Sarà Riccardo Muti con i Wiener Philarmoniker ad aprire il RAVENNA FESTIVAL 2024 il prossimo 11 maggio che si chiuderà il 9 luglio.

In maggio-giugno : Romagna in fiore 15-21 ed a novembre la Trilogia d’Autunno.

E fu sera e fu mattina: scegliendo per titolo le parole che nella Genesi marcano il succedersi dei giorni della Creazione, la XXXV edizione di Ravenna Festival riflette sugli effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta, adottando nuove pratiche ecosostenibili per lo spettacolo dal vivo, ma anche sul valore della creatività come risorsa per comunità inclusive e multiculturali.

Riccardo Muti apre il Festival l’11 maggio con i Wiener Philharmoniker, mentre – a un anno dall’alluvione in Romagna – la rassegna Romagna in fiore porta concerti gratuiti e green nei territori colpiti.

Tra gli ospiti del programma estivo ci sono Simon Rattle, Kirill Petrenko, Accademia Bizantina, Eleonora Abbagnato, Sergio Bernal, il Ballet de l’Opéra de Lyon, il Philip Glass Ensemble, Giovanni Sollima, Mario Brunello, Paolo Fresu e Omar Sosa, Colapesce Dimartino, Ian Bostridge, Hildur Gudnadóttir, Laura Morante…

Anche quest’anno Ravenna Festival vanta oltre cento alzate di sipario, con il coinvolgimento di più di un migliaio di artisti, grazie al sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Ravenna, del partner principale Eni e degli sponsor al fianco della manifestazione.

CARNET OPEN (min. 4 spettacoli)
-15% sul prezzo dei biglietti

I giovani al festival
• Under 18: 5 Euro, ove previsto
• Carta Giovani Nazionale (18-35 anni): sconto 50% ove previsto


Il programma della rassegna Romagna in Fiore (gratuita) sarà disponibile dal 12 marzo

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E fu sera e fu mattina: con questa formula il libro della Genesi marca il succedersi dei giorni della Creazione. Che sia la settimana del racconto biblico o gli oltre nove miliardi di anni che secondo la scienza intercorrono fra il Big Bang e la formazione del pianeta Terra, che il mondo sia nato dalla sconfitta di un dio mostruoso, da un uovo o da una canzone, dalle fiamme di un grande incendio o dal tuffo di un uccello nelle acque primordiali, una cosa è certa: non c’è più tempo.

Nelle parole dell’attivista Greta Thunberg c’è l’emergenza di agire a difesa di un pianeta le cui risorse stiamo esaurendo e avvelenando, pervertendone gli equilibri per profitto o noncuranza pur di fronte ai devastanti effetti del cambiamento climatico. E nel titolo scelto per la XXXV edizione di Ravenna Festival – E fu sera e fu mattina – c’è il desiderio non solo di riflettere e sensibilizzare attraverso i linguaggi dello spettacolo, ma anche di esplorare e adottare nuove pratiche ecosostenibili.

A un anno dall’alluvione in Romagna, il Festival dedica infatti parte della programmazione ad alcuni dei territori più colpiti, con concerti gratuiti e rigorosamente nel segno del green per scoprire e riscoprire la Romagna in fiore e celebrarne lo spirito di resilienza e comunità.

Dall’altra parte, le parole della Genesi sono l’occasione per meditare sull’atto di creazione che è proprio di ogni arte e sul valore della creatività, anch’essa forma di resistenza che può superare gli ostacoli della discriminazione e farsi risorsa per le comunità.

Riccardo Muti apre il Festival l’11 maggio sul podio dei Wiener Philharmoniker, per poi tornare alla guida della sua Orchestra Cherubini in due concerti. Il secondo è quello delle Vie dell’Amicizia, per il quale sarà eseguito lo Stabat Mater di Giovanni Sollima per ricordare il dramma dei migranti; quest’anno il progetto dell’Amicizia si compone anche del debutto dello spettacolo dedicato alla velocista somala Samia Yusuf Omar, sul cui sogno olimpionico si sono chiuse le acque del Mediterraneo.

Sull’orizzonte sinfonico si stagliano altri due maestri del calibro di Simon Rattle e Kirill Petrenko, entrambi per la prima volta al Festival. Mentre i film della Trilogia Qatsi di Godfrey Reggio e Philip Glass, proposti con le musiche originali eseguite dal vivo con la partecipazione del Philip Glass Ensemble, sono uno sguardo sul rapporto fra uomo e mondo, a Sant’Apollinare in Classe Ottavio Dantone guida Accademia Bizantina nella Creazione di Haydn, oratorio traboccante di gratitudine e meraviglia di fronte al Creato.

Il Museo Classis ospita le quattro giornate della Chiamata alle arti, con cui Cristina Mazzavillani Muti ha invitato giovani e giovanissimi a esprimersi e confrontarsi in una varietà di linguaggi artistici, ma “partecipazione” è la parola d’ordine anche per il Pluto di Aristofane che Marco Martinelli rimette in vita con gli adolescenti del territorio napoletano, per il Grande Teatro di Lido Adriano e per la seconda anta del Don Chisciotte ad ardere del Teatro delle Albe/Ravenna Teatro.

Non mancano gli appuntamenti nelle basiliche cittadine, incluse quelle bizantine patrimonio Unesco; il Festival ha inoltre commissionato una nuova sacra rappresentazione dedicata all’imperatrice romana Galla Placidia.

La sezione danza include invece la prima di Un amico di Virgilio Sieni, il Ballet de l’Opéra de Lyon, il gala Les étoiles con Eleonora Abbagnato e SeR di Sergio Bernal.

Il Festival, che tornerà in scena dal 15 al 21 novembre con la Trilogia d’Autunno, è anche a Cervia-Milano Marittima con la rassegna di parole e note Il Trebbo in musica, a Lugo nell’elegante Pavaglione e a Russi con la maestosa scenografia di Palazzo S. Giacomo.

L’Orchestra Cherubini, che quest’anno festeggia il ventennale della propria creazione, rinnova il progetto La musica senza barriere, che ne vede le formazioni da camera portare la musica in RSA, ospedali, carceri e luoghi di volontariato, cultura e arte nel territorio di Ravenna e oltre.

Sabato 7 ottobre, Giovanni Sollima, in concerto con l’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo di Palermo.

Eseguirà brani da Aquilarco, Canti rocciosi, il Concerto n. 3 di Boccherini e lo Stabat Mater per controtenore, theremin, coro e orchestra, su versi dello scrittore Filippo Arriva.

Violoncellista e compositore animato da un interesse instancabile per la ricerca e la sperimentazione, Giovanni Sollima è il compositore italiano vivente più eseguito nel mondo. Salirà sul podio dell’Orchestra del Teatro Massimo sabato 7 ottobre alle 20:30 per dirigere un concerto che accosta le sue opere a compositori del passato, e raccontare con Stabat Mater il tema sacro del dolore. Accostamenti insoliti che vedono protagonisti con Sollima il controtenore Filippo Mineccia, Lina Gervasi al theremin, strumento elettronico raramente in uso nelle sale da concerto e Filippo Arriva, autore dei versi dello Stabat Mater riscritti in siciliano arcaico. Coro e Orchestra del Teatro Massimo. Maestro del Coro Salvatore Punturo.

Il concerto prende le mosse da Canti rocciosi, composizione del 2001, che già dal titolo allude a Dante e alle sue rime petrose, ma dove si inseriscono anche testi di Dino Buzzati ed Ernest Hemingway, che raccontano la guerra e il faccia a faccia con la morte. Un canto di aspirazione alla pace, accompagnato dalla domanda finale, “perché non smettono di combattere?”.

Si prosegue, con un passaggio nel Settecento con il Concerto n. 3 in Sol maggiore per violoncello e archi del compositore e violoncellista Luigi Boccherini e poi con Ornithomanteia (divinazione con gli uccelli) di Giovanni Sollima, tratto da Aquilarcoil disco nato e fortemente voluto da Philip Glass, che lo ha pubblicato nel 1998 per la sua etichetta. Ornithomanteia vede un fitto dialogo tra la darbuka, lo strumento a percussione diffuso in Africa e Asia, che apre la pagina, e gli archi, capitanati dal violoncello solista; tra Oriente e Occidente.

La seconda parte del concerto è interamente dedicata a Stabat Mater, la composizione, su commissione del Teatro Massimo Bellini di Catania, eseguita per la prima volta nel 2021. L’ispirazione nasce dal testo medievale di Jacopone da Todi, messo in musica da innumerevoli compositori, ma nella libera rivisitazione in siciliano arcaico di Filippo Arriva, poliedrico giornalista, scrittore, sceneggiatore, autore teatrale e televisivo. L’organico parte dall’orchestra d’archi, come nella più famosa versione dello Stabat Mater, quella di Giovan Battista Pergolesi, ma poi aggiunge il Coro, due trombe, l’arpa, il pianoforte, timpani e percussioni, che spaziano dalla darbuka al glockenspiel.

Ma sono i due solisti, il controtenore Filippo Mineccia, reduce del recente successo di “Orfeo ed Euridice” al Teatro Massimoe il theremin di Lina Gervasi, a connotare musicalmente lo “Stabat Mater” di Giovanni Sollima. La voce, non è quella femminile, solitamente associata al testo ma quella del controtenore, una voce “non naturale” che grazie alla tecnica si avvicina alla voce dei castrati del Sei e Settecento, paragonata alla voce degli angeli. Ed è significativa la presenza del theremin, primo strumento elettronico della storia della musica che non preveda il contatto fisico dell’esecutore con lo strumento, definito poeticamente da Harold C. Schonberg «una misteriosa voce vibrante. O forse un violoncello perso in una densa nebbia che piange perché non sa come tornare a casa». Il concerto si chiude con i versi crudi e dolcissimi di Filippo Arriva, “Figghiu me picciriddu”, nei quali la Madonna, che non vuol credere che il figlio sia morto, canta una straziante ninna nanna in 6/8 sul ritmo di siciliana, per accompagnarlo nel sonno. Biglietti: da 30 a 10 euro.