Un nuovo Ring per la Scala

Dal 28 ottobre Das Rheingold apre un nuovo ciclo a dieci anni dal precedente.

Regia di David McVicar, sul podio Simone Young per le prime tre rappresentazioni,

quindi dal 5 novembre Alexander Soddy. Michael Volle è Wotan.  

Diretta su LaScalaTv il 3 novembre.

Va in scena per sei rappresentazioni dal 28 ottobre al 10 novembre Das Rheingold, primo appuntamento con la nuova produzione del Ring des Nibelungen che proseguirà nel 2025 con Die Walküre (dal 5 al 23 febbraio) e Siegfried (dal 6 al 21 giugno) e nel 2026 con Götterdämmerung e due cicli completi. Sul podio si alternano Simone Young (28 e 31 ottobre, 3 novembre) e Alexander Soddy (5, 7 e 10 novembre).

Simone Young è una delle bacchette più autorevoli in questo repertorio: ha diretto la sua prima Tetralogia alla Staatsoper di Vienna nel 1999 ottenendo un successo confermato a Berlino, Amburgo e questa estate a Bayreuth, dove è stata la prima direttrice cui è stato affidato il Ring.

Alla Scala ha debuttato nel 2023 con Peter Grimes di Britten e Turangalîla di Messiaen.

Il quarantaduenne Alexander Soddy, Generalmusikdirektor a Mannheim dal 2026/17, dirige regolarmente al Metropolitan, al Covent Garden e alle Staatsoper di Monaco e di Berlino, dove ha diretto ben quattro titoli in questa stagione, e sta intensificando la sua presenza in Italia: nel 2025 è già in cartellone alla Scala con Così fan tutte e al Maggio Musicale con Macbeth e Salome.

Michael Volle vestirà i panni di Wotan nell’intero Ring: con lui in questo Prologo Ólafur Sigurdarson è Alberich, Wolfgang Ablinger-Sperrhacke è Mime, Norbert Ernst è Loge, Okka von der Damerau è Fricka, Olga Bezsmertna è Freia, Christa Mayer è Erda, Siyabonga Maqungo è Froh, Jongmin Park è Fasolt, Ain Anger è Fafner e Andrea Carroll, Svetlina Stoyanova e Virginie Verrez sono le figlie del Reno.

La regia è di David McVicar, che dopo il trionfale debutto scaligero con Les Troyens di Berlioz nel 2014 è tornato con nuove produzioni dei Masnadieri di Verdi nel 2019 e della Calisto di Cavalli nel 2021, oltre che con la ripresa del suo allestimento londinese di Adriana Lecouvreur nel 2022.  McVicar ha già affrontato il Ring in passato con una fortunata produzione all’Opéra national du Rhin.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi, si terrà una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Elisabetta Fava.

La rappresentazione del 3 novembre sarà trasmessa in diretta su LaScalaTv a partire dalle ore 14:15. Il video resterà visibile on demand e per gli abbonati a LaScalaTv fino al 10 novembre.

Lo spettacolo

“Questo Ring – racconta David McVicar a Luca Baccolini nell’intervista pubblicata sul numero di ottobre della Rivista del Teatro – deve essere un arco teso verso la conclusione. Già dalle prime battute di musica, in cui avverti lo scorrere del fiume, bisogna immaginarsi l’epilogo. Sarebbe impossibile pensare un lavoro del genere opera per opera. C’è da dire però che dall’Oro del Reno alla prima rappresentazione completa del Ring passarono più di vent’anni, durante i quali Wagner è cambiato profondamente, prima un socialista anarchico rivoluzionario, poi un uomo disilluso che ha accettato il fallimento dei suoi ideali giovanili. Di fondo, però, resta che il Ring, al di là di incongruenze e ripensamenti, è un’opera unitaria. È una grande rappresentazione del mondo e dell’umanità. Penso sia impossibile, oggi, tenere lontani temi come l’ambiente o il cambiamento climatico, di cui già Wagner in un certo modo ci aveva avvertito. Tutto il mondo di oggi ci dice a gran voce di tornare indietro, altrimenti la rovina sarà certa. E se penso alle guerre dei nostri tempi non oso immaginare come arriveremo al 2026, alla fine del ciclo. Per fortuna l’impalcatura dello spettacolo è flessibile abbastanza per accogliere nuovi spunti. Ma il Ring è ovviamente molto altro. È una grande esperienza di amore in tutte le sue forme, dall’impulso sessuale primordiale alla forma più elevata dell’amore che è la compassione disinteressata per gli altri essere umani e per la natura.

Il Ring al Teatro alla Scala

La Scala, che nel corso dell’Ottocento accoglie con diffidenza e ritardo le opere di Wagner (la prima, malissimo ricevuta, è Lohengrin nel 1873, due anni dopo Bologna), diviene nel Novecento un punto di riferimento musicale e scenico per questo repertorio grazie innanzitutto al fervore wagneriano di Arturo Toscanini. Toscanini debutta al Piermarini nel 1898 dirigendo i Meistersinger e nei suoi anni di direzione del Teatro torna a Wagner con regolarità. Nel 1923 affida la messa in scena di Tristan und Isolde a Adolphe Appia: la prima regia “moderna” alla Scala. Dopo di lui è Victor de Sabata a garantire esecuzioni wagneriane di riferimento, insieme a una squadra di direttori cresciuti in questa musica: Siegfried Wagner, Franz von Hösslin, Wilhelm Furtwängler, Clemens Krauss, Herbert von Karajan. Nel Novecento la Scala allestisce la Tetralogia con assiduità: nel 1927, 1928 e 1931 dirige Ettore Panizza, nel 1930 Siegfried Wagner, nel 1938 Clemens Krauss, nel 1943 Franz von Hösslin, nel 1949-50 Wilhelm Furtwängler, nel 1962-63 André Cluytens. Nel 1974 Die Walküre nell’allestimento innovativo di Luca Ronconi con le scene di Pier Luigi Pizzi dovrebbe inaugurare un nuovo ciclo che però si ferma alla seconda giornata per le incomprensioni con il direttore Wolfgang Sawallisch e viene realizzato dal Maggio Musicale Fiorentino. Il 7 dicembre 1994 Riccardo Muti intraprende con Die Walküre, regia di André Engel, un nuovo ciclo, che prosegue con Yannis Kokkos. Infine, Daniel Barenboim presenta la sua Tetralogia tra il 2010 e il 2013, bicentenario della nascita del compositore, con la regia di Guy Cassiers. Era dalla versione diretta da Cluytens nel 1963 che le quattro Giornate non venivano eseguite di seguito nella stessa Stagione, come avverrà anche nel 2026 con due cicli completi.

Riccardo Chailly apre con La rondine le celebrazioni per il centenario di Giacomo Puccini alla Scala

Il Maestro prosegue il suo ciclo sulle opere pucciniane alla Scala con una nuova produzione affidata per la regia a Irina Brook con Mariangela Sicilia e Matteo Lippi protagonisti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5.

Radio3 trasmetterà in diretta la prima rappresentazione il 4.

Il Centenario pucciniano è per Riccardo Chailly e per il Teatro alla Scala la continuazione di un progetto che si sviluppa da anni: riportare alle scene le opere del compositore secondo criteri esecutivi credibili e aggiornati come è ormai prassi per autori come Rossini e Verdi, esplorando genesi, varianti e ripensamenti e offrendo a chi ascolta un ritratto capace di restituire la complessità dell’artista.

La Rondine va in scena alla Scala per sei rappresentazioni dal 4 al 20 aprile con la regia di Irina Brook, scene e costumi di Patrick Kinmonth e un cast composto da alcuni dei giovani artisti italiani in più rapida ascesa: Mariangela Sicilia (Magda), Matteo Lippi (Ruggero), Rosalia Cid (Lisette), Giovanni Sala (Prunier) e il ritorno di Pietro Spagnoli (Rambaldo).

L’opera sarà eseguita secondo la recentissima edizione critica a cura di Ditlev Rindom (Ricordi 2023), che ha potuto avvalersi per la prima volta dell’autografo pucciniano, creduto a lungo perduto e resosi disponibile soltanto in anni recenti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5.

Radio3 trasmetterà in diretta la prima rappresentazione il 4 aprile.

Giovedì 21 marzo dalle 15 alle 18 nel Ridotto dei Palchi si terrà l’incontro di studio Un’opera “leggiadra e sentimentale”? in collaborazione con il Centro Studi Giacomo Puccini, curato e moderato da Raffaele Mellace con la partecipazione di Virgilio Bernardoni, Francesco Cesari e Giovanni Guanti (ingresso libero).

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi, si potrà seguire una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Elisabetta Fava.

L’opera

“La più elegante, la più raffinata partitura di Puccini” secondo Victor de Sabata, La rondine non rientra fra i titoli più eseguiti del compositore, anche se in questi mesi sono numerosi i teatri internazionali che l’hanno inserita in cartellone sotto il doppio pungolo del centenario e della pubblicazione dell’edizione critica. Un saggio antidoto all’onnipresenza delle opere più note e regolarmente programmate. La genesi della partitura contribuisce a spiegarne l’originalità: all’inizio degli anni ‘10 Puccini era confortato dal trionfo della Fanciulla del West al Metropolitan, ma in difficoltà con il suo editore dopo la morte nel 1912 di Giulio Ricordi, cui succedeva il figlio Tito II con cui i rapporti non erano altrettanto buoni. Il compositore guarda     ancora all’estero e accetta la commissione del Carltheater di Vienna, un lavoro di carattere leggero su libretto di Heinz Reichert e Alfred Willner: nelle intenzioni di Puccini non esattamente un’operetta, piuttosto una commedia intrecciata su ritmi di valzer, simile per alcuni versi al Rosenkavalier (1911) di Strauss con cui condivide anche il tema della maturità emotiva e della rinuncia femminile. Le incertezze sul libretto, poi affidato a Giuseppe Adami, e soprattutto lo scoppio della Prima guerra mondiale che vedeva Italia e Austria su fronti opposti, portano alla rottura del contratto con Vienna: La rondine viene battezzata nel 1917 a Montecarlo con la direzione di Gino Marinuzzi, che dirigerà anche la prima scaligera nel 1940. L’unica ripresa al Piermarini risale al 1994 grazie alla cultura e sensibilità di Gianandrea Gavazzeni.

Nelle parole di Riccardo Chailly, intervistato da Elisabetta Fava per la Rivista del Teatro, “La struttura è complessa, studiata nei minimi dettagli, ma all’ascolto suona estremamente naturale; tutto è superato dalla fluidità del canto, della melodia e dall’orchestrazione. Ma la forza delle individuazioni, la fluidità dei dialoghi, la modernità dei tratti danno un fascino tutto particolare a questa singolare commedia che gioca col passato e col presente, e fonde fra loro tanti stili senza per questo perdere di vista la sua organicità”. Nella tela sonora della Rondine dominano certo i valzer, ma intrecciati con sbalorditiva naturalezza con altre danze, tra cui il quick step, il tango, la polka e lo slow fox, e un intero panorama di citazioni e autocitazioni: non solo Strauss (Richard e Johann) ma il mondo delle Valses nobles et sentimentales di Ravel e le nuove prospettive aperte da Stravinskij.

Riccardo Chailly e Giacomo Puccini

Il percorso delle direzioni pucciniane di Riccardo Chailly alla Scala si apre nel 1997 con la ripresa della produzione di Keita Asari di Madama Butterfly e prosegue nel 2007 con unnuovo Trittico con la regia di Luca Ronconi. Intanto dal 2005 si sviluppa con la Filarmonica un progetto pluriennale di esecuzione di pagine poco conosciute tra Milano, Lucca e Torre del Lago. Nominato Direttore Musicale, Chailly inaugura le manifestazioni culturali di Expo 2015 con Turandot: Nikolaus Lehnhoff aveva ripensato per la Scala una sua leggendaria regia, cantavano Nina Stemme e Aleksandrs Antonenko; il finale era per la prima volta in forma scenica alla Scala quello di Luciano Berio. Il lavoro sulle fonti si approfondisce nel 2016 con La fanciulla del West, eseguita nell’orchestrazione originale di Puccini alleggerita dai “rinforzi” aggiunti da Toscanini per l’acustica del Met ed entrati nella prassi corrente. La regia è di Robert Carsen. Con l’inaugurazione della Stagione 2016/2017 il Maestro compie un atto di riparazione proponendo un allestimento di Madama Butterfly nella sua prima versione, quella che cadde alla prima scaligera del 1904. Musica mai sentita prima anche nella Manon Lescaut del 2019 con la regia di David Pountney: nella prima versione torinese del 1893 ricostruita da Roger Parker spiccava il finale dell’atto primo, una cattedrale sonora che l’autore avrebbe semplificato prudentemente nelle riprese successive. Il 2019 si conclude con Tosca, che incredibilmente apre per la prima volta una stagione scaligera. La regia è di Davide Livermore, anche in questo caso si sceglie la prima versione, andata in scena al Costanzi nel 1900.  

Ma per Riccardo Chailly Giacomo Puccini è tra gli autori di una vita, quelli che hanno accompagnato un’intera carriera. Una prima pietra miliare è Turandot diretta a San Francisco nel 1977 nell’allestimento di Jean-Pierre Ponnelle con Montserrat Caballé (l’unica volta che affrontò la parte dal vivo) e Luciano Pavarotti. All’assiduità in teatro si aggiungono le registrazioni. In disco Manon Lescaut con Te Kanawa, Carreras e i complessi di Bologna nel 1998; la Bohème con Gheorghiu, Alagna e la Scala nel 1999; le “Discoveries” con l’allora Orchestra Verdi nel 2004 e il CD di musica orchestrale realizzato con RSO Berlin nel 2006. Il video registra Tosca con Malfitano, Margison, Terfel e il Concertgebouw nel 2007, la Bohème di Valencia del 2012 e due versioni del Trittico: prima nel 2000 con il Concertgebouw e quindi quella scaligera del 2009.  

Lo spettacolo

“La rondine – spiega Irina Brook nelle note di regia pubblicate nel programma di sala – è un ‘animale dello spirito’: gli individui dallo spirito di rondine perdono la ragione quando qualcuno cerca di controllarli. Amano vivere liberamente e vogliono vedere gli altri nello stesso modo. Vogliono essere padroni del loro destino […] Come regista cerco sempre di trovare un modo per sentirmi il più vicino possibile al mio materiale. L’idea per questa Rondine è stata di avvicinarla attraverso lo sguardo di un personaggio immaginario, ‘Anna’ [che sarà interpretata dalla coreografa Anna Olkhovaya], una giovane coreografa al suo debutto come regista d’opera. Questo alter ego incarna molte delle mie domande e dei miei sogni. Attraverso la lente di Anna, mi interrogo sull’influenza esercitata sulla psiche femminile dai film romantici, dalla letteratura e, naturalmente, dall’opera”. La scena, ispirata ai classici del musical hollywoodiano, ambienta la vicenda in un elegante padiglione estivo come se ne costruivano sui moli delle spiagge atlantiche o delle coste inglesi alla fine dell’800.

4, 7, 9, 12, 14, 20 aprile 2024

Teatro alla Scala

LA RONDINE

di Giacomo Puccini

Nuova produzione

Direttore Riccardo Chailly

Regia Irina Brook

Con Mariangela Sicilia, Rosalia Cid, Matteo Lippi, Giovanni Sala, Pietro Spagnoli