86ºFestival del Maggio, venerdì 7 giugno 2024 alle ore 20, il maestro Daniele Gatti sul podio della Sala Mehta per un concerto sinfonico corale.  

In programma il “Salmo IX” di Goffredo Petrassi e la “Sinfonia n. 5” di Dmitrij Šostakovič.

Il concerto sarà trasmesso in differita su Rai Radio 3

Il direttore principale Daniele Gatti – impegnato il 6 e poi l’8 giugno con le ultime due recite di Tosca –  sale sul podio della Sala Mehta alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, venerdì 7 giugno alle ore 20, per un concerto sinfonico corale con un programma caratterizzato da una marcata impronta sacra e in linea con il cartellone del concerto inaugurale del 13 aprile, che propose  il Salmo 13 di Alexander Zemlinsky e con quello del concerto del 5 maggio con un altro brano di Petrassi, il Magnificat.  

In apertura del concerto del 7 giugno, infatti, un’altra composizione di Goffredo Petrassi, il Salmo IX, un ampio lavoro per coro, orchestra d’archi, ottoni, percussioni e due pianoforti nella quale Petrassi riunisce abilmente la lezione dei grandi polifonisti del passato con le innovazioni musicali del suo tempo. La scrittura del Salmo fu iniziata nell’ottobre 1934 e terminata due anni dopo.  

Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.

Così come per il concerto del 5 maggio, chiude il concerto una composizione di Dmitrij Šostakovič; in quest’occasione la Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 una delle composizioni più emblematiche e sofferte che il compositore pietroburghese compose fra l’aprile del 1937 e il luglio dello stesso anno; un periodo buio nel quale le repressioni di Stalin erano forti, anche su quella che era la vita artistica, culturale e musicale del paese. Šostakovičstesso fu aspramente criticato per lo stile della sua Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk e dunque l’essenza della sua Quinta Sinfonia è legata a doppio filo a quelle che sono le sue emozioni di quegli anni così complessi: una pagina musicale in cui la catastrofe è travestita da trionfo, e dove il più urlato dissenso si scambia per consenso alle orecchie incapaci di ascoltare.

Prima del concerto è proposta al pubblico la presentazione del programma: la guida si tiene nel Foyer della Sala Zubin Mehta 45 minuti circa prima dell’inizio del concerto.

Il programma:

Goffredo Petrassi 

Salmo IX per coro e orchestra

Compositore e didatta nato nel 1904, Goffredo Petrassi è stato una delle personalità più autorevoli del panorama musicale italiano della seconda metà del XX secolo. Cresciuto musicalmente tra le fila dei pueri cantores della Chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma, Petrassi ha la possibilità di conoscere e studiare le opere dei grandi maestri del Rinascimento e del Barocco italiani, che lasciano in lui un’impressione duratura. Dopo gli esordi in campo strumentale sotto il segno della corrente neoclassica, il compositore si cimenta in una serie di opere corali di ampio respiro, tra cui il Salmo IX, nelle quali riunisce abilmente la lezione dei grandi polifonisti del passato con le innovazioni musicali del suo tempo. Composto nel 1934, il Salmo IX è un ampio lavoro per coro, orchestra d’archi, ottoni, percussioni e due pianoforti. Influenzato parimenti dal modello stravinskijano della Sinfonia di salmi e dalla tradizione corale barocca, il brano si distingue per le ampie architetture polifoniche in cui dominano sonorità asciutte, talvolta spigolose, accompagnate da ritmi incisivi. La prima esecuzione fu diretta nel dicembre del 1936, a Torino, da Vittorio Gui.

Dmitrij Šostakovič

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47

Nel 1937 Dmitrij Šostakovič firma la Sinfonia n. 5, una delle sue composizioni più emblematiche e sofferte. L’anno precedente era stato duramente attaccato sulle colonne della «Pravda» e l’articolo che lo accusava di ‘formalismo’, ovvero autore di arte borghese nemica del popolo, aveva messo in pericolo la sua carriera e la sua stessa vita. In quel periodo Šostakovič aveva appena concluso la sperimentale e complessa Quarta sinfonia ma decise di non farla eseguire e di chiuderla in un cassetto, aspettando tempi migliori. In sostituzione compose la Quinta, un’opera stranamente apprezzata dal regime che non riconosce dietro ai pochi accenni di trionfalismo musicale l’atto di denuncia del compositore. L’ambiguo sottotitolo, ‘Risposta pratica di un compositore a una giusta critica’, fece pensare inizialmente a una resa dell’artista dinanzi alla stoccata inflittagli dal regime di Stalin ma nei quattro movimenti della Quinta Šostakovič, in realtà, non adotta un linguaggio retorico né popolare. Anni dopo, sarà lui stesso a chiarire come il giubilo riscontrabile nella Quinta fosse solo un connotato di facciata, l’ennesima e tragica maschera indossata per dare sfogo alla propria creatività in tempi dominati dalla paura e dal terrore.

La locandina:

GOFFREDO PETRASSI 

Salmo IX per coro e orchestra

DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47

Moderato / Allegretto / Largo / Allegro ma non troppo

Direttore

Daniele Gatti 


Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino 

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Prezzi:

Settore D: 20€

Settore C: 35€

Settore B: 50€

Settore A: 70€ 

Durata complessiva 1 ora e 25 minuti circa (più intervallo)

Daniele Gatti dirige la Nona Sinfonia di Mahler

Tutto esaurito per il Maestro milanese sul podio della Filarmonica della Scala

il 22, 24 e 27 aprile nell’ambito della Stagione Sinfonica del Teatro,

ma l’ultimo concerto sarà visibile anche sulla piattaforma LaScalaTv.

Proprio con questa pagina Gatti aveva debuttato con la Filarmonica nel 2006.

Lunedì 22 aprile (repliche mercoledì 24 e sabato 27) Daniele Gatti dirige la Sinfonia n° 9 di Gustav Mahler nell’ambito della Stagione Sinfonica del Teatro alla Scala. I tre concerti sono prossimi al tutto esaurito ma la serata del 27 sarà trasmessa in diretta sulla piattaforma LaScalaTv.

Il Maestro milanese è il nuovo Direttore principale della Staatskapelle di Dresda. Ad agosto inaugurerà la stagione dell’Orchestra sassone con la quale sarà poi in tournée anche in Italia. A settembre aprirà inoltre la stagione dei Wiener Philharmoniker al Musikverein di Vienna e sarà in tournée con loro nelle principali città europee. È Direttore principale del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e Consulente artistico della Mahler Chamber Orchestra. Nell’estate 2025 tornerà al Festival di Bayreuth per la nuova produzione dei Meistersinger von Nürnberg. Alla Scala Daniele Gatti, il cui nome è stato proposto dal Consiglio di amministrazione per la Direzione Musicale del Teatro dalla Stagione 2026/2027, ha debuttato alla Scala nel 1989 con L’occasione fa il ladro di Gioachino Rossini cui hanno fatto seguito Tancredi, sempre di Rossini, nel 1993, Lohengrin di Wagner nel 2007, Wozzeck di Berg nel 2008, Don Carlo di Verdi per l’inaugurazione della Stagione 2008/2009, Lulu di Berg nel 2010, La traviata di Verdi per l’inaugurazione della Stagione 2013/2014, Falstaff nel 2015 e Die Meistersinger von Nürnberg nel 2017, oltre a numerosi concerti in sede e in tournée. 

Gatti e Mahler alla Scala

Proprio con la Nona, accostata all’Incantesimo del Venerdì Santo dal Parsifal di Wagner, Gatti aveva debuttato sul podio della Filarmonica nel 2006, primo esempio di una predilezione mahleriana che sarebbe stata ribadita, dalla Sesta nel 2008, dai 5 Lieder con la Mahler Chamber e Matthias Goerne per il concerto celebrativo dei 150 anni della Società del Quartetto nel 2013, dalla Seconda “Resurrezione” nel 2017, dalla Quarta con l’Orchestra di Santa Cecilia e Chen Reiss nel 2021, dalla Terza con Elīna Garanča nel 2022 e dalla Prima l’anno scorso con la Gustav Mahler Jugendorchester.

La Stagione Sinfonica

La Stagione Sinfonica presenta importanti direttori e produzioni che spesso prevedono il coinvolgimento del Coro diretto da Alberto Malazzi: dopo l’apertura con il Direttore Musicale Riccardo Chailly che ha diretto i Quattro pezzi sacri di Verdi, lo scorso gennaio Ingo Metzmacher ha ricordato Luigi Nono nel centenario della nascita con Como una ola di fuerza y luz e in febbraio Lorenzo Viotti ha accostato Rimskij-Korsakov, Ravel e Rachmaninov. La Stagione prosegue con Riccardo Chailly dal 27 maggio con un programma dedicato alla Seconda Scuola di Vienna, mentre Thomas Guggeis dirigerà dal 29 giugno il Requiem di Mozart e dal 13 settembre di nuovo Chailly i maestosi Gurre-Lieder di Arnold Schönberg.

Stagione Sinfonica 2023/2024

Lunedì 22 aprile 2024 ore 20 – turno A

Mercoledì 24 aprile 2024 ore 20 – turno B

Sabato 27 aprile 2024 ore 20 – turno C

FILARMONICA DELLA SCALA

DANIELE GATTI, direttore

Gustav Mahler
Sinfonia n. 9 in re magg.

Prezzi: da 110 a 18 euro

Infotel 02 72 00 37 44

Concerto sinfonico diretto dal maestro Daniele Gatti, sul podio della Sala Mehta, sabato 16 marzo 2024 alle ore 20

In programma, composizioni di Franz Joseph Haydn, Paul Hindemith e Richard Wagner.

Il concerto sarà trasmesso in differita su Rai Radio 3

Ad appena ventiquattr’ore di distanza dalla prima del Don Pasquale di Gaetano Donizetti, in programma il 15 marzo in Sala Grande, il maestro Daniele Gatti, insieme all’Orchestra del Maggio, si ‘trasferisce’ in Sala Zubin Mehta per il concerto sinfonico previsto per sabato 16 marzo alle ore 20.

Sui leggii dell’Orchestra un programma che abbraccia quasi due secoli di musica: in apertura una delle più conosciute composizioni di Franz Joseph Haydn, la Sinfonia n. 44 in mi minore, nota come Trauer-Symphonie (Sinfonia funebre), composta intorno agli inizi degli anni ’70 del 1700 e pensata in primo luogo alle esecuzioni nelle sfarzose dimore dei principi Esterházy, della cui orchestra Haydn era maestro di cappella. Il sottotitolo Trauer-Symphonie, con cui oggi è conosciuta, non è però autografo, in quanto è stato probabilmente aggiunto tempo dopo l’epoca di composizione della sinfonia; secondo alcuni deriva forse da una volontà espressa dallo compositore di volerla eseguita durante il suo funerale. 

Segue la suite Nobilissima visione, di Paul Hindemith: l’ispirazione venne al compositore di Hanau nel periodo in cui egli era proprio a Firenze, dove rimase profondamente colpito dagli affreschi di Giotto nella Chiesa di Santa Croce, in particolar modo da quelli raffiguranti San Francesco d’Assisi. Nobilissima visione, che nasce come balletto, andò in scena per la prima volta a Londra nell’estate del 1938: subito Hindemith ne estrasse la suite che fu presentata a Venezia, diretta dallo stesso compositore, nel settembre dello stesso anno. 

Chiude il concerto Karfreitagszauber (L’incantesimo del Venerdì Santo) – un affresco musicale che descrive il risveglio della natura con il primo sole della mattina – ed estratto dal Parsifal, ultimo capolavoro di Richard Wagner andato in scena per la prima volta nel luglio del 1882 al Festival di Bayreuth diretto da Hermann Levi ma rimasto inedito negli altri teatri europei fino all’alba del 1914.

Il prossimo appuntamento sinfonico del maestro Daniele Gatti è invece in cartellone per il 13 aprile 2024, con il concerto inaugurale dell’86°Festival del Maggio Musicale Fiorentino, che vedrà fra i protagonisti Sara Blanch (anche lei impegnata nelle recite del Don Pasquale di questi giorni) insieme all’Orchestra e al Coro del Maggio. 

Il programma:

Franz Joseph Haydn

Sinfonia n. 44 in mi minore Trauer-Symphonie (Sinfonia funebre), Hob:I:44

Tra il 1767 e il 1772 Haydn realizzò un gruppo di composizioni particolarmente affini alle istanze coeve dello Sturm und Drang in cui sperimentòformule e tecniche espressive del tutto nuove. La Sinfonia n. 44 in mi minore fu completata nel 1772 ed è tra le più note del gruppo anche in virtù dell’appellativo apocrifo di Trauer-Symphonie (Sinfonia funebre) probabilmente collegato a un desiderio espresso dallo stesso Haydn. Pare infatti che il compositore, molti anni dopo aver composto la Sinfonia in mi minore, avesse dichiarato di apprezzarne così tanto l’Adagio da volere che venisse eseguito ai suoi funerali, cosa che tuttavia non avvenne. Nonostante non vi sia niente di lugubre in quest’opera, è altresì innegabile il suo carattere serio e impegnato dovuto tanto alla tonalità minore, sfruttata in tutte le sue potenzialità espressive, quanto alle melodie di particolare impatto impiegate da Haydn, come il mirabile canto affidato ai violini in sordina nel già citato Adagio, o i temi carichi di pathos e concitazione che innervano il primo e il quarto movimento.

Paul Hindemith

Nobilissima visione, suite

Nato nel 1938 dalla collaborazione con il coreografo Léonide Massine, il balletto Nobilissima visione di Paul Hindemith vide la luce in pieno regime nazista e fu l’ultimo lavoro del compositore prima della sua partenza definitiva dalla Germania. L’anno precedente Hindemith era rimasto folgorato dal ciclo di affreschi giotteschi sulla vita di San Francesco nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Da lì l’idea, maturata con il coreografo, di farne un balletto; il titolo si riferisce infatti alla visione delle tre donne – Umiltà, Castità e Povertà – che cambiano radicalmente la vita di Francesco. Dopo il debutto a Londra il 21 luglio 1938, l’autore decise di estrapolare cinque numeri dalla partitura originaria per farne una suite che lui stesso presentò in prima esecuzione a Venezia il 13 settembre 1938. La suite orchestrale è suddivisa in tre macro sezioni in cui, pur non rispettando l’originaria successione narrativa, Hindemith mantiene una perfetta coerenza espressiva: dalle meditabonde melodie della prima sezione in cui si descrive il santo nel suo ritiro sui monti dopo aver scelto la via del Signore, al ritmo di marcia militare che descrive la vita di Francesco prima della conversione e il lirismo che sottolinea l’incontro con le tre donne nella seconda parte, fino alla conclusione della terza sezione – Laudes creaturarum – costruita su una grandiosa passacaglia con venti variazioni.

Richard Wagner

Da Parsifal: “Incantesimo del Venerdì Santo” (atto III)

Tenuto a battesimo da Hermann Levi al Festival di Bayreuth il 26 luglio del 1882, Parsifal è l’ultimodramma musicale di Richard Wagner. Nel mito medievale di Parsifal, cavaliere della Tavola Rotonda votato alla ricerca del Santo Graal, si ritrovano temi particolarmente congeniali alla poetica wagneriana. Il Parsifal di Wagner, il ‘puro folle’ perché inizialmente inconsapevole del proprio destino, è l’eletto alla conservazione e difesa della santa reliquia. Ma la via che porta alla rivelazione è lunga e disseminata di ostacoli e tentazioni. Dopo aver affrontato e sconfitto il mago Klingsor, rappresentante del mondo del Male, e riconquistato la Sacra lancia della salvezza, Parsifal vaga senza meta per un tempo indefinito, in un cammino di trasformazione spirituale. Temprato dalla sofferenza e spinto dalla fede, all’inizio del terzo e ultimo atto, giunge finalmente al castello di Montsalvat, tempio dei cavalieri del Graal. Ma il tempo della redenzione è ormai vicino e dopo il rito dell’investitura e della benedizione impartita dall’anziano cavaliere Gurnemanz, Parsifal si avvia al castello. Risuona in orchestra l’Incantesimo del Venerdì Santo, un pannello sonoro di elegiaca bellezza che descrive il risveglio della Natura ai primi raggi del sole mattutino. Nell’avvolgente melodia degli archi fluttuano dolcemente le sonorità dei legni e risuonano come echi di giubilo in lontananza gli squilli degli ottoni: è il benevolo presagio della rinascita e della salvazione finale. 

La locandina:

FRANZ JOSEPH HAYDN

Sinfonia in mi minore Hob. I: 44 Trauer-Symphonie

Allegro con brio / Minuetto (Canon in Diapason) / Adagio / Finale: Presto

PAUL HINDEMITH

Nobilissima visione, Suite per orchestra dal balletto omonimo

Introduzione e Rondò: Sehr langsam. Mässig schnell. Marcia e Pastorale:

Lebhaft. Lebhaft. Langsam. Pastorale.Koda. Passacaglia: Feierlich bewegt. Sehr

Betont

RICHARD WAGNER

Da Parsifal

Karfreitagszauber (Incantesimo del Venerdì Santo), Atto III

Direttore

Daniele Gatti 


Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino 

Prezzi:

Settore D: 20€; Settore C: 35€; Settore B: 50€; Settore A: 70€ —

Venerdì 15 marzo 2024, alle ore 20, prima recita di “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti.

L’opera, diretta dal maestro Daniele Gatti, è proposta con la storica regia di Jonathan Miller, ripresa in questa occasione da Stefania Grazioli.

In locandina Marco Filippo Romano come Don Pasquale; Markus Werba nella parte del Dottor Malatesta; Sara Blanch è Norina; Yijie Shi interpreta Ernesto mentre Oronzo D’Urso veste i panni di Un notaro.

La recita del 15 marzo 2024 sarà trasmessa in differita su Rai Radio 3

A poche settimane di distanza dall’inizio dell’86ª edizione del Festival del Maggio, venerdì 15 marzo alle ore 20, nella Sala Grande del Teatro, va in scena una delle più celebri opere di Gaetano Donizetti, il Don Pasquale. Lo spettacolo è proposto nello storico, e ormai celebre, allestimento di Jonathan Miller – ripreso da Stefania Grazioli – un doveroso tributo del Teatro a un grande regista e a un allestimento molto amato, fin da subito, da pubblico e critica che è stato poi messo in scena in diversi teatri europei: una grande casa di bambole in cui si svolgeranno tutte le disavventure dei protagonisti dell’opera. Sul podio il maestro Daniele Gatti, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, che affronta per la prima volta questo titolo restando fedele alle origini dell’opera (napoletane e francesi) e mettendone in risalto il linguaggio rossiniano.

Cinque le recite complessive: il 15, il 19 e il 23 marzo alle ore 20 e il 17 e 24 marzo alle ore 15:30.

Sul palcoscenico Marco Filippo Romano veste i panni del protagonista della vicenda, Don Pasquale, anziano e ricco settantenne e zio di Ernesto, interpretato da Yijie Shi, giovane innamorato della giovane vedova Norina, interpretata da Sara Blanch

Markus Werba, che torna al Maggio dopo le recite del Don Giovanni  e Falstaff nell’ambito dell’85° Festival del Maggio, veste i panni del Dottor Malatesta; Oronzo d’Urso, talento dell’Accademia del Maggio, è invece Un notaro. 

Chiudono il cast come Tre voci soliste due artisti del Coro del Maggio, Valeriia Matrosova e Massimiliano Esposito, e Carlo Cigni.

Sempre i talenti dell’Accademia del Maggio saranno i protagonisti della recita del 23 marzo: le parti di Norina, del Dottor Malatesta e di Ernesto saranno infatti interpretate rispettivamente da Nikoletta HertsakMatteo Mancini e Lorenzo Martelli.

In questo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino le scene e i costumi e le luci sono rispettivamente curati – come nell’edizione del 2001 e del 2011 – da Isabella Bywater e Jvan Morandi con le luci realizzate in questa occasione da Emanuele Agliati.

Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.

Mercoledì 13 marzo 2024, alle ore 17, nel Ridotto del Foyer di Galleria del Teatro del Maggio, Luca Zoppelli presenta l’opera; l’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Prima di ogni recita sono inoltre proposte al pubblico le presentazioni degli spettacoli, tenute da Katiuscia Manetta, Maddalena Bonechi e Marco Cosci: le guide si tengono nel Foyer della Sala Zubin Mehta o nel Foyer di Galleria della Sala Grande 45 minuti circa prima dell’inizio di ogni recita.

Sul podio della Sala Grande il maestro Daniele Gatti, che dirige l’opera di Donizetti per la prima volta nella sua carriera: “Ho colto al volo l’opportunità di affrontare per la prima volta il Don Pasquale, non avendola mai diretta ho avuto l’occasione di studiarla e di scoprirla e di ‘entrare’ così nel mondo del belcanto italiano, che nel corso della mia carriera ho toccato solo poche volte. Mi piace vedere quest’opera come un omaggio di Donizetti al teatro rossiniano buffo – mantenendo naturalmente l’impronta romantica tipica donizettiana – evidenziato da questo passaggio continuo tra un gesto affettivo di ricordo e uno sguardo sereno al genio di Rossini che scrive questo tipo di opere nei primi anni del XIX secolo: lo sentiamo in alcuni procedimenti armonici e l’uso di alcuni stereotipi tipici dell’opera buffa, con la sola differenza del recitativo, che in questo caso non è secco ma accompagnato. Inoltre ho la fortuna di avere un cast davvero eccellente ed è un grande piacere affrontare così per la prima volta questo titolo”.

Il Don Pasquale, in scena per la settima volta nel corso delle stagioni del Maggio, viene dunque proposto per la terza occasione nell’ormai storica regia firmata da Jonathan Miller nel settembre 2001, da subito accolta con grande calore dal pubblico e dalla critica; un allestimento portato inoltre con altrettanto successo a Milano, al Teatro alla Scala, alla Royal Albert Hall di Londra e all’Opera di Bilbao. Il grande regista londinese ambienta la vicenda nella casa di Don Pasquale, che è sì una dimora borghese settecentesca, ma pensata scenicamente come una grande casa delle bambole su tre piani, con ogni ambiente di essa curato e ben definito, dalla cucina al soggiorno fino alle camere da letto, mentre costumi e trucco rimarcano il carattere brioso dell’opera di Donizetti. 

“È un’opera in cui decisamente ne vedremo delle belle” ha sottolineato Stefania Grazioli, parlando dell’allestimento da lei ripreso di Jonathan Miller “Il Don Pasquale è la terza e ultima opera buffa di Gaetano Donizetti, che sappiamo essere stata una persona dotata di grande senso dell’umorismo; la vicenda – per quanto piena di momenti buffi e situazioni divertenti – non ha una comicità fine a sé stessa, bensì più profonda, con momenti anche malinconici. Il libretto è di altissimo livello, sia perché perfettamente connesso con la partitura sia perché riesce a bilanciare, proprio attraverso l’alternanza fra momenti divertenti e situazioni dal retrogusto più amaro. La regia di Miller, che fa capire in modo cristallino la sua grande sapienza teatrale, è ricca di gag davvero splendide ed è un grande onore e piacere riprendere questo allestimento, potendo contribuire con il lavoro svolto insieme al maestro Daniele Gatti e a tutto lo splendido cast di questa produzione”.

Marco Filippo Romano, che interpreta lo sfortunato protagonista della vicenda, Don Pasquale, torna al Maggio dopo le recite de L’elisir d’amore dell’estate del 2019: “Nonostante abbia già interpretato questo splendido ruolo all’estero, per me queste recite segnano il mio debutto come Don Pasquale in Italia; farlo qui al Teatro del Maggio, con questa straordinaria regia di Miller e insieme alla direzione del maestro Daniele Gatti – con cui ho la fortuna di collaborare per la prima volta – è assolutamente emozionante. Il vecchio Don Pasquale è senz’altro uno dei ‘principi’ dei ruoli buffi: nonostante questo non ha le tipiche caratteristiche, ad esempio, del buffo di stampo rossiniano; questa differenza, in Donizetti, la troviamo nelle frasi molto legate fra loro e da una malinconia spesso accentuata musicalmente o scenicamente. Con il protagonista dell’opera ci troviamo dunque davanti a un personaggio che, bensì sia vecchio, ha e sente nuovamente della vitalità dentro di sé, come sottolineato anche da alcuni passaggi musicali; egli, cercando di conquistare Norina, riscopre un sentimento che non aveva probabilmente da quando era giovane”.

La bella vedova Norina è interpretata da Sara Blanch, che sarà inoltre fra i protagonisti del concerto inaugurale diretto dal maestro Daniele Gatti dell’86°Festival del Maggio in programma il prossimo 13 aprile.

Parlando del personaggio di Norina, Sara Blanch ne ha sottolineato la grande forza e la grande indipendenza: “È una donna davvero capace, con esperienza nelle relazioni e che spesso prende l’iniziativa e credo che sia proprio lei in realtà il grande motore immobile della vicenda, che poi verrà orchestrata dal Dottor Malatesta: lei fa questo in risposta al fatto di sentire il suo amore con Ernesto ostacolato bruscamente da Don Pasquale. Ecco allora nascere in Norina questo grande spirito di ribellione davanti a questa ingiustizia e la necessità assoluta di cambiare lo stato della vicenda. Dal mio punto di vista trovo sia davvero interessante interpretare una parte del genere, perché permette di mostrare una donna con più sfumature; la rabbia per la vicenda con il vecchio Don Pasquale, i momenti di tenerezza con Ernesto e anche le tante situazioni in cui dimostra di avere anche una vena molto spiritosa: è davvero un personaggio completo”. 

Markus Werba, da poco protagonista come Leporello nel Don Giovanni, opera inaugurale dell’85°Festival del Maggio, e come Ford in Falstaff, nella medesima edizione del Festival, interpreta il Dottor Malatesta, colui che tesserà le trame della vicenda per far sì che, a spese del vecchio Don Pasquale, Norina ed Ernesto possano finalmente convolare a giuste nozze: “Il Dottor Malatesta è il vero e proprio deus ex machina della storia; infatti, nonostante sia proprio lui quello incaricato dal vecchio protagonista per trovargli una moglie, è molto legato a Ernesto è dunque ordisce le trame per ingannare Don Pasquale e far sì che il suo amico e Norina possano sposarsi. È infatti lui che suggerisce al protagonista di sposare sua sorella Sofronia (in realtà impersonata da Norina) facendogli credere che sia una giovane bella e pura appena uscita di convento. In questo modo, organizzando questo finto matrimonio, la vera Norina – sotto mentite spoglie – avrà modo di far davvero ‘impazzire’ Don Pasquale, facendogli spendere un sacco di soldi e progettando grandi feste, facendo chiamare sarti e gioiellieri e disdegnando le sue attenzioni affettuose”.

Yijie Shi, che torna sulle scene del Maggio dopo un’altra opera di Donizetti, la Lucia di Lammermoor del settembre 2015,veste i panni di Ernesto, il giovane innamorato di Norina: “è bellissimo poter tornare al Maggio, mi mancava moltissimo. La prima volta, credo, fu nel 2012 nel vecchio Teatro per “Il viaggio a Reims” di Rossini; le ultime, invece, nel 2014 (Falstaff) e Lucia di Lammermoor (2015) qui nel nuovo teatro. Sono davvero molto contento di essere tornato a Firenze (e in Europa) e ringrazio tantissimo il teatro”. Oronzo D’Urso, da poco fra i protagonisti de La principessa di gelo dello scorso febbraio, interpreta Un notaro.Chiudono la compagnia di canto due artisti del Coro del Maggio – Valeriia Matrosova e Massimiliano Esposito – e Carlo Cigni.

L’opera:

Il libretto è scritto da Giovanni Ruffini (anche se firmato da Michele Accursi), ed è un rifacimento del libretto scritto da Angelo Anelli nel 1810 per Ser Marcantonio di Stefano Pavesi. È un dramma buffo certamente, ma Don Pasquale segna un punto di arrivo e uno di rottura per l’opera buffa siglato da Donizetti; è l’approdo di una tradizione comica italiana che percorre i secoli comunque né troppo farsesca né troppo comica, ed è l’opera nella quale la commedia si affaccia verso l’amarezza. È l’antica trama, da Donizetti articolata in tre concisi atti, del vecchio (Don Pasquale), economo e celibe, raggirato con l’offerta di una sposa ingenua, la vedova invece scaltra e maliziosa che ama riamata il nipote di Don Pasquale. Equivoci e travestimenti, metamorfosi, spese, finte nozze, simulati tradimenti e insulti per far sì che il vecchio maledica le sue nozze fino a che, scoperta la verità dell’architettura a suo danno, non si rassegna a benedire le nozze tra i giovani. Il libretto, nella definizione drammaturgica offerta dalla musica di Donizetti, è un modello d’efficienza e di eleganza: un prontuario ben congegnato di situazioni comiche ritmate dall’intuito teatrale malizioso e attuale. 

La locandina

DON PASQUALE

di Gaetano Donizetti

Dramma buffo in tre atti

Libretto di M. A. (Michele Accursi),

Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti da Angelo Anelli 

Edizione Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Roca Baton, Florida

— 

Direttore Daniele Gatti

Regia Jonathan Miller

ripresa da Stefania Grazioli

Scene e costumi Isabella Bywater

Luci Jvan MorandiRealizzate da Emanuele Agliati

— 

Don Pasquale Marco Filippo Romano

Dottor Malatesta Markus Werba/Matteo Mancini (23)

Ernesto Yijie Shi/Lorenzo Martelli (23)

Norina Sara Blanch/Nikoletta Hertsak (23)

Un notaro Oronzo D’Urso

Tre voci soliste Valeriia MatrosovaMassimiliano Esposito,Carlo Cigni

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro del Coro Lorenzo Fratini


In lingua originale
Con sopratitoli in italiano e inglese a cura di Prescott Studio, Firenze

Prezzi:

Visibilità limitata e ascolto: 15€

Galleria: 30€

Palchi: 40€

Platea 4: 50€ – Platea 3: 60€ – Platea 2: 75€ – Platea 1: 90€

Il direttore principale Daniele Gatti sul podio della Sala Mehta alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. 

Per la programmazione sinfonica della Stagione invernale del Maggio, sabato 20 e domenica 21 gennaio 2024, alle ore 20.

In cartellone le musiche di Arnold Schönberg, Richard Strauss e Richard Wagner.

Il concerto sarà trasmesso in differita su Rai Radio 3

Il maestro Daniele Gatti, direttore principale del Maggio, sul podio della Sala Mehta per il primo concerto sinfonico della stagione invernale. Sui leggii dell’Orchestra del Maggio – il 20 (in abbonamento)e 21 gennaio (fuori abbonamento) alle ore 20 – un programma che vede l’esecuzione di alcune fra le più conosciute composizioni della seconda metà del XIX secolo che riflettono in maniera esemplare la tempèrie musicale degli ultimi anni dell’800 e dei primi del ‘900 con il progressivo abbandono delle poetiche romantiche e tardo romantiche e l’apertura verso nuove dimensioni estetiche che condurranno ai successivi sviluppi della musica novecentesca.

Il concerto inizia proponendo Verklärte Nacht (Notte trasfigurata) di Arnold Schönberg, composta nel 1899 e ispirata dall’omonima poesia di Richard Dehmel; segue Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), breve poema per grande orchestra di Richard Strauss, dedicata all’amico Friedrich Rosch. In chiusura alla serata due brani musicali di Richard Wagner, entrambi estratti dal suo Tristan und IsoldeVorspiel und Liebestod, ossia il preludio e la morte di Isotta. 

In apertura Verklärte Nacht: fu la prima composizione di rilievo di Schönberg e fu ispirata da una poesia di Richard Dehmel, all’epoca considerato, soprattutto dal compositore stesso “[…] uno principali rappresentanti dello spirito del tempo nella poesia”: il testo narra la storia di una donna che confessa al suo amante di un figlio concepito con un altro uomo, mentre il terrore di perdere il suo amante l’assale. Ma l’uomo si dichiara pronto ad amare il bambino come se fosse suo; il testo, però, non è reso nella composizione attraverso il canto ma è invece reso come vero poema sinfonico, nato come musica da camera e senza le maestose risorse della grande orchestra del periodo romantico. 

Segue poi una delle composizioni più conosciute di Richard Strauss, Tod und Verklärung: il poema sinfonico parla dell’ultima notte di un artista, in punto di morte, che attende nel ricordo delle grandi parti della sua vita; avvicinandosi alla fine, l’uomo si rende conto che gli ideali per cui ha vissuto e combattuto troveranno una vera forma e un vero significato solo quando la sua anima troverà riposo. Come scritto da Strauss stesso in una lettera del 1894 indirizzata all’amico Friedrich von Hausegger: “Sei anni fa mi venne in mente l’idea di rappresentare musicalmente in un poema sinfonico i momenti che precedono la morte di un uomo, la cui vita fosse stata un continuo tendere ai supremi ideali: un tale uomo è per eccellenza l’artista”; questo concetto è condensato nella poesia di poesia di Alexander Ritter, amico del compositore, che accompagna la partitura.

Chiude la serata Vorspiel und Liebestod (Preludio e morte di Isotta), estratto da uno dei massimi capolavori operistici wagneriani, ossia il Tristan und Isolde: queste due pagine – che condensano il significato di tutta l’opera – ne riassumono anche le tensioni armoniche e furono ‘unite’ insieme da Wagner stesso.

Due brani che riescono in modo perfetto a delineare i caratteri dell’opera, che il genio di Lipsia scrisse ispirato da un altro capolavoro, ossia Il mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer, dove il filosofo sosteneva l’irrazionalità del reale e l’illusorietà del mondo che ci circonda che esiste solo come una proiezione della nostra mente: Wagner voleva dunque un’opera che raccontasse un amore idealizzato e trasfigurato, al punto da potersi realizzare solo nel “non essere”, nella morte, in modo struggente e sovratemporale, come un desiderio di annientamento.

Il concerto:

Arnold Schönberg

Verklärte Nacht 

Verklärte Nacht (Notte trasfigurata) è stata la prima grande composizione strumentale di Arnold Schönberg. Ispirata all’omonima poesia di Richard Dehmel, poeta simbolista particolarmente in voga tra i musicisti tedeschi all’inizio del ventesimo secolo, fu composta nel 1899 per sestetto d’archi e solo successivamente, nel 1917, fu trascritta dall’autore per orchestra d’archi. Seguendo la scia di Liszt e Richard Strauss, campioni nel genere del poema sinfonico, Schönberg volle declinare l’idea della musica a programma in ambito cameristico. La scelta originaria del sestetto di soli archi ben si adattava a tradurre con sonorità malinconiche, raccolte e notturne il contenuto della poesia di Dehmel. Articolata in cinque momenti, la poesia ritrae un uomo e una donna che nella notte camminano in un bosco spoglio illuminato solo dai pallidi raggi della luna. La donna nasconde un segreto: custodisce in grembo un figlio concepito con un altro uomo e mentre confessa la sua colpa il terrore di perdere il suo amante l’assale. Ma l’uomo, con nobili parole, si dichiara pronto ad amare il bambino di lei come fosse suo. L’amore, in armonia con la natura, trasfigurerà il bambino rendendolo figlio di entrambi. La pagina è caratterizzata da alcuni motivi trattati come idee fisse che Schönberg sottopone a un’elaborazione continua. Melodie cromatiche sempre più incalzanti si alternano a momenti di attesa improvvisi e misteriosi, fino al culmine espressivo finale che suggella l’unione delle due anime strette in un abbraccio.

Richard Strauss

Tod und Verklärung

Terzo poema sinfonico di Richard Strauss, Tod und Verklärung fu composto tra il 1888 e il 1889. In quell’occasione Strauss non si ispirò a un testo letterario ma descrisse il programma ideale dell’opera in una lettera indirizzata a un amico. Il compositore confidò di aver voluto rappresentare in un poema sinfonico gli ultimi istanti di vita di “un uomo che aveva aspirato alle più alte mete ideali, dunque di un artista”. In seguito fu l’amico compositore Alexander Ritter a dare veste letteraria al pensiero di Strauss realizzando una poesia che fu pubblicata insieme alla partitura in occasione delle prime esecuzioni dirette dal compositore ad Eisenach nel 1890 e a Weimar l’anno successivo. I momenti dell’agonia che precedono la morte dell’uomo sono ben sintetizzati dal ritmo sinistro e irregolare della sezione iniziale. Il cammino che dalla condizione mortale porterà alla solenne trasfigurazione finale è disseminato di ricordi, passioni e sogni tradotti in simboli e gesti musicali particolarmente significativi. Si susseguono flashback della giovinezza vissuta con febbrile eccitazione, slanci eroici che sfociano nell’esposizione del tema dell’ideale, punto nevralgico della partitura. La ricomparsa del ritmo pulsante delle terzine abbinato ai colpi funerei delle percussioni pone fine all’esistenza mortale dell’artista, ma subito dopo l’atmosfera cupa si dissolve; emerge una ripresa del tema dell’ideale che si fa largo nella tonalità luminosa e assertiva del do maggiore nel momento della trasfigurazione. 

Richard Wagner

Da Tristan und IsoldeVorspiel und Liebestod

Richard Wagner completò la stesura del Tristan und Isolde nel 1859. A partire dall’anno seguente, in occasione di una serie di concerti, pensò di accostare in un’unica pagina sinfonica i due brani strumentali che stanno all’inizio e alla fine dell’opera, rispettivamente Vorspiel und Liebestod. Si tratta dei due momenti più emblematici del dramma che ne rappresentano il significato più profondo. Nel Preludio sono concentrati tutti gli elementi che caratterizzano l’opera e danno voce alla passione d’amore drammatica e totalizzante dei protagonisti: l’inquietudine armonica con i continui cromatismi che si avviluppano uno dopo l’altro, i crescendo incessanti, la tensione della melodia infinita. Il conflitto tra Amore e Morte può risolversi solo nella trasfigurazione finale di Isolde che muore sul corpo esanime dell’amato con il passaggio a una forma diversa e più alta. Sotto il peso di un cromatismo esasperato, il suo canto conclusivo, simile a un estatico delirio, si arresta nel momento della trasfigurazione gloriosa e trionfante, siglata da una cadenza in tonalità maggiore.

La locandina

Arnold Schönberg

Verklärte Nacht

per orchestra d’archi op. 4a 

Grave/Animato/Poco allegro/Grave/Adagio/Più mosso, moderato/Adagio

Richard Strauss

Tod und Verklärung

Poema sinfonico op. 24

Richard Wagner

Da Tristan und Isolde:

Vorspiel und Liebestod

(Preludio e Morte di Isotta)

Direttore Daniele Gatti

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino 

Prezzi:

Settore D: 20€; Settore C: 35€; Settore B: 50€; Settore A: 70€

QUATTRO GRANDI ORCHESTRE TEDESCHE PER DANIELE GATTI TRA DRESDA, BERLINO, LIPSIA E MONACO

Primo appuntamento domenica 17 dicembre nella capitale della Sassonia 

Sächsische Staatskapelle Dresden a dicembre, Berliner Philharmoniker a gennaio, Gewandhausorchester Leipzig e Münchner Philharmoniker a febbraio. Daniele Gatti torna in Germania sul podio di quattro orchestre fra la più prestigiose nel panorama internazionale, tra dicembre 2023 a febbraio 2024. I concerti precedono di qualche mese l’inizio del suo impegno come nuovo Direttore principale della Staatskapelle di Dresda, mandato che entrerà in vigore dal 1° agosto 2024 e che lo vedrà impegnato nella capitale della Sassonia e in numerose tournée. 

Il primo appuntamento è proprio alla Semperoper di Dresda con la Staatskapelle domenica 17 dicembre. Il concerto prevede la Sinfonia n. 1 op. 38 di Robert Schumann, detta Primavera, scritta tra il gennaio e il febbraio del 1841 ed eseguita nel marzo dello stesso anno a Lipsia. Quando fu proposta per la prima volta nella capitale sassone, diciassette anni dopo, nel 1858, venne abbinata al balletto Die Geschöpfe des Prometheus (Le creature di Prometeo) op. 43 di Ludwig van Beethoven, del quale Gatti propone l’Ouverture. A completare il cartellone è l’Apollon Musagète di Igor Stravinskij, che la Staatskapelle accolse come direttore nel 1929. Il concerto viene replicato anche lunedì 18 e martedì 19 dicembre. Quest’ultimo è registrato e trasmesso sulla radio tedesca MDR Kultur e MDR Klassik dalle ore 20.

Il direttore milanese è poi impegnato con i Berliner Philharmoniker il 31 gennaio 2024, con repliche l’1 e il 2 febbraio. L’esecuzione del 2 febbraio verrà trasmessa in live streaming sulla Digital Concert Hall dell’orchestra (https://www.digitalconcerthall.com/en/concert/55051?c=true) e in differita il 3 febbraio sulla stessa piattaforma. Il cartellone è tutto dedicato al connubio tra amore e morte: si apre con Verklärte Nacht (Notte Trasfigurata) di Arnold Schönberg, nella sua revisione per orchestra d’archi del 1943. Si prosegue con Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione) op. 24 di Richard Strauss, del 1889. A chiudere la serata il Vorspiel (Preludio) e la Isoldes Liebestod (Morte di Isotta) da Tristan und Isolde di Richard Wagner.

I due compositori tedeschi sono protagonisti anche a Lipsia, dove Gatti dirige la Gewandhausorchester giovedì 8 e venerdì 9 febbraio 2024 in un programma dedicato all’idea dell’eroismo in musica. Il concerto prevede innanzitutto alcuni estratti dalla Götterdämmerung (Il crepuscolo degli dei) di Wagner e, a seguire, il poema sinfonico Ein Heldenleben (Vita d’eroe) op. 40 di Strauss.

A concludere il ciclo di appuntamenti tedeschi di Gatti sono due differenti concerti proposti con i Münchner Philharmoniker. Il primo, con la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, vede protagoniste le voci di Marina Rebeka (soprano), Okka von der Damerau (mezzosoprano), Francesco Meli (tenore) e Alex Esposito (basso), oltre a quelle del Philharmonischer Chor München preparato da Andreas Herrmann. Questo primo appuntamento è in programma sabato 24 febbraio, con replica il giorno seguente. Il secondo programma prevede invece la Sinfonia n. 7di Gustav Mahler nelle date di mercoledì 28 e giovedì 29 febbraio. Tutti i concerti monacensi si tengono presso la Isarphilharmonie, il moderno auditorium da quasi 2000 posti inaugurato nell’ottobre 2021 nel complesso del Gasteig HP8 e progettato dallo studio amburghese Gerkan, Marg and Partner (gmp).

Mercoledì 6 e giovedì 7 dicembre 2023 alle ore 20, in sala Mehta, il direttore principale Daniele Gatti sul podio per il quinto e ultimo appuntamento del ciclo sinfonico “Beethoven – Honegger e l’Europa”

In cartellone le composizioni di Ludwig van Beethoven, di Arthur Honegger e di Claude Debussy

Solista, al pianoforte, Benedetto Lupo

Orchestra e Coro del Maggio Musicale fiorentino

Ultima tappa al Maggio per il Ciclo Beethoven-Honegger e l’Europa, insieme al direttore principale Daniele Gatti che torna alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio – sempre in doppia serata – in Sala Mehta il 6 e 7 dicembre alle ore 20. In cartellone il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven; la rara Sinfonia n. 5 in re minore, conosciuta come Di tre Re di Arthur Honegger e il celebre trittico sinfonico per coro femminile e orchestra L 98, detto Nocturnes, di Claude Debussy. Al pianoforte – ad accompagnare il maestro Gatti – Benedetto Lupo, che torna al Maggio a distanza di oltre vent’anni dalla sua ultima esibizione, quando partecipò a un concerto con la direzione di Vladimir Jurowski, nel marzo del 2000.

Il maestro del Coro è Lorenzo Fratini.

Si chiude dunque il Ciclo dedicato a Ludwig van Beethoven, Arthur Honegger e l’Europa, che ha preso avvio alla fine del mese di settembre e ha proposto integralmente per la prima volta in Italia le cinque sinfonie di Arthur Honegger (delle quali sia la prima che la quarta mai eseguite prima d’ora a Firenze) accostandole

ai cinque concerti per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven e alle composizioni di alcuni fra i più importanti autori del XX secolo: Igor Stravinskij, Ottorino Respighi, John Ireland, Paul Hindemith e Claude Debussy.

“Ho desiderato comporre questo ciclo  – ha detto il maestro Gatti – con le 5 sinfonie di Honegger, con i 5 concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven e cinque compositori di 5 scuole: la russa, l’italiana, l’inglese, la tedesca, e la francese senza tenere conto di un “filo rosso verticale” che rappresentasse un comun denominatore tra i programmi. Bensì ho tenuto conto e rispettato la cifra distintiva del Maggio e della sua proposta artistica e quindi ho pensato a un percorso che avesse invece una linea orizzontale: nulla accomuna Honegger a Beethoven, questo è chiaro, ma a fianco di una proposta di sinfonie rarissime  –  penso alla Prima, alla Quarta e la Quinta che anche io non ho mai diretto  – abbiamo desiderato offrire una sorta di “controbilanciamento” al pubblico eseguendo i cinque concerti per pianoforte di Beethoven  – che sono più familiari – con cinque solisti italiani. Per completare il programma abbiamo scelto le composizioni di cinque autori di scuole diverse, proponendo oltre a ben note composizioni come quella di Stravinskij (L’uccello di fuoco, suite) nel primo concerto, o Fontane di Roma di Respighi nel secondo appuntamento, altre meno eseguite; dunque nel terzo abbiamo eseguito un brano di John Ireland, compositore inglese del Novecento meno noto al pubblico al contrario di Britten o Elgar, nel quarto concerto abbiamo chiuso la serata con un brano virtuosistico, forte e potente di Hindemith, Konzertmusik per archi e ottoni; nell’ultimo concerto  quello dei prossimi 6 e 7 dicembre eseguiremo con l’Orchestra e il Coro, Claude Debussy, uno dei miei autori francesi prediletti.”

L’ultima tappa del Ciclo si apre dunque con il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven: ultimato nel 1798 e pubblicato nel marzo del 1801 dall’editore viennese Mollo, fu dedicato ad una sua giovane allieva, Anna Luisa Barbara von Keglevich. Nonostante sia catalogato come n. 1, in realtà fu composto da Beethoven nel 1795 – anni dopo la scrittura del Secondo concerto per pianoforte e orchestra – avvenuta fra il 1787 e il 1789.

A fianco del maestro Gatti. Benedetto Lupo, che ha sottolineato la gioia di poter eseguire il pezzo con cui ebbe modo di debuttare ad appena 13 anni: “Come risaputo, il Concerto n. 1 in realtà non fu veramente il “primo” concerto per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven, perché all’epoca ne aveva già scritti due; fu però lo stesso autore a voler pubblicare il concerto in do maggiore come primo e a considerarlo in quel momento come il brano più affidabile per una sua definitiva affermazione come pianista virtuoso e compositore, tant’è che lo utilizzerà anche per altre esibizioni fuori Vienna. È un concerto che amo moltissimo, non solo perché è stato il primo concerto con cui ho debuttato a 13 anni, ma anche perché oggi più che mai percepisco con assoluta chiarezza il desiderio del giovane Beethoven di consolidare il suo successo, affermando senza indugi la sua enorme personalità ma partendo nel solco della migliore tradizione: questo mi sembra evidente sia nel primo tempo, dove accanto a un impianto assolutamente classico non mancano momenti d’inquietudine nello sviluppo; sia nella dolcezza del secondo tempo, la cui forma è già molto più complessa rispetto ai canoni dell’epoca e, per concludere, nell’umorismo dello splendido rondò, pieno di brio, di sorprendenti “turcherie” e di situazioni degne di un’opera buffa. Forse certe trovate del genio di Bonn potrebbero persino sembrare una captatio benevolentiae nei confronti del pubblico viennese di allora che notoriamente apprezzava l’opera buffa italiana. Esse però ci permettono di avvicinarci a un Beethoven talvolta meno presente nel nostro immaginario, catturando un frammento privo di quell’aria un po’ corrucciata presente a tratti in certe sue raffigurazioni, rendendoci l’immagine sonora di un giovane compositore energico e consapevole del suo gargantuesco talento; un talento magari per un attimo meno “metafisico” ma capace di giocare sin da subito alcune delle sue carte migliori, alternando instancabile vivacità ritmica a profondo lirismo e frizzante umorismo”.

Segue la Sinfonia n. 5 in re minore, detta anche Di tre Re,di Arthur Honegger: il nome lo si deve alla nota finale dei tre tempi di cui è costituita. Essa fu composta tra il settembre e il dicembre del 1950 e Honegger ne ricollega la nascita alle insonnie di cui soffriva. Egli scrisse numerosi abbozzi che, completati e uniti fra di loro, si sarebbero rivelati validi per la strumentazione come base di quella che è la sua ultima Sinfonia.

Chiudono la serata e il Ciclo i celeberrimi Nocturnes, trittico sinfonico per coro femminile e orchestra, di Claude Debussy: vennero composti tra il 1897 e il 1899 e si basano su poesie tratte dai Poèmes anciens et romanesques di Henri de Régnier. Parlando del suo lavoro e dei movimenti da cui è composto, l’autore stesso ebbe a dire: “[…] Non si tratta dunque della forma abituale del Notturno, ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari. Nuages: è l’aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco. Fétes: è il movimento, il ritmo danzante dell’atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l’episodio di un corteo che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale. Sirènes: è il mare e il suo ritmo innumerevole, poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene”.

Il concerto:

Ludwig van Beethoven

Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra

Dopo essersi trasferito a Vienna, Beethoven si impose all’attenzione del pubblico della capitale nella doppia veste di pianista e compositore. Da qui l’esigenza di comporre lavori pianistici per uso personale che avrebbero arricchito il suo repertorio in vista delle esibizioni pubbliche. Il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 fu composto tra il 1795 e il 1798 ma, nonostante il numero d’opus, in realtà non è il primo della serie per pure ragioni editoriali (l’autore all’epoca aveva infatti già composto il Concerto in si bemolle, il n. 2, che sarà pubblicato solo in seguito come op. 19). Il modello dichiarato di quest’opera è il concerto di tradizione classica con un primo movimento di carattere festoso e militaresco, un movimento centrale improntato al lirismo e un ultimo movimento caratterizzato da elementi folcloristici. Tuttavia nel Concerto in do maggiore sono già presenti alcuni tratti caratteristici dello stile beethoveniano riscontrabili nelle figurazioni ritmiche energiche e nei temi dal taglio netto e ben tornito dell’Allegro, nelle ampie volute melodiche e nelle modulazioni improvvise del Largo, così come nella robusta vitalità dei ritmi di danza popolare che animano il Rondò finale.

Arthur Honegger

Sinfonia n. 5 in re minore, Di tre Re 

La Sinfonia n. 5 di Honegger, realizzata nell’autunno del 1950, nacque in un periodo particolarmente difficile per il compositore. Due anni prima si era manifestata in tutta la sua gravità la patologia cardiaca che lo avrebbe portato alla morte nel 1955. Fiaccato nel corpo e nello spirito, Honegger era afflitto in quel periodo da insonnie continue e lugubri pensieri. Quelle “idées noires”, da lui così definite, avrebbero preso forma sul pentagramma alla stregua di abbozzi che sarebbero stati utilizzati in seguito come materiale per la sua ultima Sinfonia, la Quinta. La commissione dell’opera era giunta ancora una volta dall’amico e direttore Serge Koussevitzky (già ispiratore vent’anni prima della Sinfonia n.1 ) che aveva richiesto a Honegger una sinfonia da eseguire in memoria della moglie Nathalie. A dirigerne la prima esecuzione, il 9 marzo 1951, fu Charles Munch, succeduto nel frattempo a Koussevitzky nella carica di direttore musicale della Boston Symphony Orchestra. La Sinfonia n. 5 di Honegger, legata a doppio filo alla sua condizione esistenziale e dunque segnata da un carattere particolarmente drammatico, è nota per il curioso sottotitolo “Sinfonia di tre Re”. Come tenne a precisare l’autore , il sottotitolo non si riferiva a tre sovrani o ai tre magi ma più semplicemente alla nota re che viene ripetuta alla fine dei movimenti. Il primo tempo, Grave, si apre in fortissimo con un maestoso corale il cui disegno caratterizza l’intero movimento. Il secondo tempo, che insolitamente presenta la forma dello Scherzo, si divide tra una sezione principale giocosa e piuttosto movimentata e una sezione in Adagio di tono cupo, dominata dal timbro di violoncelli e ottoni. Il finale si apre con una pulsazione a note ribattute delle trombe ripresa subito dagli archi. Ne segue un discorso musicale veemente che ricorda il motorismo delle composizioni giovanili di Honegger e che, alla stregua di un moto perpetuo, prosegue imperterrito fino alla fine dove si spegne nei tre re di violoncelli e contrabbassi sussurrati in pianissimo.

Claude Debussy

Nocturnes,trittico sinfonico per coro femminile e orchestra L 98

Nel 1892 Debussy pensò di realizzare una composizione articolata in tre brani per violino e orchestra dal titolo Trois scènes au crepuscule. Il progetto però non fu portato a compimento e il materiale musicale già composto venne impiegato in un’altra partitura nata tra il 1897 e 1899: Nocturnes, trittico sinfonico per coro femminile e orchestra. A dispetto delle sue abitudini, fu lo stesso Debussy a chiarire il senso del titolo in un testo di presentazione: “Non si tratta della forma abituale del Notturno”, disse, “ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari.” Una musica che vive non solo nella dimensione del tempo ma anche nell’evocazione dello spazio, dove i frammenti tematici sono sottratti alle leggi della dialettica ma trattati piuttosto come macchie sonore. Così in Nuages, il primo dei brani, non vi è traccia di un percorso che segua una logica discorsiva. Il tema principale affidato al corno inglese, su un morbido tappeto d’accompagnamento di clarinetti e fagotti, non conosce sviluppo e suggerisce un trascolorare infinito proprio come il passaggio delle nuvole. In Fètes la musica ha un cambio di marcia: il ritmo si fa incalzante e il discorso assume l’aspetto di un flusso con continui mutamenti di direzione. Nell’ultimo brano che chiude il trittico, Sirènes, i vocalizzi del coro femminile evocano invece l’antico e seducente canto delle sirene su un accompagnamento orchestrale fluttuante e mutevole.

La locandina:

LUDWIG VAN BEETHOVEN

Concerto n. 1 in do maggiore op. 73 per pianoforte e orchestra

Allegro con brio / Largo / Rondò: Allegro scherzando

ARTHUR HONEGGER

Sinfonia n. 5 Di tre re H. 202

Grave / Allegretto. Adagio. Allegretto. Adagio. Allegretto / Allegro marcato

CLAUDE DEBUSSY

Nocturnes per coro femminile e orchestra

Nuages / Fêtes / Sirènes (con coro femminile)

Direttore Daniele Gatti
Pianoforte Benedetto Lupo

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino 

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Prezzi:

Settore D: 20€; Settore C: 35€; Settore B: 50€; Settore A: 70€

Domenica 3 dicembre 2023 alle ore 11, nella Sala Grande del Teatro del Maggio, un concerto di beneficenza del Maggio Fiorentino a favore dei territori toscani colpiti dall’alluvione

Il maestro Daniele Gatti, il Coro e l’Orchestra del Maggio rinunciano ai loro compensi

Daniele Gatti

Biglietti ( posto unico in tutta la sala) a 20euro  – 10euro per i giovani fino ai 18 anni.

Il Teatro del Maggio annuncia per domenica 3 dicembre alle ore 11, in Sala Grande del Teatro, un concerto sinfonico corale straordinario per raccogliere fondi da destinare ai territori toscani tragicamente e pesantemente colpiti dall’alluvione dell’inizio del mese di novembre.

Il programma offre al pubblico due composizioni di Ludwig van Beethoven Elegischer Gesang  (Canto elegiaco) Op. 118 e la Sinfonia n.7 in la maggiore, op 92.

Sul podio dell’ Orchestra e del Coro del Maggio, il maestro Daniele Gatti; maestro del coro Lorenzo Fratini.

Il maestro Gatti, il maestro Fratini, il Coro e l’Orchestra del Maggio per questa occasione così umanamente importante e di solidarietà, rinunciano ai loro compensi.

Per favorire la massima partecipazione e consentire un ricavo consistente da devolvere al territorio, i biglietti vengono offerti al pubblico al prezzo di 20 euro (posto unico in tutto il teatro) e di 10 euro per i giovani fino ai 18 anni ( posto unico in tutto il teatro).

Il primo componimento beethoveniano per Coro misto e Archi  – su testo anonimo – è un brano intimo, raccolto e soave molto espressivo che si rivolge a chi patisce per partecipare fraternamente al suo dolore.

La Sinfonia n.7 in la maggiore op. 92, composta fra il 1811 e il 1812, debuttò a Vienna l’8 dicembre del 1813 diretta dallo stesso autore in una serata musicale a beneficio dei soldati austriaci reduci dalla battaglia di Hanau. La composizione fu accolta favorevolmente dai viennesi a cui piacque soprattutto il secondo movimento, l’Allegretto, che venne addirittura bissato. Ritenuta a suo tempo, dai critici di allora, per alcuni aspetti stravagante e ai limiti dell’eccesso fu invece apprezzata da Richard Wagner, a cui va il merito di averne intuito da subito la vera essenza, che la definì «l’apoteosi della danza». In questa Sinfonia si sottolinea la dialettica tra luci e ombre e sboccia nel suo finale quando il dramma tra il male e il bene e stato risolto in favore del bene e della positività della vita.

Venerdì 17 e sabato 18 novembre 2023 alle ore 20, in sala Mehta, il direttore principale Daniele Gatti sul podio per il quarto appuntamento del ciclo sinfonico “Beethoven – Honegger e l’Europa”.
Daniele Gatti– Chiefconductor Royal Concertgebouw Orchestra. Photo: Marco Borggreve

In cartellone le composizioni di Ludwig van Beethoven, di Arthur Honegger e di Paul Hindemith.

Solista, al pianoforte, Andrea Lucchesini.

In foto : Andrea Lucchesini

Dopo il successo dei primi tre appuntamenti, continua al Maggio il Ciclo Beethoven-Honegger e l’Europa, insieme al direttore principale Daniele Gatti che torna alla guida dell’Orchestra del Maggio – sempre in doppia serata – in Sala Mehta, il 17 e 18 novembre alle ore 20. In cartellone il Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven, conosciuto anche con l’epiteto Imperatore; la Sinfonia n. 4, conosciuta come Deliciae Basilienses di Arthur Honegger e Konzertmusik per orchestra d’archi e ottoni op.50 di Paul Hindemith.

Al pianoforte, ad accompagnare il maestro Gatti, un musicista ‘di casa’ ormai al Teatro del Maggio: Andrea Lucchesini, che torna sul palcoscenico fiorentino a distanza di pochi mesi dall’ultima esibizione, avvenuta nell’ambito dello scorso 85°Festival del Maggio nel concerto tenuto insieme al maestro Zubin Mehta.

Apre la serata dunque una delle più celebri composizioni del repertorio concertistico di Ludwig van Beethoven, il Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73, conosciuto anche come Imperatore: fu composto, così come il precedente Concerto, in omaggio all’arciduca Rodolfo Giovanni d’Asburgo-Lorena fra il 1809 e il 1810. Il titolo di Imperatore, che ormai accompagna il Concerto, non è invece originale e sembra sia stato messo in circolazione compositore Johann Baptist Cramer: è in realtà un epiteto appropriato e può essere messo in relazione con la contemporanea occupazione di Vienna da parte dei francesi di Napoleone imperatore, oppure, più generalmente, per alcune analogie con la Sinfonia Eroica e la propensione alla costruzione grandiosa e solenne. Parlando della composizione del genio di Bonn e del suo ritorno al Maggio, il maestro Andrea Lucchesini ha sottolineato la felicità nel tornare a esibirsi al Maggio: “Sono molto felice di tornare a collaborare con l’Orchestra del Maggio e con un grande artista come Daniele Gatti, al quale mi lega un’antica amicizia, nata oltre trent’anni fa durante le tournée americane. In particolare mi fa molto piacere suonare con lui il Quinto Concerto di Beethoven, opera rivoluzionaria che ancora oggi ci sorprende per la sua magniloquenza e insieme per l’intensa dolcezza del lirismo, due aspetti sempre compresenti nella straordinaria personalità dell’ autore”.

Segue la Sinfonia n. 4, detta anche Deliciae Basilienses,di Arthur Honegger:fu composta da nel 1946, durante un soggiorno estivo trascorso nella tenuta di campagna dell’amico e direttore d’orchestra Paul Sacher, che già aveva commissionato ad Honegger la Sinfonia n. 2, con lo scopo di celebrare il ventesimo anniversario della Basler Kammerorchester. Il risultato fu una sinfonia che per forma e spirito “segue le orme di Haydn e di Mozart”, come ebbe modo di dichiarare il compositore che volle dare “un tessuto sonoro trasparente e quasi sempre lineare”. La Sinfonia n. 4 – la quale contiene citazioni musicali di due canzoni popolari della città di Basilea – si distingue dalle precedenti per un’atmosfera sonora limpida, una ‘ventata fresca’ dopo la paura che aveva caratterizzato le sinfonie realizzate negli anni del secondo conflitto mondiale.

In chiusura, Konzertmusik per orchestra d’archi e ottoni op.50 di Paul Hindemith: Serge Koussevitzky, direttore della Boston Symphony Orchestra, decise di festeggiare in grande stile il cinquantesimo anniversario della sua orchestra commissionando ai più noti compositori del tempo lavori da eseguire nel corso della stagione celebrativa del 1931. Furono coinvolti Igor Stravinskij, Maurice Ravel, Arthur Honegger (che compose la sua prima Sinfonia proprio per quest’occasione) e anche Paul Hindemith, che per l’occasione realizzò la Konzertmusik per archi e ottoni, eseguita il 3 aprile 1931 nella Boston Symphony Hall.

Il concerto:

Ludwig van Beethoven

Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73 per pianoforte e orchestra

Il più noto nonché ultimo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, il n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73, vide la luce nel 1809. Fu un anno particolare, pieno di inquietudini per le sorti di Vienna assediata dall’esercito napoleonico ma altresì fruttuoso sotto il profilo creativo; a quell’anno risalgono infatti pagine come il Quartetto op. 74, la Sesta Sinfonia e la Fantasia op. 80. Grandioso nei toni e nelle intenzioni, il Concerto n. 5 si meritò, non a torto, l’epiteto di Imperatore. In esso Beethoven aveva riversato tutte le esperienze pregresse maturate in campo concertistico amplificandone i contenuti. Nonostante serbi la struttura tradizionale con un un primo movimento di taglio militare, un secondo lirico e un finale brillante, il Concerto Imperatore si distingue per imponenza di suono, gesto magniloquente e aspirazione eroica. Dall’enfasi battagliera che anima l’Allegro iniziale, al pathos palpitante del solista accompagnato dagli archi in sordina nell’Adagio fino alla frenesia ritmica del Rondò conclusivo, tutto rimanda a un percorso musicale pieno di ardore e trasporto. Il concerto n. 5 fu presentato per la prima volta in pubblico al Gewandhaus di Lipsia il 28 novembre 1811 con Friedrich Schneider solista.

Arthur Honegger

Sinfonia n. 4, Deliciae Basilienses

La Sinfonia n. 4 fu composta da Arthur Honegger nel 1946 durante un soggiorno estivo trascorso nella tenuta di campagna di Paul Sacher. Il rapporto di stima e amicizia che legava Honegger a Sacher, direttore d’orchestra svizzero e mecenate di molti dei più noti compositori del XX secolo, risaliva alla fine degli anni Venti. Sacher aveva diretto a Basilea alcuni importanti lavori del compositore come Le Roi David, Cris du monde e la Sinfonia n. 2, e nel 1946, per celebrare il ventesimo anniversario della Basler Kammerorchester, commissionò a Honegger una nuova sinfonia, la Quarta appunto, sottotitolata Deliciae Basiliensis per il forte legame con il contesto in cui nacque e per le citazioni di alcuni canti popolari svizzeri contenute nella partitura. Una sinfonia che per forma e spirito “segue le orme di Haydn e di Mozart”, come dichiarò il compositore che scelse volutamente un “formato orchestrale da camera” per ottenere “un tessuto sonoro trasparente e quasi sempre lineare”. La Sinfonia n. 4 si distingue infatti dalle precedenti per l’atmosfera sonora più luminosa e rilassata, una boccata d’aria fresca dopo la malinconia e la tensione che avevano caratterizzato le sinfonie realizzate negli anni bellici. Honegger la considerava, al pari della Terza, la sua sinfonia preferita descrivendo in maniera dettagliata i tre movimenti che la compongono. Se il primo si apre con un’introduzione lenta in cui sono già presenti elementi tematici che verranno poi ripresi nell’Allegro dal tono leggero e giocoso, il movimento centrale – Larghetto – è basato, come dice l’autore, “sul vecchio canto popolare di Basilea Z’Basel an mym Rhy, citato per intero nella sua semplice forma originale verso la fine del movimento”. Il terzo e ultimo movimento presenta invece “una fantasiosa e complessa struttura polifonica nella quale le varie componenti gradualmente si sovrappongono. Lo schema formale contiene elementi di rondò, passacaglia e fuga.” Anche nel movimento finale Honegger impiega un canto popolare svizzero – Basler Morgenstreich – che emerge in primo piano all’apice della sovrapposizione polifonica. La sinfonia n. 4 fu tenuta a battesimo da Paul Sacher con la Basler Kammerorchester allo Stadttheater di Basilea il 21 gennaio del 1947.

Paul Hindemith

Konzertmusik per orchestra d’archi e ottoni op.50

Al cinquantesimo anniversario dalla fondazione della Boston Symphony Orchestra si deve la nascita di alcune importanti composizioni orchestrali del secolo scorso. Serge Koussevitzky, direttore della compagine americana, scelse infatti di festeggiare in grande stile la sua orchestra commissionando ai più noti compositori del tempo pagine sinfoniche da eseguire nel corso della stagione celebrativa nel 1931. Furono coinvolti Stravinskij, Ravel, Honegger e anche Paul Hindemith, che per l’occasione realizzò la Konzertmusik per archi e ottoni, eseguita il 3 aprile 1931 nella Boston Symphony Hall. La scelta dell’organico, con una poderosa sezione di ottoni (composta da quattro corni, tre trombe, tre tromboni e un basso tuba) contrapposta alla sola sezione degli archi, fu dettata dalla volontà di mettere in luce la maestosità sonora della famiglia degli ottoni e soprattutto la maestria degli esecutori dell’orchestra americana. Articolata in due parti, la Konzertmusik poggia su solide basi contrappuntistiche. Nella prima sezione prevale uno scattante dinamismo con le due famiglie orchestrali di ottoni e archi che si contrappongono esponendo materiali tematici opposti. Nella seconda parte, invece, è la polifonia a dettare legge: dopo il fugato iniziale si staglia leggero un inciso dei violini e della tromba di breve durata che cede il passo al ritorno di una fitta trama contrappuntistica.

La locandina:

LUDWIG VAN BEETHOVEN

Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73 per pianoforte e orchestra Imperatore

Allegro / Adagio un poco mosso / Rondò: Allegro

ARTHUR HONEGGER

Sinfonia n. 4 Deliciae Basiliensis H. 191
Lento e misterioso. Allegro. Lento. Allegro molto tranquillo / Larghetto /

Allegro. Adagio. Tempo I. Adagio. Allegro

PAUL HINDEMITH

Konzertmusik per archi e ottoni op. 50 Mäßig schnell, mit Kraft. Sehr breit, aber stets fließend /

Lebhaft. Langsam. Im ersten Zeitmaß

Direttore Daniele Gatti
Pianoforte Andrea Lucchesini

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Venerdì 6 e sabato 7 ottobre 2023 alle ore 20, in sala Mehta, il direttore principale Daniele Gatti sul podio per il secondo appuntamento del ciclo sinfonico “Beethoven – Honegger e l’Europa”.

In cartellone le composizioni di Ludwig van Beethoven,  di Arthur Honegger e Ottorino Respighi. 

Solista, al pianoforte, Enrico Pace.

Il direttore principale Daniele Gatti, a una settimana dal primo concerto del Ciclo Beethoven-Honegger e l’Europa, torna alla guida dell’Orchestra del Maggio per il secondo appuntamento in cartellone, sempre in doppia serata, in Sala Mehta, il 6 e 7 ottobre alle ore 20. Il programma del Ciclo, che include tutte le cinque sinfonie di Arthur Honegger – mai eseguite integralmente in Italia – prevede inoltre per ogni spettacolo l’esecuzione di uno dei cinque concerti per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven e le composizioni di alcuni fra i più importanti autori del XX secolo.

Sui leggii dell’Orchestra del Maggio, negli appuntamenti di venerdì 6 e sabato 7 ottobre, il Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven; la Sinfonia n. 2 in re maggiore di Arthur Honegger e il poema sinfonico di Ottorino Respighi Fontane di Roma, P 106. 
Solista al pianoforte Enrico Pace, fra i più apprezzati esecutori della sua generazione, che torna al Maggio dopo il concerto del dicembre 2014 diretto da Leonidas Kavakos.

 

In apertura al programma il Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven, scritto fra il fra il 1794 e il 1795 e dunque primo dei cinque concerti in ordine di composizione. Il concerto fu pensato per un’occasione importante e ben precisa, ovvero la serie di tre serate consecutive al Burgtheater nella quale il venticinquenne Beethoven fece il suo debutto come pianista e compositore di fronte al pubblico di Vienna; la prima esecuzione si tenne alla fine di marzo del 1795 al Burgtheater di Vienna con Antonio Salieri sul podio e Ludwig van Beethoven stesso al pianoforte.

Parlando del secondo concerto per pianoforte e orchestra, Enrico Pace ha sottolineato dell’importanza che questa composizione ebbe nel mostrare le doti di Beethoven: “Per Beethoven, all’epoca, si prospettava anche una luminosa carriera da esecutore, oltre che da compositore, e il Concerto n. 2 ne è un perfetto biglietto da visita. Si può notare come il genio di Bonn attinga in parte dalla tradizione Haydniana e Mozartiana, ma al contempo si notano anche le impressionanti ‘pennellate’ personali che Beethoven inserisce all’interno della composizione; in alcuni tratti sembra addirittura che si abbia a che fare con un Beethoven maturo”.

Segue la Sinfonia n. 2 in re maggiore di Arthur Honegger: fu composta oltre dieci anni dopo la Prima, tra la fine del 1940 e il 1941 e enorme fu l’influenza degli avvicendamenti politici e sociali che si susseguirono nell’Europa di quel decennio, dall’avvento di Hitler in Germania allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Tutto questo, come detto, influenzò anche la struttura della Seconda sinfonia del compositore – in assoluto fra i suoi lavori più conosciuti e apprezzati – che ebbe a dire, nell’ottobre del 1943, riguardo al suo lavoro. “Non ho cercato nessun programma, nessun concetto letterario o filosofico. Se questo lavoro suscita una certa emozione, il motivo è che questa musica ‘mi si è imposta’ in modo del tutto naturale. Perché esprimo i miei pensieri attraverso la musica, perfino senza esserne io stesso del tutto consapevole.” Così come evidenziato nel commento del musicologo Giuseppe Rossi all’interno del libretto di sala, la musica composta da Honegger negli anni della guerra è profondamente ancorata alla sua epoca, ma appartiene anche a una ‘dimensione senza tempo’ perché il suo arco espressivo di sofferenza e di fiducia nella vittoria dei valori morali assume un significato assoluto.

Chiude la serata una fra le più conosciute composizioni di Ottorino Respighi, il poema sinfonico Fontane di Roma, P 106: prima delle tre composizioni ispirate ai paesaggi e alle atmosfere romane, fu completata nell’ottobre del 1916. Cuore del poema sinfonico sono appunto quattro fontane romane, osservate in momenti diversi del giorno dall’alba al tramonto; come scrive Respighi: “considerate nell’ora in cui il loro carattere è più in armonia col paesaggio circostante o in cui la loro bellezza appare più suggestiva a chi le contempli”. 

La scheda del concerto

Ludwig van Beethoven 

Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra

Nonostante sia stato pubblicato come secondo, dopo l’op. 15, il Concerto in si bemolle maggiore op. 19 è stato in realtà il primo concerto composto da Beethoven dopo il suo trasferimento a Vienna. La prima versione, realizzata tra il 1794 e i primi mesi del 1795, fu presentata dall’autore in un concerto al Burgtheater con la direzione di Antonio Salieri. Tre anni dopo, in occasione di un’esecuzione a Praga, Beethoven vi apportò alcune modifiche, come la sostituzione dell’ultimo movimento, e in quella versione venne poi pubblicato nel 1801. All’epoca della pubblicazione Beethoven, che stava già lavorando al suo terzo concerto, ne prese le distanze vendendolo all’editore come una delle proprie opere, a suo dire, meno riuscite. Il suo giudizio sfavorevole ha pesato non poco sul destino di questo concerto, che tra i cinque è il meno eseguito. Il Concerto n. 2 op. 19 è indubbiamente debitore nei confronti del modello mozartiano, riscontrabile nell’equilibrio sonoro tra solista e orchestra e nel rispetto ossequioso della forma sonata nel primo movimento, ad esempio; tuttavia qua e là fanno già capolino alcuni elementi che diventeranno con il tempo tratti caratteristici beethoveniani come la condotta degli sviluppi, l’intensità del canto e un’energia ritmica nuova.

Arthur Honegger

Sinfonia n. 2 in re maggiore H. 153

La Sinfonia n. 2 fu commissionata a Honegger nel 1936 dal direttore Paul Sacher,  per celebrare il decimo anniversario della Basler Kammerorchester, da lui fondata. Ma il compositore, all’epoca impegnato in altri lavori, mise mano alla composizione della sinfonia solo quattro anni dopo, nel 1940 in pieno periodo bellico. L’opera, completata nell’ottobre 1941, fu eseguita per la prima volta il 18 maggio 1942 al Collegium Musicum di Zurigo per poi essere presentata a Parigi il 25 giugno dello stesso anno nell’ambito dei festeggiamenti per il cinquantesimo compleanno di Honegger. La Sinfonia è scritta per un’orchestra di soli archi con l’intervento ad libitum di una tromba nelle ultime battute del movimento finale. Una scelta, come spiegato dal compositore, dovuta alla necessità di controbilanciare il carattere cupo e desolante dei primi due movimenti e funzionale anche a sostenere la linea melodica del Corale che compare alla fine. Come nelle altre sinfonie, anche nella seconda si riscontrano alcuni elementi tipici del linguaggio sinfonico di Honegger come il rigore della forma e il denso contrappunto. Nel primo movimento, in forma-sonata, una melodia lamentosa affidata alla viola preannuncia quello che sarà il carattere dominante dell’opera. L’Adagio che segue mantiene intatte la drammaticità e la cupezza dell’inizio, impaginando un tema mesto e funereo su una fitta trama contrappuntistica. Solo nel movimento finale, Honegger sembra aprire uno spiraglio di speranza e un raggio di luce: dopo aver presentato più temi dal carattere contrastante ecco apparire un ultimo tema raddoppiato dalla tromba con il suo suono brillante.

Ottorino Respighi

Fontane di Roma, poema sinfonico, P 106 

Il poema sinfonico Fontane di Roma inaugura la Trilogia romana di Ottorino Respighi,il ciclo di tre partiture (con I pini di Roma e Feste romane) ispirato alla città eterna. Composto nel 1916, Fontane di Roma debuttò nella capitale l’11 marzo 1917 diretto da Antonio Guarnieri. Il mancato successo della serata lasciò l’amaro in bocca al compositore che venne ricompensato solo l’anno seguente, quando l’opera venne presentata alla Scala da Arturo Toscanini, incassando finalmente il consenso unanime di critica e pubblico. Al tempo Respighi aveva già alle spalle esperienze musicali di grande livello. Dopo molti anni trascorsi all’estero tra San Pietroburgo, Mosca e Berlino, dove oltre a lavorare come musicista era stato allievo di  Rimskij-Korsakov e di Max Bruch, nel 1913 Respighi si trasferì a Roma accettando l’incarico di docente di composizione all’Accademia di Santa Cecilia. La capitale lo stregò con la bellezza dei suoi monumenti barocchi e quelle immagini vennero tradotte in musica attraverso una scrittura dai colori smaglianti e dagli impasti timbrici mai scontati e innovativi. Fontane di Roma è articolato in quattro parti che confluiscono l’una nell’altra. Quattro delle più celebri fontane sono ritratte in altrettanti momenti della giornata. Ad aprire la partitura è La fontana di Valle Giulia all’alba, dove Respighiricrea un’atmosfera bucolica con il rumore sommesso delle gocce che si mescola al canto mattutino degli uccelli e al suono degli zampognari che accompagnano le greggi al pascolo. La fontana del Tritone al mattino è un tripudio di brillantezza sonora, tutta squilli di corni e trilli dell’orchestra.La fontana di Trevi al meriggio spicca invece per il tema solenne affidato agli ottoni che accompagna il passaggio del carro di Nettuno accompagnato da sirene e tritoni, mentre in chiusura La fontana di Villa Medici al tramonto ritrae il momento magico che precede la sera con i suoi suoni di natura: il fruscìo delle foglie, i rintocchi delle campane in lontananza, lo zampillare dell’acqua in sottofondo (arpa e celesta) che accompagna il canto nostalgico dei flauti e del corno inglese. 

La locandina

 
LUDWIG VAN BEETHOVEN 
Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra
Allegro con brio / Adagio / Rondò: Molto allegro 

ARTHUR HONEGGER 
Sinfonia n. 2 H. 153
Molto moderato. Allegro / Adagio mesto / Vivace non troppo. Presto 

OTTORINO RESPIGHI 
Fontane di Roma 
La fontana di Valle Giulia all’alba / La fontana del Tritone al mattino / La fontana di Trevi al meriggio / La fontana di Villa Medici al tramonto 

DirettoreDaniele Gatti
PianoforteEnrico Pace

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino 

Prezzi:

Settore D: 20 € – Settore C: 35 € – Settore B: 50 € – Settore A: 70 €