovo. A San Pietroburgo e Madrid il già impressionante catalogo di morti e maledizioni si concludeva, dopo il duello in scena, con il suicidio di Alvaro, furente e disperato, in un’atmosfera apertamente nichilista. Già nel 1863 però Verdi aveva scritto “Non bisogna arrischiare La forza del destino com’è ma il difficile sta nel trovare questo benedetto scioglimento”. Il libretto rivisto con il nuovo poeta Antonio Ghislanzoni rivela un’altra influenza letteraria, quella di Alessandro Manzoni. Negli stessi mesi Ghislanzoni stava traendo dai Promessi sposi il libretto dell’opera dallo stesso titolo di Errico Petrella, che sarebbe andata in scena a Lecco nel 1869. Nel nuovo finale il romanticismo nero della chiusa accesa e disperata di San Pietroburgo si distende, il duello e la morte di Carlo si spostano fuori scena, la rassegnazione si sostituisce alla bestemmia. Il sublime terzetto in cui Padre Guardiano chiama Alvaro e Leonora morente alla rinuncia e alla preghiera conclude la lunga peripezia nella pace della fede – e della morte.        

Il 30 giugno 1868 Verdi avrebbe incontrato, per la prima e unica volta, il Manzoni nella sua casa di via Morone a Milano.

La forza del destino alla Scala

L’opera segna la riconciliazione tra Giuseppe Verdi e la Scala dopo la frattura intervenuta con Bartolomeo Merelli in occasione della prima assoluta della Giovanna d’Arco nel 1845. Verdi non avrebbe più scritto un’opera nuova per il Teatro milanese fino a Otello nel 1887 ma opera modifiche sostanziali alla partitura della Forza presentata a San Pietroburgo nel 1862 in occasione della prima al Piermarini, che avviene il 27 febbraio 1869 con Eugenio Terziani sul podio, Teresa Stolz protagonista e lo stesso Verdi a sovrintendere all’allestimento. Nell’800 l’opera sarebbe stata ripresa solo nel 1871 e 1877, con la direzione di Franco Faccio. È Arturo Toscanini a riprendere il titolo nel nuovo secolo con una rappresentazione nel 1908, e quindi nel 1928 con una nuova produzione firmata da Giovacchino Forzano. Le scene, di Edoardo Marchioro, fanno da sfondo anche alle produzioni dirette da Giuseppe Del Campo (1929, 1930), Gabriele Santini (1934), Gino Marinuzzi (1940), Victor de Sabata e Nino Sanzogno (1943).

Nel Dopoguerra il primo direttore a riportare alla Scala La forza del destino è Victor de Sabata nel 1949, di nuovo alternandosi con Nino Sanzogno. La regia è di Carlo Piccinato e le scene di Nicola Benois, che firmerà i bozzetti di tutti gli allestimenti fino al 1965. Particolare affezione per questo titolo dimostra Antonino Votto, che la dirige nel 1955 con Renata Tebaldi come Leonora e Giuseppe Di Stefano come Don Alvaro, e poi ancora nel 1957 e 1961. Nel 1965 Gianandrea Gavazzeni sceglie La forza per aprire la Stagione, la regia è di Margherita Wallmann e le scene ancora di Nicola Benois. Il cast del 7 dicembre vede Ilva Ligabue, Carlo Bergonzi, Piero Cappuccilli (sostituito dal secondo atto da Carlo Meliciani), Nicolai Ghiaurov e Giulietta Simionato per l’ultima volta Preziosilla alla Scala dopo quattro produzioni. In locandina è presente tra i danzatori solisti anche Luciana Savignano, da poco entrata a far parte del Corpo di Ballo della Scala.

Dopo aver inaugurato la Stagione 1965/66 La forza del destino torna alla Scala nel 1978, diretta da Giuseppe Patanè per la regia di Lamberto Puggelli. Le scene di questo allestimento leggendario sono firmate da Renato Guttuso, che aveva già collaborato alla creazione di altri tre spettacoli alla Scala. Storico il cast, con Montserrat Caballé, José Carreras, Piero Cappuccilli e Nicolai Ghiaurov. Bisogna aspettare 21 anni perché il titolo venga rimesso in cartellone, e a riprenderlo ci pensa Riccardo Muti con la regia di Hugo de Ana, che firma anche scene e costumi. Tra i protagonisti Georgina Lukács, José Cura, Leo Nucci e Luciana D’Intino ma anche Alfonso Antoniozzi come Melitone. Questo stesso allestimento verrà portato in tournée in Giappone l’anno seguente sempre con Muti sul podio: saranno le ultime esecuzioni della versione scaligera del 1869 con i complessi del Teatro. La Forza torna però alla Scala anche nel 2001, quando i complessi del Mariinskij diretti da Valery Gergiev eseguono la versione di San Pietroburgo del 1862 nell’ambito della rassegna Grandi Teatri per Verdi.

Le pubblicazioni

Il programma di sala dell’opera inaugurale, curato dal Professor Raffaele Mellace, contiene testi di Vittorio Coletti, Emanuele Senici e Michele Girardi e rubriche di Claudio Toscani, Emilio Sala, Alessandro Roccatagliati, Raffaele Mellace, Laura Cosso, Luca Chierici e Andrea Vitalini, oltre a una nota drammaturgica di Leo Muscato.

Il numero di dicembre de La Scala – Rivista del Teatro diretta da Paolo Besana e curata da Mattia Palma include interviste a Riccardo Chailly di Raffaele Mellace e a Leo Muscato di Biagio Scuderi e una ricostruzione d’archivio di aneddoti sulla “cattiva fama” dell’opera a cura di Andrea Vitalini.

Le iniziative di presentazione e gli appuntamenti

Le settimane di avvicinamento alla Prima sono come sempre costellate di incontri e appuntamenti, aperti lo scorso 9 novembre dall’incontro di studi “L’affresco romanzesco di un’umanità variopinta” cui insieme al Maestro Chailly e al curatore Raffaele Mellace hanno partecipato Vittorio Coletti, Emanuele Senici e Michele Girardi.

Ricordiamo inoltre che tutte le rappresentazioni, tranne la prima, saranno precedute a un’ora dall’inizio da un’introduzione a cura del professor Claudio Toscani.

Inoltre, nella settimana precedente la Prima il Comune di Milano rinnova la collaborazione con il Teatro alla Scala, Edison e Rai per il calendario di Prima Diffusa, il cui programma sarà presentato nel corso della conferenza stampa sulla Prima, il 26 novembre alle ore 12 nel Ridotto dei Palchi. 

Mercoledì 20 novembre, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei Palchi

Presentazione del volume di Pierluigi Panza

“LA SCALA – L’ARCHITETTURA E LA CITTÀ(Marsilio edizioni)

Ne parlano con l’autore il Sovrintendente Dominique Meyer e l’architetto Mario Botta

Modera Paolo Besana, Direttore della comunicazione del Teatro

            Giovedì 21 novembre, ore 9.30 e 13.30

            Casa circondariale di San Vittore, Piazza Filangieri 2

            Conferenza introduttiva di

                RAFFAELE MELLACE

            Non aperto al pubblico

Giovedì 21 novembre, ore 18

Amici del Loggione, via Pellico 6

            Incontro con

            RICCARDO CHAILLY  

Per informazioni www.amiciloggione.it  

Sabato 23 novembre, ore 17

Teatro alla Scala, Ridotto dei Palchi

LE VOCI SI RACCONTANO

MARCO FILIPPO ROMANO

A cura di Sabino Lenoci e Giancarlo Landini

In collaborazione con l’Opera

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Mercoledì 27 novembre, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei Palchi

Teatro alla Scala con Amici della Scala

PRIMA DELLE PRIME

TRA TEATRALITÀ ROMANZESCA E DRAMMA MUSICALE:

UNA TRASFIGURAZIONE VERDIANA

Alessandro Roccatagliati con la partecipazione del M° Riccardo Chailly

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Mercoledì 4 e giovedì 5 dicembre, ore 21

Spazio No’hma Teresa Pomodoro, via Orcagna 2

LA PRIMA DELLA PRIMA ALLA SCALA

Conversazione musical-letteraria sulla “Forza del destino” 

Di e con Stefano Jacini, a cura di Marco Rampoldi

Ingresso gratuito con prenotazione su www.eventbrite.it

Venerdì 6 dicembre, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei Palchi

IDENTITA’ FATALI

Maschere e convenzioni sociali nella messinscena della “Forza del destino”

Intervengono la costumista Silvia Aymonino, la scenografa Federica Parolini, la curatrice del “Foglio della Moda” Fabiana Giacomotti. Con un saluto di Valentina Moretti.

Modera Paolo Besana, Direttore della comunicazione del Teatro

In collaborazione con Il Foglio quotidiano e Bellavista

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Turandot alla Scala per il Centenario pucciniano

Michele Gamba dirige il nuovo allestimento di Davide Livermore

con Anna Netrebko, Yusif Eyvazov (in alternanza con Roberto Alagna),

Rosa Feola e Vitalij Kowaljov

Diretta su LaScalaTv e su arte.tv il 4 luglio in collaborazione con Unitel e Arte Concert.

Il 25, giorno della Prima, sarà presentata nel Ridotto dei Palchi la moneta commemorativa

del centenario pucciniano realizzata dal Poligrafico dello Stato e dedicata a Turandot.

Il nuovo allestimento di Turandot è parte delle celebrazioni aperte con La rondine

e che continueranno a novembre con una mostra al Museo in collaborazione

con l’Archivio Ricordi e un concerto diretto da Riccardo Chailly.

Le celebrazioni per il Centenario della morte di Giacomo Puccini proseguono al Teatro alla Scala con un nuovo allestimento di Turandot, in scena per sette rappresentazioni dal 25 giugno al 15 luglio con la direzione di Michele Gamba e la regia di Davide Livermore che partecipa anche al disegno delle scene insieme a Gabriela Peronetti e Gep Cucco, mentre i costumi sono firmati da Mariana Fracasso, le luci da Antonio Castro e i video da D-Wok.  

La nuova Turandot è occasione del ritorno di Anna Netrebko, al suo terzo titolo pucciniano alla Scala dopo La bohème del 2012 e Tosca con cui aveva inaugurato la Stagione 2019/2020. L’artista è attesa anche il prossimo 7 dicembre nella Forza del destino con Riccardo Chailly, che la dirigerà anche il 29 novembre – giorno della morte di Puccini – in un concerto straordinario insieme a Jonas Kaufmann, dedicato ai primi lavori del compositore, dalle Villi a Manon Lescaut. Con lei canteranno in tutte le recite di Turandot Rosa Feola come Liù e Vitalij Kowaljov come Timur, mentre nella parte di Calaf si alterneranno Yusif Eyvazov                              (25 e 28 giugno, 4 e 6 luglio) e Roberto Alagna (9, 12 e 15 luglio), che il 23 giugno sarà impegnato anche in una serata pucciniana per il ciclo dei Recital di Canto. Il Coro, personaggio chiave dell’opera, è diretto da Alberto Malazzi.

25, 28 giugno; 4, 6, 9, 12, 15 luglio 2024 ~ ore 20

Giacomo Puccini

TURANDOT

Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni

Nuova produzione Teatro alla Scala

Direttore MICHELE GAMBA

Regia DAVIDE LIVERMORE

Scene eleonora peronetti, paolo gep cucco, davide livermore

Costumi mariana fracasso

Luci antonio castro

Luci d-wok

Personaggi e interpreti principali

La Principessa Turandot        Anna Netrebko

Il Principe Ignoto (Calaf)       Yusif Eyvazov (25, 28 giu., 4, 6 lug.)

Roberto Alagna (9, 12, 15 lug.)

Liù                                          Rosa Feola

L’imperatore Altoum             Raúl Giménez

Timur                                     Vitalij Kowaljow

Ping                                        Sung-Hwan Damien Park

Pang                                        Chuan Wang

Pong                                       Jinxu Xiahou

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Maestro del Coro Alberto Malazzi

Maestro del Corodi Voci Bianche Bruno Casoni

Turandot, lasciata incompiuta alla morte del compositore nel 1924, andò in scena per la prima volta il 25 aprile 1926 alla Scala con la direzione di Arturo Toscanini e il finale di Franco Alfano che verrà utilizzato anche in questa produzione. Alla prima Toscanini interruppe la rappresentazione alla morte di Liù, deponendo la bacchetta e pronunciando le parole (variamente riportate) “Qui finisce l’opera perché il Maestro è morto”. Anche in questa Turandot del Centenario lo spettacolo si fermerà in un momento di omaggio al grande compositore prima di proseguire con il finale di Alfano. 

Il direttore

Michele Gamba, che il 1° giugno ha diretto al Quirinale il Concerto per la Festa della Repubblica (che è stata occasione per celebrare anche i 30 anni dell’Orchestra della Rai), ha con il Teatro alla Scala un rapporto consolidato. Dopo essere salito sul podio per I due Foscari, Le nozze di Figaro, L’elisir d’amore e la prima assoluta di Madina di Fabio Vacchi, oltre che in diversi concerti da direttore e da pianista, Gamba ha ottenuto un forte successo personale alla Scala dirigendo nel 2022 il nuovo allestimento di Rigoletto di Verdi con la regia di Mario Martone e nel ‘24 la prima scaligera di Médée di Cherubini in versione originale francese con la regia di Damiano Michieletto. Poche settimane prima, la sua direzione dell’Elisir d’amore al Metropolitan di New York veniva salutata dal New York Times come “performance classica dell’anno” per il 2023. Nella Stagione 2024/2025 tornerà per Tosca, ripresa dell’allestimento di Davide Livermore, ma già nell’autunno sarà a Milano per il Requiem di Verdi all’Auditorium. 

Lo spettacolo

Davide Livermore e il suo team hanno realizzato per la Scala produzioni di Tamerlano di Händel, Don Pasquale di Donizetti, ben quattro serate inaugurali con Riccardo Chailly (Attila di Verdi, Tosca di Puccini la serata televisiva …a riveder le stelle durante il lockdown e Macbeth), La Gioconda e Les Contes d’Hoffmann. Nella versione di Livermore Turandot sarà una fiaba in cui i personaggi sono archetipi in cui possiamo riconoscere i passi da compiere nel cammino verso la realizzazione di noi stessi. Un mondo di principi e principesse che devono imparare a vincersi per diventare re e regine: al principe Calaf che deve vincere la paura per poter scoprire lui per primo il suo nome corrisponde la principessa Turandot che deve seppellire il lutto e la maledizione dell’ava Lu Ling per diventare del tutto se stessa. In scena una gigantesca lente mobile evidenzia gli elementi simbolici di un mondo di sogno – o d’incubo – costruito a partire da un’accurata ricerca iconografica sull’arte cinese di oggi.

Le scenografie sono opere d’arte digitale ideate e progettate da D-Wok, tra le prime società al mondo a rendere virtuali le scenografie per i palcoscenici operistici, mescolando la dimensione analogica con la dimensione digitale. La concezione è di Davide Livermore, con la direzione di Paolo Gep Cucco, direttore creativo di D-Wok, creatore e direttore di manifestazioni e progetti internazionali di entertainment design e video design. Lo spazio scenico assume quindi una concezione rinnovata, che unisce la tradizione dell’opera italiana con le tecnologie più all’avanguardia.

Turandot alla Scala

Il 25 aprile 1926 il sipario si leva sulla prima assoluta dell’ultima opera di Giacomo Puccini: cantano Rosa Raisa e Miguel Fleta, le scene sono quelle celeberrime di Galileo Chini, i costumi altrettanto celebri sono firmati da Caramba, ma alcune fonti li attribuiscono a Umberto Brunelleschi, e Toscanini depone la bacchetta alla morte di Liù, le ultime note di pugno del Maestro. Nello stesso 1926 e poi nel 1928 e 1929 (con Georges Thill) lo spettacolo è ripreso da Ettore Panizza, nel 1930 da Giuseppe del Campo, nel 1932 da Victor de Sabata, nel 1935 da Gino Marinuzzi con Gina Cigna, Giacomo Lauri Volpi e Mafalda Favero. Marinuzzi riprende il titolo nel 1939 con un nuovo allestimento di Colomanno Nadasdy, sostituito già nel 1942 con Franco Ghione sul podio da uno spettacolo di Mario Frigerio destinato a tornare nel 1944 di nuovo con Marinuzzi e nel 1948 con Franco Capuana. Dieci anni dopo Antonino Votto battezza la versione di Margherita Wallmann con un cast favoloso: Birgit Nilsson Turandot e Di Stefano e Corelli ad alternarsi come Calaf. La formazione regge con lievi variazioni nel 1960 e ‘62, nel 1964 dirige Gavazzeni, nel 1968 Georges Prêtre, nel 1970 Nino Sanzogno, nel 1976 Zubin Mehta. Una nuova pietra miliare nell’interpretazione dell’opera alla Scala è posta nel 1983 dalla coppia formata da Lorin Maazel e Franco Zeffirelli con le voci di Ghena Dimitrova, Nicola Martinucci, Plácido Domingo e Franco Bonisolli ad alternarsi come Calaf e Katia Ricciarelli come Liù. Un trionfo replicato nel 1985, 1988 e 1989. Georges Prêtre torna nel 2001 con le voci di Alessandra Marc e Nicola Martinucci e lo spettacolo di Keita Asari che sarà ripreso agli Arcimboldi da Carlo Rizzi nel 2004. Nel 2011 un nuovo spettacolo è firmato da Giorgio Barberio Corsetti, dirige Valery Gergiev. L’ultima apparizione di Turandot è il 1° maggio 2015 quando, per la turbolenta inaugurazione di Expo tra contestazioni e black bloc, Riccardo Chailly, da poco nominato Direttore musicale, dirige Nina Stemme, Aleksandrs Antonenko e Maria Agresta nello splendido spettacolo creato da Nikolaus Lehnhoff per Amsterdam e ripensato per gli spazi della Scala. È la prima volta che il finale di Luciano Berio viene proposto a Milano in forma scenica dopo essere stato diretto in concerto dallo stesso Chailly con l’allora Orchestra Verdi.  

Michele Gamba dirige Turandot con Anna Netrebko,Yusif Eyvazov, Roberto Alagna e Rosa Feola nel nuovo allestimento di Davide Livermore

Diretta su LaScalaTv il 4 luglio.

Il 25, giorno della Prima, sarà presentata nel Ridotto la moneta commemorativa

del Centenario pucciniano realizzata dal Poligrafico dello Stato.

Il nuovo allestimento di Turandot è parte delle celebrazioni aperte con La rondine

e che continueranno a novembre con una mostra al Museo Teatrale in collaborazione

con l’Archivio Ricordi e un concerto diretto da Riccardo Chailly.

Le celebrazioni per il Centenario della morte di Giacomo Puccini proseguono al Teatro alla Scala con un nuovo allestimento di Turandot, in scena per sette rappresentazioni dal 25 giugno al 15 luglio con la direzione di Michele Gamba e la regia di Davide Livermore che partecipa anche al disegno delle scene insieme a Eleonora Peronetti e Paolo Gep Cucco, mentre i costumi sono firmati da Mariana Fracasso, le luci da Antonio Castro e i video, sempre fondamentali negli spettacoli di Livermore, da D-Wok.  

La nuova Turandot – che sarà eseguita con il Finale II di Franco Alfano – è occasione del ritorno di Anna Netrebko, al suo terzo titolo pucciniano alla Scala dopo La bohème del 2012 e Tosca con cui aveva inaugurato la Stagione 2019/2020. L’artista è attesa anche il prossimo 7 dicembre nella Forza del destino con Riccardo Chailly, che la dirigerà anche il 29 novembre – giorno della morte di Puccini – in un concerto straordinario insieme a Jonas Kaufmann, dedicato ai primi lavori del compositore, dalle Villi a Manon Lescaut. Con lei canteranno in tutte le recite di Turandot Rosa Feola come Liù e Vitalij Kowaljov come Timur, mentre nella parte di Calaf si alterneranno Yusif Eyvazov (25 e 28 giugno, 4 e 6 luglio) e Roberto Alagna ( 9, 12 e 15 luglio), che il 23 giugno sarà impegnato anche in una serata pucciniana per il ciclo dei Recital di Canto. Il Coro, personaggio chiave dell’opera, è diretto da Alberto Malazzi.

Giovedì 20 giugno alle ore 18 nel Ridotto dei Palchi per il ciclo “Prima delle prime”, organizzato in collaborazione con gli Amici della Scala, il compositore e Direttore Artistico dell’Opera di Roma Paolo Arcà terrà una conferenza dal titolo “L’approdo della grande tradizione”.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi, si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Liana Püschel.

La rappresentazione del 4 luglio sarà trasmessa in live streaming sulla piattaforma LaScalaTv e resterà disponibile on demand fino all’11 luglio.

TEATRO ALLA SCALA

25, 28 giugno; 4, 6, 9, 12, 15 luglio 2024 ~ ore 20

Giacomo Puccini

TURANDOT

Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni

Nuova produzione Teatro alla Scala

Direttore MICHELE GAMBA

Regia DAVIDE LIVERMORE

Scene eleonora peronetti, paolo gep cucco, davide livermore

Costumi mariana fracasso

Luci antonio castro

Luci d-wok

Personaggi e interpreti principali

La Principessa Turandot        Anna Netrebko

Il Principe Ignoto (Calaf)       Yusif Eyvazov (25, 28 giu., 4, 6 lug.)

Roberto Alagna (9, 12, 15 lug.)

Liù                                          Rosa Feola

L’imperatore Altoum             Raúl Giménez

Timur                                     Vitalij Kowaljow

Ping                                        Sung-Hwan Damien Park

Pang                                        Chuan Wang

Pong                                       Jinxu Xiahou

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Maestro del Coro Alberto Malazzi

Maestro del Corodi Voci Bianche Bruno Casoni

Date:

Martedì 25 giugno 2024 ore 20 ~ Turno Prime Opera

Venerdì 28 giugno 2024 ore 20 ~ Turno A

Giovedì 4 luglio 2024 ore 20 ~ Turno B

Sabato 6 luglio 2024 ore 20 ~ Fuori Abbonamento

Martedì 9 luglio 2024 ore 20 ~ Turno C

Venerdì 12 luglio 2024 ore 20 ~ Fuori Abbonamento

Lunedì 15 luglio 2024 ore 20 ~ Turno D

Prezzi: da 300 a 36 euro

Infotel 02 72 00 37 44

www.teatroallascala.org

Anna Netrebko sarà Tosca all’Arena di Verona Opera Festival 2024

La stella dell’opera conferma il suo legame con Verona e, per la prima volta in Arena, sarà la protagonista dell’opera di Puccini con Yusif Eyvazov e Luca Salsi

In scena il 2, 9, 16 agosto: già in vendita i biglietti per le tre date e per tutto il Festival 2024

Anna Netrebko tornerà da protagonista all’Arena di Verona. E, per la prima volta, sarà Tosca. Un legame, quello con l’anfiteatro romano e la città scaligera, sempre più profondo. Il suo debutto a Verona risale al 2019 con tre recite come Leonora ne Il Trovatore. Da allora, anche nelle estati segnate dalla pandemia, la stella dell’opera non è mai mancata all’appuntamento del Festival areniano, proponendo ogni anno un personaggio diverso: dopo essere stata protagonista del Gala 2020 con brani di Verdi, Cilea, Donizetti e Giordano, ha interpretato Turandot nel 2021, Aida e Turandot nel 2022, per aprire e chiudere con recite sold-out il 100° Festival 2023 rispettivamente come Aida e La Traviata.

Accanto al partner di vita e in scena, il tenore Yusif Eyvazov (Mario Cavaradossi) e al baritono Luca Salsi (il Barone Scarpia), Anna Netrebko guiderà il cast internazionale del Festival 2024 interpretando per la prima volta in Arena la protagonista di Tosca di Puccini per le prime tre rappresentazioni dell’opera nell’apprezzato allestimento curato per regia, scene e costumi da Hugo De Ana, una produzione che unisce potenti simboli, sontuosi costumi tradizionali, rapidi cambi di scena ed effetti mozzafiato.

La storia di Floria Tosca, creata dal drammaturgo Victorien Sardou per Sarah Bernhardt nel 1887, conquistò subito Giacomo Puccini che, dopo lunghe trattative, ne affidò il libretto ai fidi Giacosa e Illica, riscuotendo alla prima romana del 1900 un successo clamoroso e ininterrotto, facendo della protagonista la diva per eccellenza del repertorio operistico. A Roma, esattamente nell’anno 1800, sullo sfondo delle guerre tra rivoluzionari francesi e il potere del Papa Re, la celebre cantante Tosca vede la politica e la Storia stravolgere completamente la sua vita e il suo amore, in un triangolo avvincente e musicalmente rivoluzionario come un thriller ante-litteram.

Il fascino ricco, complesso ed istrionico della Tosca pucciniana prenderà voce e vita nell’artista Anna Netrebko, che debuttò nel medesimo ruolo al Metropolitan di New York nel 2018, riprendendolo trionfalmente per l’inaugurazione della Scala 2019/20, quindi solo per alcune recite a Madrid e Buenos Aires, e finalmente sarà a Verona per le serate di 2, 9 e 16 agosto. Anche la quarta e ultima recita del titolo riserverà sorprese, con un cast interamente rinnovato che sarà annunciato nelle prossime settimane insieme a tutti gli artisti del 101° Festival.

I biglietti sono già in vendita per tutte le date dell’Arena di Verona Opera Festival 2024: 48 serate dall’8 giugno al 7 settembre, fra 7 titoli d’opera, 5 gala e 1 balletto.

Biglietteria 

Via Dietro Anfiteatro 6/B, 37121 Verona

biglietteria@arenadiverona.it – Call center (+39) 045 800.51.51 

www.arena.it

Punti di prevendita TicketOne   

Informazioni 

Ufficio Stampa Fondazione Arena di Verona 

Via Roma 7/D, 37121 Verona – tel. (+39) 045 805.1861-1905-1891-1939

ufficio.stampa@arenadiverona.it   

Riccardo Chailly inaugura la stagione 2023/2024 della Scala con Don Carlo di Verdi

La regia è di Lluís Pasqual, le scene di Daniel Bianco e i costumi di Franca Squarciapino.

Protagonisti Francesco Meli, Anna Netrebko, Michele Pertusi, Elīna Garanča, Luca Salsi e Ain Anger.

Diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3 il 7 dicembre dalle 17:45.

Il 3 dicembre anteprima per gli Under30, esaurite tutte le repliche fino all’8 gennaio.

La Stagione 2023/2024 del Teatro alla Scala si apre giovedì 7 dicembre alle ore 18 con Don Carlo di Giuseppe Verdi nella versione approntata dal compositore per la Scala nel 1884. Come ogni anno lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3. La Prima sarà preceduta domenica 3 dicembre dall’Anteprima per gli Under30 e seguita fino al 2 gennaio da 7 rappresentazioni tutte esaurite. L’opera, che ha inaugurato la Stagione nel 1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008, sarà diretta dal Direttore Musicale Riccardo Chailly sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala con un cast che schiera Francesco Meli come Don Carlo, Anna Netrebko come Elisabetta di Valois, Michele Pertusi come Filippo II, Elīna Garanča come Principessa d’Eboli, Luca Salsi come Marchese di Posa e Jongmin Park come Grande Inquisitore. Protagonista di non minore rilievo il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Le scene sono di Daniel Bianco, i costumi di Franca Squarciapino, le luci di Pascal Mérat, i video di Franc Aleu e la coreografia di Nuria Castejón.  

Per Riccardo Chailly Don Carlo è il compimento di una riflessione sul potere estesa su tre inaugurazioni di Stagione, dopo Macbeth di Verdi nel 2021 e Boris Godunov nel 2022. Come scrive Michele Girardi, vi è una relazione evidente «tra le tematiche trattate nel Boris Godunov di Musorgskij e nel Don Carlos di Verdi, cioè le logiche spietate dei detentori di un potere assoluto che disintegra l’aspirazione alla felicità individuale e collettiva degli oppressi». Ma si tratta anche di un ritorno al Verdi della maturità dopo le tre inaugurazioni dedicate all’evoluzione delle opere giovanili con Giovanna d’Arco nel 2015, Attila nel 2018 e Macbeth nel 2021. (Chailly peraltro ha proposto anche Aida in forma di concerto nel 2020, dopo averla diretta nell’allestimento di Zeffirelli il 7 dicembre 2006). Nel suo nuovo approccio a Don Carlo, che aveva diretto ad Amsterdam nel 2010 in un bell’allestimento di Willy Decker, il Maestro torna con la memoria alle edizioni dirette da Claudio Abbado nel 1968 e 1977, di cui aveva seguito le prove, ma fa riferimento anche allo studio diretto dei manoscritti messigli a disposizione da Ricordi. Come nell’edizione di Abbado, si ascolterà l’introduzione al monologo di Filippo affidato alla fila dei violoncelli secondo partitura e non al violoncello solo come spesso avviene. Con i complessi scaligeri Riccardo Chailly ha recentemente diretto la scena di Filippo con Ildar Abdrazakov nella serata “…a riveder le stelle” del 7 dicembre 2020, l’aria di Elisabetta in concerto con Anna Netrebko e il coro del II atto in disco e in tournée.

Lo spettacolo

Don Carlo torna al Teatro alla Scala in una grande produzione che rispecchia la doppia natura di dramma storico e manifesto romantico dell’originale schilleriano mettendo in luce gli straordinari artisti e artigiani che operano nei laboratori del Teatro. Un impianto scenico unico si trasforma senza interrompere lo svolgimento dell’azione nei diversi spazi previsti dal libretto grazie alla spettacolare alternanza di colossali elementi scenografici. Verdi propone i temi a lui cari della libertà dei sentimenti, della difficile relazione tra padri e figli e della liberazione dei popoli oppressi sullo sfondo del conflitto tra il potere temporale e quello religioso. Per rendere l’atmosfera sospesa tra ambiente ecclesiastico e secolare il regista Lluís Pasqual e lo scenografo Daniel Bianco hanno fatto riferimento all’uso dell’alabastro nelle finestre degli edifici religiosi ma anche civili e in particolare alla grande finestra della Collegiata di Santa María La Mayor nella città spagnola di Toro. Una grande torre di alabastro è inquadrata in un sistema di cancellate che anch’esse ricorrono nell’architettura religiosa quanto in quella civile. La scena permette di ritagliare nei grandi spazi del palcoscenico i numerosi momenti di intimità e di isolamento che punteggiano la tragedia.

Don Carlo ci porta dietro le quinte dello spettacolo del potere: anche l’autodafé, cerimonia abbagliante e macabra di autorappresentazione dell’assolutismo, non troppo diversa dai meccanismi della propaganda di oggi, è mostrata soprattutto nel momento della preparazione e solo pochi minuti sono riservati alla “festa” nella sua magniloquente esteriorità. Qui campeggia un colossale retablo dorato e finemente istoriato. Questi spazi sono animati dal pittoricismo dei costumi di Franca Squarciapino, che riprendono l’abbigliamento rappresentato nella ritrattistica del tempo ma lo alleggeriscono nella scelta dei materiali, garantendo facilità di movimento e una certa romantica vitalità ai personaggi. L’impianto è documentato ma non necessariamente filologico: pur collocati nella loro epoca, i protagonisti rappresentano emozioni e caratteristiche umane presenti in ogni tempo. Il colore prevalente è il nero, non inteso come espressione di mortificazione o di lutto ma come esibizione di potere e ricchezza: nel ‘500 velluti e broccati neri erano tra le stoffe di maggior pregio.      

Le versioni dell’opera

La prima assoluta di Don Carlos ha luogo all’Opéra di Parigi (che aveva allora sede nella Salle le Péletier che sarebbe stata distrutta da un incendio nel 1873) l’11 marzo 1867. È la terza opera scritta da Verdi per la Francia dopo Jérusalem (riscrittura del 1847 dei Lombardi alla prima Crociata) e Les Vêpres Siciliennes (1855). Il libretto francese di Joseph Méry e Camille du Locle è tratto dalla tragedia di Friedrich Schiller Don Karlos, Infant von Spanien andata in scena ad Amburgo nel 1787. L’opera, commissionata in occasione della seconda Esposizione Universale di Parigi (il direttore dell’Opéra, Jules Perrin, aveva proposto Don Carlos oppure Cleopatra dal Giulio Cesare di Shakespeare; Verdi aveva pensato a Re Lear ma soprattutto a El zapatero y el Rey di Zorilla prima di risolvere per Schiller), era in cinque atti con balletto secondo l’uso della “grande boutique” e proclamava i valori della libertà personale e politica contro l’oppressione dell’assolutismo religioso e statuale.

La prima italiana segue di pochi mesi quella parigina: Angelo Mariani dirige Don Carlo, con libretto tradotto in italiano da Achille de Lauzières, a Bologna il 27 ottobre, protagonista Teresa Stolz. La Stolz è Elisabetta anche nella prima dell’opera al Teatro alla Scala, diretta da Alberto Mazzucato il 25 marzo 1868: si eseguono i cinque atti in lingua italiana con il balletto. La stessa versione in cinque atti e ballabili inaugurerà la Stagione scaligera il 26 dicembre 1868, sul podio Eugenio Terziani, e il 26 dicembre 1878, direttore Franco Faccio. Nel frattempo, per la prima al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1872 Verdi aveva modificato il duetto tra Filippo II e il Marchese di Posa e scorciato il duetto finale tra Carlo ed Elisabetta. Il lavoro di rimaneggiamento riprende e si intensifica insieme a Du Locle per la versione francese di Vienna nel 1882 (“a Vienna – scrive Verdi – i portinai chiudono la porta principale delle case […] le opere lunghe si amputano ferocemente […] dal momento che mi si dovevano amputare le gambe ho preferito affilare e adoperare io stesso il coltello”) e si conclude per la produzione in lingua italiana del 1884 al Teatro alla Scala. Qui Verdi opera non solo una serie di tagli, ma un ripensamento profondo della struttura e in certo modo della natura stessa dell’opera: sopprime l’intero primo atto (ovvero l’antefatto che narra lo sbocciare della passione tra Carlo ed Elisabetta nella foresta di Fontainebleau); riscrive i duetti Carlo-Rodrigo e Filippo-Rodrigo dell’atto secondo; sostituisce l’inizio dell’atto terzo con un preludio e sopprime il successivo balletto; riscrive gran parte della scena Filippo-Elisabetta dell’atto quarto col successivo Quartetto; abbrevia il finale quarto, a partire dalla morte di Rodrigo; riscrive e abbrevia la conclusione dell’atto quinto. Ne emerge un dramma nuovo, più sintetico e agile, in cui il fattore politico e la figura di Filippo II prevalgono su quello psicologico/sentimentale e sui personaggi di Carlo ed Elisabetta. Nata da necessità pratiche, la revisione finisce per rispecchiare la propensione di Verdi alla stringatezza drammatica: “i tagli – scrive – non guastano il dramma musicale, anzi accorciandolo lo rendono più vivo”.

Nel 1886 Verdi approva, pur senza esservi intervenuto personalmente, una nuova versione proposta a Modena, che ripristina il primo atto secondo l’edizione Ricordi facendolo seguire dagli altri quattro come ridisegnati nell’edizione scaligera del 1884.

Don Carlo alla Scala

La prima dell’opera al Piermarini risale, come accennato sopra, al marzo 1868, seguita dalle prime due inaugurazioni di stagione nel dicembre dello stesso 1868 e dieci anni più tardi e quindi dalla prima assoluta della versione in quattro atti nel 1884. Nei decenni successivi Don Carlo appare nei cartelloni con scarsa frequenza: Tullio Serafin dirige l’edizione in quattro atti nel 1912, Arturo Toscanini nel 1926 e 1928 sceglie i cinque atti. In seguito sceglieranno i quattro atti Fernando Previtali (1947), Antonino Votto (1952 e 1954 con Maria Callas come Elisabetta); nel 1960 e 1963 Gabriele Santini torna alla versione in cinque atti senza balletto. Don Carlo torna a inaugurare la Stagione nel 1968, sempre in quattro atti, con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Jean-Pierre Ponnelle. Il cast comprende Rita Orlandi Malaspina (poi anche Raina Kabaivanska, già presente insieme a Leyla Gencer nel 1963), Bruno Prevedi, Fiorenza Cossotto, Piero Cappuccilli e Nicolai Ghiaurov. Lo spettacolo sarà ripreso nel 1970 con importanti novità nel cast, tra cui Plácido Domingo e Shirley Verrett. Per la Stagione del Bicentenario del 1978, che si snoda senza soluzione di continuità dal 7 dicembre 1977 al 1979, Abbado propone la versione in cinque atti in una storica produzione di Luca Ronconi con le scene di Damiano Damiani e due cast straordinari: Mirella Freni e Margaret Price come Elisabetta, José Carreras e Plácido Domingo come Don Carlo, Nicolai Ghiaurov e Evgenij Nesterenko come Filippo II, Piero Cappuccilli e Renato Bruson come Posa, Elena Obraztsova come Eboli. La passione abbadiana per l’opera si arricchisce di un ulteriore capitolo con l’incisione per Deutsche Grammophon con i complessi scaligeri dell’originale francese in cinque atti, completa in appendice delle parti soppresse da Verdi tra cui il “ballo della Peregrina”. Nel cast Plácido Domingo, Katia Ricciarelli, Ruggero Raimondi, Nicolai Ghiaurov, Lucia Valentini Terrani e Leo Nucci.

È Riccardo Muti nel 1992 a riportare Don Carlo al 7 dicembre, nella versione in quattro atti sfarzosamente portata in scena da Franco Zeffirelli con Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Samuel Ramey, Luciana D’Intino e Paolo Coni. Nel 2008 Daniele Gatti dirige la prima Anteprima Under30 il 4 dicembre e quindi inaugura la Stagione con la versione in 4 atti arricchita da un inedito verdiano. La regia è di Stéphane Braunschweig, cantano Stuart Neill, Fiorenza Cedolins, Ferruccio Furlanetto, Dolora Zajick, Dalibor Jenis e Anatoli Kotscherga. Lo spettacolo viene ripreso nel 2013 con Fabio Luisi sul podio e in palcoscenico Fabio Sartori, Martina Serafin, René Pape, Ekaterina Gubanova, Massimo Cavalletti e Štefan Kocán.  

In cinque atti in italiano l’ultima apparizione scaligera del titolo, nel 2017 nell’allestimento salisburghese di Peter Stein con Myung-Whun Chung e il debutto di Francesco Meli come Don Carlo al Piermarini insieme a Krassimira Stoyanova, Ferruccio Furlanetto, Ekaterina Semenchuk, Simone Piazzola e Eric Halfyarson.

Le iniziative di presentazione

La Prima è preceduta da un calendario di iniziative di presentazione aperto lo scorso 13 novembre dal convegno “Un nuovo Don Carlo per Milano” curato da Raffaele Mellace con la partecipazione di Riccardo Chailly.

Queste iniziative fanno parte di un più ampio sforzo per moltiplicare le occasioni di approfondimento sui titoli in calendario. Tutte le rappresentazioni tranne la prima saranno precedute a un’ora dall’inizio da un’introduzione a cura di Liana Püschel.

Le pubblicazioni

Il programma di sala dell’opera inaugurale, curato dal Professor Raffaele Mellace, contiene testi di Piero Mioli, Paolo Gallarati, Raffaele Mellace, Marcello Conati, Claudio Toscani, Alberto Bentoglio, Massimo Firpo e Giorgio Pagannone e rubriche di Laura Cosso, Luca Chierici e Andrea Vitalini oltre a una nota drammaturgica di Lluís Pasqual.

Il numero di dicembre di La Scala – Rivista del Teatro include interviste a Riccardo Chailly di Raffaele Mellace e a Lluís Pasqual di Biagio Scuderi.

Per il secondo anno la grafica del Teatro è curata dallo studio Tomo Tomo: il progetto è stato pubblicato sull’ADI Design Index 2023.

Gli appuntamenti

Mercoledì 22 novembre 2023, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei palchi “Arturo Toscanini”

Teatro alla Scala con Amici della Scala

PRIMA DELLE PRIME

“LA MATURITÀ DEL GENIO”

Giorgio Pestelli (al pianoforte) con la partecipazione del M° Riccardo Chailly

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Sabato 25 novembre 2023, ore 18

Amici del Loggione, via Pellico, 6

Incontro con

            MICHELE PERTUSI

Per informazioni www.amiciloggione.it  

Giovedì 30 novembre 2023, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei palchi “Arturo Toscanini”

Presentazione del volume

“DAMIANI. IL TEATRO DI UN INNOVATORE”

e delle monografie

ANNI alla Scala”, “SPINATELLI alla Scala”, “PESCUCCI alla Scala”

“SQUARCIAPINO alla Scala” di Vittoria Crespi Morbio

(edizione Amici della Scala – grafiche Step Editrice, Parma).

Con la partecipazione del pianista Alberto Chines

Evento riservato ai soci degli Amici della Scala

Per informazioni scrivere a info@amicidellascala.it

Martedì 5 dicembre 2023, ore 17

Teatro alla Scala, Ridotto dei palchi “Arturo Toscanini”

CARLO E RODRIGO SI RACCONTANO

Intervengono: Luca Salsi, Francesco Meli

Coordina: Gian Mario Benzing

In collaborazione con ViviMilano

Ingresso con prenotazione con il coupon in uscita sull’edizione di ViviMilano del 29 novembre 2023

Mercoledì 6 dicembre 2023, ore 18

Teatro alla Scala, Ridotto dei palchi “Arturo Toscanini”

LE VANITA’ DEL MONDO

Le seduzioni della moda nel Don Carlo di Verdi

Franca Squarciapino incontra Fabiana Giacomotti e Mattia Palma

In collaborazione con Il Foglio quotidiano e Bellavista

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Il Comune di Milano rinnova la collaborazione con il Teatro alla Scala, Edison e Rai per il calendario di Prima Diffusa, il cui programma sarà presentato successivamente. 

Anna Netrebko al Teatro di San Carlo accompagnata al pianoforte da Pavel Nebolsin.

In programma un recital di romanze russe

Venerdì 13 ottobre ore 19

Teatro San Carlo 11.10.2023 – La Stagione di Concerti 2022/2023 giunge ad uno degli appuntamenti più attesi con il recital di Anna Netrebko, in programma venerdì 13 ottobre alle ore 19.

La diva della lirica torna al Teatro di San Carlo dopo l’acclamato concerto dello scorso anno per i cento anni dalla nascita di Maria Callas,accompagnata in        questa occasione al pianoforte daPavel Nebolsin.

Anna Netrebko propone al pubblico napoletano una antologia di alcune delle più belle arie e romanze del repertorio classico dei compositori russi Nikolaj Rimskij‑Korsakov, Sergej Rachmaninov e  Pëtr Il’ič Čajkovskij.

Riconosciuta come “Primadonna del 21º secolo”, Anna Netrebko è la prima artista di musica classica nominata nella lista annuale della rivista “Time” delle 100 persone più influenti del mondo.

Nelle esibizioni dal vivo come nelle numerose registrazioni pluripremiate, i suoi ritratti delle eroine più iconiche dell’opera dimostrano una notevole varietà e sensibilità artistica.

Le sue interpretazioni spaziano dalle opere di Mozart, capolavori del Belcanto (tra cui La sonnambula di Bellini e Anna Bolena di Donizetti), chefs‑d’œuvre francesi (Manon di Massenet e Roméo et Juliette di Gounod), Puccini (da La bohème a Turandot), Verdi (da La traviata ad Aida e Macbeth), Verismo (Andrea Chénier di Giordano e Adriana Lecouvreur di Cilea), Čajkovskij (da Iolanta a Evgenij Onegin), Lohengrin di Wagner e molto altro.

Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti Anna Netrebko vanta tre nomination ai Grammy Award, il Bambi Award tedesco e i Brit Awards classici del Regno Unito come “Cantante dell’anno” e “Artista femminile dell’anno.

Pavel Nebolsin, nato in una famiglia di musicisti, è vincitore del Young Soloists Festival e della Classic Heritage International Competition. Si è laureato alla Gnessin State Academy of Music nel 2008 e ha preso parte a masterclass tenute da rinomati musicisti ed educatori musicali come George Darden (Metropolitan Opera), Lubov Orfenova, Antonello Allemandi, Eugene Nesterenko, Irina Bogacheva, Laura Claycomb, Richard Bado e molti altri. Ha lavorato e suonato con direttori come Rozhdestvensky, Sinaisky, Sagripanti, Mazzola, Korchak. Dal 2017 lavora regolarmente con Yusif Eyvazov e Anna Netrebko come music coach e accompagnatore esibendosi a Dubai, Monaco, Düsseldorf, Francoforte e Amburgo.

Guida all’Ascolto

L’esplosione artistica russa tra Otto e Novecento di Fausto Malcovati

La Russia, un bel mistero.

Tace per secoli, immersa in un sonno che sembra non abbia fine, mentre l’Europa zampilla di geni in tutte le arti.

Non va dimenticato che la scrittura arriva alle tribù nomadi delle steppe solo nel IX secolo dopo Cristo, e i primi timidi segni di una letteratura compaiono nel XII, quando noi avevamo Dante.

Dunque, secoli di silenzio.

Poi, d’improvviso, un’esplosione. Il XIX secolo è il secolo russo: uno dopo l’altro Puškin e Dostoevskij, Čajkovskij e Musorgskij, Tolstoj e Turgenev.

Romanzi, poemi, opere liriche, sinfonie, tutto si intreccia in un magma tumultuoso, incredibile, geniale.

Ma davvero un sonno così lungo? Non è proprio così. C’è un patrimonio popolare sotterraneo, ricchissimo, formidabile che rimane per secoli anonimo, sconosciuto. Le tribù, una volta stabilitesi in villaggi, si radunano, creano, inventano. Leggende, fiabe, ballate, canti rituali, cicli di epopee: nessuno ne sa nulla di quel tesoro fino alla fine del XVIII secolo, quando alcuni studiosi di folklore partono da Pietroburgo, vanno nelle lontane campagne, nei villaggi sperduti, esplorano, raccolgono, studiano, registrano quanto è rimasto di quel fantastico patrimonio, affidato fino allora all’oralità. Una scoperta clamorosa, che elettrizza la giovane letteratura, la giovane musica: a quelle radici bisogna risalire, a quei canti, a quelle ballate, a quelle fiabe bisogna ricongiungersi. E la musica colta, fin dagli esordi ai primi anni dell’Ottocento, attinge avidamente a quelle radici e contemporaneamente si nutre di letteratura e di poesia contemporanea. Glinka mette in musica il poema di Puškin Ruslan e Ljudmila, ispirato alle leggende ascoltate da bambino, Dargomyžskij scrive Rusalka, altro personaggio del folklore popolare. E la romanza, dove i versi si modulano sulle note, dove l’afflato lirico trova eco nella melodia, diventa uno dei generi più frequentati e più amati da tutti i compositori, da Glinka a Šostakovič. Non a caso Anna Netrebko ne ha scelto un’antologia per il suo concerto, tra le più note e famose.

Ma veniamo ai compositori.

Rimskij‑Korsakov è il decano, anche se nasce quattro anni dopo Čajkovskij: è il più longevo tra i colleghi, muore a sessantaquattro anni, tutti gli altri muoiono prima, Musorgskij a quarantadue, Čajkovskij a cinquantatré. Rachmaninov è un caso a parte, lascia la Russia nel 1918 subito dopo la rivoluzione, emigra e vive il resto della sua vita in America, dove muore a settant’anni. Una cosa curiosa va ricordata subito: se non si è molto ricchi di famiglia (come Rachmaninov, ma anche Turgenev, Tolstoj) non c’è possibilità di mantenersi con professioni “liberali” (musicisti, romanzieri, poeti) nella Russia di fine Ottocento. I diritti d’autore, siano letterari o musicali, vengono molto più tardi. Così Rimskij, come Musorgskij, è un militare di carriera in marina e per alcuni anni naviga intorno al mondo, Borodin è chimico, Čajkovskij è avvocato, fino a che la generosa baronessa von Meck, sua ammiratrice incondizionata, non decide di passargli per tredici anni una lauta pensione che gli permette di non preoccuparsi del pane quotidiano.

Rimskij, quando decide di dedicarsi in modo serio alla composizione, ha la fortuna di incontrare Milij Balakirev, guru del cosiddetto “gruppo dei cinque”, o “gruppo potente”: giovani alle prime armi, ancora acerbi ma entusiasti, appassionati. A loro trasmette la sua passione per l’autentica musica popolare russa, li spinge a non imitare l’Occidente, a trovare originalità e forza nelle proprie radici. Così Rimskij mette in cantiere un’opera, Sadko, tratta da un’antica leggenda marinara, decide di convivere con Musorgskij, anche lui allievo di Balakirev, nello stesso appartamento dove tuttavia c’è un solo pianoforte: così fino alle 12 lavora Rimskij, dalle 12 Musorgskij. Per Sadko lo aiuta Čajkovskij (che tuttavia non fa parte del “gruppo dei cinque”): gli fornisce parte del libretto e gli dà suggerimenti per la composizione. Dopo la leggenda, la prosa: Rimskij si appassiona a Gogol’, ai suoi racconti folkloristici, compone La notte di maggio, (qualche anno dopo proseguirà con La notte prima di Natale), dove di nuovo compare una rusalka, misteriosa creatura delle acque. Nel 1881 muore Musorgskij e Rimskij si dedica all’orchestrazione della incompiuta Chovanščina, sei anni dopo muore Borodin e Rimskij si assume il compito di completare Il principe Igor. L’ultima fase della vita di Rimskij è quasi interamente dedicata ad opere tratte da fiabe e leggende, si immerge nel passato russo, ne esalta la poesia, la leggerezza, l’ironia: La fanciulla di neve (da cui è tratta una delle romanze in programma), La leggenda dello zar Saltan, Il galletto d’oro, La leggenda della città invisibile di Kitež e della fanciulla Fevronija.

Čajkovskij è meno appassionato di folklore, privilegia la poesia e la prosa del grande Puškin, che adora: a lui deve le sue opere più famose, La dama di picche, Evgenij Onegin, Mazeppa. Miracolosa è la sintonia del compositore con il tono ironico, intenso, appassionato del poeta. Ma Čajkovskij è anche un prodigioso compositore di romanze, come dimostra la scelta di Anna Netrebko: non solo Puškin, anche poeti suoi contemporanei come Aleksej Tolstoj, Afanasij Fet, di cui coglie la delicata tessitura, la struggente malinconia.

Diverso il destino di Rachmaninov. Di trent’anni più giovane (nasce nel 1873), ha la fortuna di potersi dedicare alla musica senza preoccupazioni economiche. Pianista strepitoso fin dagli esordi, per tutta la vita alterna l’attività di esecutore a quella di direttore d’orchestra (spesso delle proprie composizioni). Esordisce con un’opera, che è anche il suo saggio di fine Conservatorio: Aleko, tratto dal poema di Puškin Gli zingari (Puškin, ancora Puškin, sempre Puškin), che ottiene le lodi di Čajkovskij (muore lo stesso anno). La sua celebrità di pianista gli permette tournées in Europa e in America, allo scoppio della rivoluzione del 1918 fugge con la famiglia prima in Svezia poi in America, dove si stabilisce e continua la sua attività di compositore e concertista. In Russia non tornerà più. Ma il distacco definitivo dalla sua terra è un dolore che non si spegnerà fino alla morte. Ne sono testimonianza le romanze scelte nel programma.

Vive con una nostalgia talora straziante per tutto ciò che ha lasciato per sempre. Tracce indelebili, radici profonde, legami inestirpabili.

La Russia è un bel mistero.

Teatro di San Carlo 
venerdì 13 ottobre 2023, ore 19:00

ANNA NETREBKO

Soprano | Anna Netrebko
Pianoforte | Pavel Nebolsin

Nikolaj  Rimskij‑Korsakov
O chem v tishi nochey, op. 40, no. 3
Ne veter, veya s vysoty, op. 43, no. 2
Zvonche zhavoronka penye, op. 43, no. 1
Na kholmakh Gruzii, op. 3, no. 4
V zarstvo rozy i vina, op. 8, no. 5
Pesnya Zyuleyki, op. 26, no. 4
Plenivshis’ rozoj, solovey, op. 2, no. 2
Hymn to the sun from Le Coq d’or
Finale (The Melting Scene) from The Snow Maiden
Nimfa, op. 56, no. 1
Son v letnyuyu noch, op. 56, no. 2

Sergej Rachmaninov
U moyego okna, op. 26, no. 10Oni otvechali, op. 21, no. 4
Son, op. 8, no. 5
Zdes’ khorosho, op. 21, no. 7
O, ne riday, moy Paolo


Pëtr Il’ič Čajkovski
To bilo ranneyu vesnoy, op. 38, no. 2
Zabyt tak skoro, TH 94
Nochi bezumnye, op. 60, no. 6
Serenada, op. 63, no. 6
Ya li v pole da ne travushka bïla? op. 47, no. 7
Zakatilos solnze op. 73, no. 4
Den’ li zarit op. 47, no. 6