Anna Netrebko al Teatro di San Carlo accompagnata al pianoforte da Pavel Nebolsin.
In programma un recital di romanze russe
Venerdì 13 ottobre ore 19
Teatro San Carlo 11.10.2023 – La Stagione di Concerti 2022/2023 giunge ad uno degli appuntamenti più attesi con il recital di Anna Netrebko, in programma venerdì 13 ottobre alle ore 19.
La diva della lirica torna al Teatro di San Carlo dopo l’acclamato concerto dello scorso anno per i cento anni dalla nascita di Maria Callas,accompagnata in questa occasione al pianoforte daPavel Nebolsin.
Anna Netrebko propone al pubblico napoletano una antologia di alcune delle più belle arie e romanze del repertorio classico dei compositori russi Nikolaj Rimskij‑Korsakov, Sergej Rachmaninov e Pëtr Il’ič Čajkovskij.
Riconosciuta come “Primadonna del 21º secolo”, Anna Netrebko è la prima artista di musica classica nominata nella lista annuale della rivista “Time” delle 100 persone più influenti del mondo.
Nelle esibizioni dal vivo come nelle numerose registrazioni pluripremiate, i suoi ritratti delle eroine più iconiche dell’opera dimostrano una notevole varietà e sensibilità artistica.
Le sue interpretazioni spaziano dalle opere di Mozart, capolavori del Belcanto (tra cui La sonnambula di Bellini e Anna Bolena di Donizetti), chefs‑d’œuvre francesi (Manon di Massenet e Roméo et Juliette di Gounod), Puccini (da La bohème a Turandot), Verdi (da La traviata ad Aida e Macbeth), Verismo (Andrea Chénier di Giordano e Adriana Lecouvreur di Cilea), Čajkovskij (da Iolanta a Evgenij Onegin), Lohengrin di Wagner e molto altro.
Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti Anna Netrebko vanta tre nomination ai Grammy Award, il Bambi Award tedesco e i Brit Awards classici del Regno Unito come “Cantante dell’anno” e “Artista femminile dell’anno.
Pavel Nebolsin, nato in una famiglia di musicisti, è vincitore del Young Soloists Festival e della Classic Heritage International Competition. Si è laureato alla Gnessin State Academy of Music nel 2008 e ha preso parte a masterclass tenute da rinomati musicisti ed educatori musicali come George Darden (Metropolitan Opera), Lubov Orfenova, Antonello Allemandi, Eugene Nesterenko, Irina Bogacheva, Laura Claycomb, Richard Bado e molti altri. Ha lavorato e suonato con direttori come Rozhdestvensky, Sinaisky, Sagripanti, Mazzola, Korchak. Dal 2017 lavora regolarmente con Yusif Eyvazov e Anna Netrebko come music coach e accompagnatore esibendosi a Dubai, Monaco, Düsseldorf, Francoforte e Amburgo.
Guida all’Ascolto
L’esplosione artistica russa tra Otto e Novecento di Fausto Malcovati
La Russia, un bel mistero.
Tace per secoli, immersa in un sonno che sembra non abbia fine, mentre l’Europa zampilla di geni in tutte le arti.
Non va dimenticato che la scrittura arriva alle tribù nomadi delle steppe solo nel IX secolo dopo Cristo, e i primi timidi segni di una letteratura compaiono nel XII, quando noi avevamo Dante.
Dunque, secoli di silenzio.
Poi, d’improvviso, un’esplosione. Il XIX secolo è il secolo russo: uno dopo l’altro Puškin e Dostoevskij, Čajkovskij e Musorgskij, Tolstoj e Turgenev.
Romanzi, poemi, opere liriche, sinfonie, tutto si intreccia in un magma tumultuoso, incredibile, geniale.
Ma davvero un sonno così lungo? Non è proprio così. C’è un patrimonio popolare sotterraneo, ricchissimo, formidabile che rimane per secoli anonimo, sconosciuto. Le tribù, una volta stabilitesi in villaggi, si radunano, creano, inventano. Leggende, fiabe, ballate, canti rituali, cicli di epopee: nessuno ne sa nulla di quel tesoro fino alla fine del XVIII secolo, quando alcuni studiosi di folklore partono da Pietroburgo, vanno nelle lontane campagne, nei villaggi sperduti, esplorano, raccolgono, studiano, registrano quanto è rimasto di quel fantastico patrimonio, affidato fino allora all’oralità. Una scoperta clamorosa, che elettrizza la giovane letteratura, la giovane musica: a quelle radici bisogna risalire, a quei canti, a quelle ballate, a quelle fiabe bisogna ricongiungersi. E la musica colta, fin dagli esordi ai primi anni dell’Ottocento, attinge avidamente a quelle radici e contemporaneamente si nutre di letteratura e di poesia contemporanea. Glinka mette in musica il poema di Puškin Ruslan e Ljudmila, ispirato alle leggende ascoltate da bambino, Dargomyžskij scrive Rusalka, altro personaggio del folklore popolare. E la romanza, dove i versi si modulano sulle note, dove l’afflato lirico trova eco nella melodia, diventa uno dei generi più frequentati e più amati da tutti i compositori, da Glinka a Šostakovič. Non a caso Anna Netrebko ne ha scelto un’antologia per il suo concerto, tra le più note e famose.
Ma veniamo ai compositori.
Rimskij‑Korsakov è il decano, anche se nasce quattro anni dopo Čajkovskij: è il più longevo tra i colleghi, muore a sessantaquattro anni, tutti gli altri muoiono prima, Musorgskij a quarantadue, Čajkovskij a cinquantatré. Rachmaninov è un caso a parte, lascia la Russia nel 1918 subito dopo la rivoluzione, emigra e vive il resto della sua vita in America, dove muore a settant’anni. Una cosa curiosa va ricordata subito: se non si è molto ricchi di famiglia (come Rachmaninov, ma anche Turgenev, Tolstoj) non c’è possibilità di mantenersi con professioni “liberali” (musicisti, romanzieri, poeti) nella Russia di fine Ottocento. I diritti d’autore, siano letterari o musicali, vengono molto più tardi. Così Rimskij, come Musorgskij, è un militare di carriera in marina e per alcuni anni naviga intorno al mondo, Borodin è chimico, Čajkovskij è avvocato, fino a che la generosa baronessa von Meck, sua ammiratrice incondizionata, non decide di passargli per tredici anni una lauta pensione che gli permette di non preoccuparsi del pane quotidiano.
Rimskij, quando decide di dedicarsi in modo serio alla composizione, ha la fortuna di incontrare Milij Balakirev, guru del cosiddetto “gruppo dei cinque”, o “gruppo potente”: giovani alle prime armi, ancora acerbi ma entusiasti, appassionati. A loro trasmette la sua passione per l’autentica musica popolare russa, li spinge a non imitare l’Occidente, a trovare originalità e forza nelle proprie radici. Così Rimskij mette in cantiere un’opera, Sadko, tratta da un’antica leggenda marinara, decide di convivere con Musorgskij, anche lui allievo di Balakirev, nello stesso appartamento dove tuttavia c’è un solo pianoforte: così fino alle 12 lavora Rimskij, dalle 12 Musorgskij. Per Sadko lo aiuta Čajkovskij (che tuttavia non fa parte del “gruppo dei cinque”): gli fornisce parte del libretto e gli dà suggerimenti per la composizione. Dopo la leggenda, la prosa: Rimskij si appassiona a Gogol’, ai suoi racconti folkloristici, compone La notte di maggio, (qualche anno dopo proseguirà con La notte prima di Natale), dove di nuovo compare una rusalka, misteriosa creatura delle acque. Nel 1881 muore Musorgskij e Rimskij si dedica all’orchestrazione della incompiuta Chovanščina, sei anni dopo muore Borodin e Rimskij si assume il compito di completare Il principe Igor. L’ultima fase della vita di Rimskij è quasi interamente dedicata ad opere tratte da fiabe e leggende, si immerge nel passato russo, ne esalta la poesia, la leggerezza, l’ironia: La fanciulla di neve (da cui è tratta una delle romanze in programma), La leggenda dello zar Saltan, Il galletto d’oro, La leggenda della città invisibile di Kitež e della fanciulla Fevronija.
Čajkovskij è meno appassionato di folklore, privilegia la poesia e la prosa del grande Puškin, che adora: a lui deve le sue opere più famose, La dama di picche, Evgenij Onegin, Mazeppa. Miracolosa è la sintonia del compositore con il tono ironico, intenso, appassionato del poeta. Ma Čajkovskij è anche un prodigioso compositore di romanze, come dimostra la scelta di Anna Netrebko: non solo Puškin, anche poeti suoi contemporanei come Aleksej Tolstoj, Afanasij Fet, di cui coglie la delicata tessitura, la struggente malinconia.
Diverso il destino di Rachmaninov. Di trent’anni più giovane (nasce nel 1873), ha la fortuna di potersi dedicare alla musica senza preoccupazioni economiche. Pianista strepitoso fin dagli esordi, per tutta la vita alterna l’attività di esecutore a quella di direttore d’orchestra (spesso delle proprie composizioni). Esordisce con un’opera, che è anche il suo saggio di fine Conservatorio: Aleko, tratto dal poema di Puškin Gli zingari (Puškin, ancora Puškin, sempre Puškin), che ottiene le lodi di Čajkovskij (muore lo stesso anno). La sua celebrità di pianista gli permette tournées in Europa e in America, allo scoppio della rivoluzione del 1918 fugge con la famiglia prima in Svezia poi in America, dove si stabilisce e continua la sua attività di compositore e concertista. In Russia non tornerà più. Ma il distacco definitivo dalla sua terra è un dolore che non si spegnerà fino alla morte. Ne sono testimonianza le romanze scelte nel programma.
Vive con una nostalgia talora straziante per tutto ciò che ha lasciato per sempre. Tracce indelebili, radici profonde, legami inestirpabili.
La Russia è un bel mistero.
Teatro di San Carlo
venerdì 13 ottobre 2023, ore 19:00
ANNA NETREBKO
Soprano | Anna Netrebko
Pianoforte | Pavel Nebolsin
Nikolaj Rimskij‑Korsakov
O chem v tishi nochey, op. 40, no. 3
Ne veter, veya s vysoty, op. 43, no. 2
Zvonche zhavoronka penye, op. 43, no. 1
Na kholmakh Gruzii, op. 3, no. 4
V zarstvo rozy i vina, op. 8, no. 5
Pesnya Zyuleyki, op. 26, no. 4
Plenivshis’ rozoj, solovey, op. 2, no. 2
Hymn to the sun from Le Coq d’or
Finale (The Melting Scene) from The Snow Maiden
Nimfa, op. 56, no. 1
Son v letnyuyu noch, op. 56, no. 2
Sergej Rachmaninov
U moyego okna, op. 26, no. 10Oni otvechali, op. 21, no. 4
Son, op. 8, no. 5
Zdes’ khorosho, op. 21, no. 7
O, ne riday, moy Paolo
Pëtr Il’ič Čajkovski
To bilo ranneyu vesnoy, op. 38, no. 2
Zabyt tak skoro, TH 94
Nochi bezumnye, op. 60, no. 6
Serenada, op. 63, no. 6
Ya li v pole da ne travushka bïla? op. 47, no. 7
Zakatilos solnze op. 73, no. 4
Den’ li zarit op. 47, no. 6